Vuoi vedere che alla fine la colpa è nostra? Perché siamo degli ingrati. Irriconoscenti della peggior specie, incapaci apprezzare la nobiltà di un gesto come quello del governatore Mario Oliverio, che ha deciso di non presentare il bilancio di previsione per il 2020 per evitare di fare scelte di spesa che sarebbero gravate sul nuovo presidente e sul nuovo Consiglio regionale, che verranno dopo le elezioni del 26 gennaio. E poco male se questo comporta dover ricorrere all’esercizio provvisorio, come deliberato dalla giunta regionale, cioè limitare al massimo la capacità di spesa dell’ente, che potrà affrontare solo l’ordinario con l’acqua alla gola. A dirlo così, come in queste ore stanno facendo alcuni uomini vicino al governatore, sembra davvero una cosa buona e giusta: Oliverio rinuncia consapevolmente a distribuire prebende e promettere altri soldi in prossimità dell’appuntamento con le urne per non inquinare le elezioni. E se questa versione sembra troppo azzardata anche per i più ingenui, c’è sempre la versione “tecnica” per giustificare la mancata presentazione del bilancio, la stessa che è contenuta nella delibera di giunta per l’adozione dell’esercizio provvisorio, piovuta ieri sul Consiglio regionale all’insaputa degli stessi consiglieri di maggioranza, trattati alla stregua di cartonati. Nell’atto adottato dall’esecutivo regionale, si parla di mancanza di tempi tecnici per giungere alla manovra entro il termine del 31 dicembre imposto dalla legge. Bazzecole, insomma.

 

Un desiderio di minimizzare, quello che anima la Cittadella in queste ore, che si scontra con l’enormità di un fallimento politico e amministrativo che ha ridotto la Calabria ai minimi termini in ogni campo, a cominciare da quello economico, fino a lasciarla senza bilancio di previsione per il prossimo biennio.
«Devo smentire categoricamente - ha affermato Oliverio ieri in Consiglio regionale - le notizie apparse proprie in queste ore su alcuni organi di stampa circa un presunto crack, un inesistente default del bilancio della Regione. La smentisco con forza perché è una notizia assolutamente falsa, ma soprattutto per tranquillizzare la Calabria, i calabresi ed anche questo consiglio regionale».
Il termine “crack” non gli piace, e forse si aspetta pure un grazie. Peccato che, in realtà, se il bilancio è saltato è solo perché la Regione non aveva alcuna possibilità di approvarlo, salvo ricorrere a una manovra lacrime e sangue che il governatore ha evitato come la peste a soli due mesi dalle elezioni.
La Corte dei conti aveva avvertito Oliverio il 23 ottobre scorso, in sede di parificazione del bilancio 2018: nei numeri della Regione c’è un buco grande 266 milioni di euro, pari a quanto i Comuni inadempienti devono in materia di acqua e rifiuti, quindi occorre rimpinguare il fondo dei crediti a rischio di esigibilità, altrimenti la prossima manovra non si può fare.

 

I soldi per riempire il buco la Regione non ce li ha (stesso motivo che ha impedito il risanamento finanziario del Corap) e spremere i Comuni è inutile perché non ci tiri fuori un euro, soprattutto ora, con le elezioni dietro l’angolo. Per non parlare del fatto che, qualora Oliverio si fosse assunto con senso di responsabilità l’onere di presentare il bilancio, non avrebbe avuto i numeri per approvarlo, perché la sua maggioranza non esiste più da oltre un anno e l’unico collante che ha consentito al Consiglio di non cadere è stato un enorme inciucio imbastito alla luce del sole con l’opposizione (si fa per dire), che per salvaguardare la poltrona ha sempre assicurato il numero legale al governatore. La stessa “minoranza” che ieri puntava il dito contro il fallimento di Oliverio ma che, nei fatti, l’ha accompagnato amorevolmente sino al termine della Legislatura. Un bluff che ieri si è palesato nelle parole di Orlandino Greco, capogruppo di Oliverio presidente: «Se il governatore e la Giunta non approvano il bilancio è perché non ci sono i numeri in Consiglio per approvarlo, dobbiamo dircela questa verità». Ecco, bravo. Ditecela questa verità.


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