Sergio Abramo… ultima corsa. Dopo la spasmodica ricerca di una candidatura a governatore per conto del centrodestra in Forza Italia e Lega dal 2019 a oggi, il sindaco di Catanzaro si sta adesso giocando le ultime residue speranze di entrare nella Giunta Occhiuto in quota Coraggio malgrado i rivali che elencheremo a breve, paradossalmente più interni che esterni, non gli manchino. Il primo cittadino del capoluogo, però, come al solito tira dritto e fa professione di ottimismo, parlando in consiglio comunale (il primo del dopo-voto alle Regionali) di una Catanzaro piena di punti di forza.

Che, addirittura, secondo un fantomatico sondaggio da lui pagato, e quindi commissionato per come reso noto ieri pure davanti ai giornalisti, sarebbe la città sul piano amministrativo più apprezzata dell’intera Calabria, sebbene non si sappia da chi. Ma la scuola abramiana è un po’ quella berlusconiana, mutuata anche da certi fedelissimi non solo in politica bensì pure nel mondo degli affari e dello spettacolo in cui è consigliabile presentare le cose sempre in termini positivi. Era del resto il mantra di un faccendiere assai vicino agli ambienti politici locali, portatore di una tesi secondo cui pure flop come questo dovevano essere mascherati con l’esaltazione di qualche dato confortante.

Ed è quanto successo ieri, appunto, in cui a sentire Abramo & company l’elezione di un solo consigliere regionale espressione del capoluogo andava quasi considerata una brillante vittoria, anche perché quando nel gennaio 2020 a farcela furono in sei ai Tre Colli non toccò il benché minimo riconoscimento (eccetto la prestigiosa presidenza dell’assise a Mimmo Tallini). Ma con pochissimo altro e comunque zero assessorati. Mentre stavolta, malgrado la disfatta catanzarese, ad ambire all’assegnazione di un posto nell’Esecutivo sono, oltre a lui, anche Filippo Pietropaolo e forse una donna di Forza Italia. Soprattutto se dovesse esplodere il caso di Valeria Fedele nelle ultime ore alle prese con una questione affatto da sottovalutare relativa alla sua ineleggibilità, ancora del tutto presunta, in ragione dell’incarico di dg ricoperto in Provincia. Un ruolo che in virtù dell’interpretazione estensiva dell’articolo 2 della legge 154 del 1981 le avrebbe imposto il collocamento in aspettativa non oltre il giorno fissato per la presentazione delle liste, avendo la stessa dirigente generale mantenuto - in base a quanto vietato da tale norma - un potere direzionale in un ente territoriale del collegio dov’è stata candidata fino alle elezioni con un’ipotetica posizione di vantaggio.

Una tesi però non facile da far valere davanti alla competente autorità giudiziaria. Senza contare come, mal che andasse per il vertice di Fi Calabria, artefice del successo inatteso della Fedele, potrebbe scattare una nomina in Giunta con le dimissioni da consigliere, facendo così scorrere la… graduatoria al presidente degli Avvocati del capoluogo Antonello Talerico. Piano a sbilanciarsi in ipotesi però, almeno per ora, considerato come l’affaire Giunta sia in questi giorni davvero “hot”. Basti pensare, tornando ad Abramo, alla lotta che il medesimo primo cittadino sta combattendo per non restare fuori da tutto al termine del mandato da fra sette-otto mesi. Una “guerra”, anche dentro Coraggio, condotta contro il candidato di riferimento Frank Santacroce, da lui sostenuto ma non portato alla vittoria, e l’ex assessore regionale Alfonso Dattolo, sindaco di Rocca di Neto ormai pienamente riabilitato dopo il coinvolgimento nel caso Rimborsopoli.