L’ex governatore critica la gestione commissariale del partito e invita il Nazareno a «rispettare i calabresi» evitando gli errori del passato: «Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico»
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Il caos che il Pd calabrese sta vivendo nelle ultime settimane, dopo il ritiro della candidatura di Nicola Irto alla carica di governatore, ha generato reazioni da parte degli esponeti di tutto il centrosinistra. Ecco che arriva anche quella dell'ex presidente della Regione Calabria Mario Oliverio che, in una lettera inviata al segretario nazionale del Partito Democratico Enrico Letta, afferma: «La decisione di spostare a Roma la scelta per la candidatura alla presidenza, seppure costituisce di fatto la presa d’atto del fallimento della gestione commissariale, non è la risposta giusta». E continua: «Deve essere in primo luogo condivisa e sentita propria dai calabresi».
La lettera di Oliverio
«Caro Letta, è da oltre un anno e mezzo che non vengo coinvolto, invitato, consultato dal Pd né su temi politici generali né sulle vicende che interessano la Calabria - sostiene Oliverio -. Precisamente da quando (dicembre 2019), con una lettera all’allora segretario Zingaretti, ho deciso di ritirare la mia candidatura alla Presidenza della Regione Calabria. Fu quella la conseguenza della presa d’atto di una scelta della Segreteria nazionale di non riconfermare il Presidente uscente per candidare Callipo. Una scelta determinata dalle correnti, sollecitata e sostenuta dai rispettivi rappresentanti locali».
«Ti informo altresì che sono componente della Direzione Nazionale del Pd eletta all’ultimo Congresso, ma non sono più stato convocato alle riunioni che si sono svolte sia pure in remoto. Stante questa incredibile, ingiustificata quanto mai spiegata condotta nei miei confronti, non nego che ho anche esitato a scriverti. Ma ho deciso di farlo confidando nella tua coerenza rispetto ai propositi enunciati nel tuo primo intervento all’Assemblea nazionale che ti ha eletto Segretario - continua -. In questo lungo periodo ho osservato in silenzio malgrado ci fosse tanto da dire a partire dalle scelte compiute alle ultime elezioni regionali, il cui esito disastroso (con annesse dimissioni di Callipo) evito di commentare perché è a tutti ben chiaro. Per non dire delle elezioni amministrative dello scorso settembre in una città come Crotone, storico riferimento della Sinistra, dove non si è riusciti a presentare neanche la lista del PD. E ancora della scomparsa di una benché minima iniziativa sulle gravi difficoltà che attanagliano la Calabria e la società calabrese».
«Si coglie un preoccupante vuoto di una seria ed efficace opposizione alla Giunta Regionale di Centro Destra, che non a caso assume provvedimenti ed opera scelte al di fuori di ogni regola e controllo, rimettendo l’orologio indietro di alcuni anni. Ciò malgrado si trovi in regime di ordinaria amministrazione - prosegue - in considerazione della legislatura scaduta da mesi. È stata restaurata una situazione di degrado, di ritorno all’uso discrezionale delle risorse e degli enti sub regionali, con l’assenza di programmazione delle risorse UE, con gravi implicazioni sulle delicate problematiche della ripresa dalla pandemia, che in Calabria ha dato il colpo di grazia alla già gracile economia e fragile condizione sociale. Un quadro a dir poco desolante, con il Pd commissariato da circa tre anni a livello regionale ed in tre provincie su cinque, con un Centro Sinistra diviso e frammentato, privo di una guida, di una proposta politica, di un progetto per la Calabria sul quale coinvolgere ed attrarre il corpo largo della società calabrese nelle più variegate articolazioni ed espressioni. La scadenza elettorale annunciata da oltre sette mesi avrebbe ragionevolmente richiesto in primo luogo al PD l’attivazione di un processo inclusivo, teso a sanare lacerazioni e divisioni prodotte nelle scorse elezioni regionali e perpetrate anche dopo quella grave sconfitta; la riorganizzazione del campo delle forze progressiste, di sinistra, civiche, ambientaliste ripartendo dai territori, con il coinvolgimento attivo degli amministratori locali, per rilanciare un progetto di crescita della regione, forte della necessaria cultura riformista e di governo. Niente di tutto ciò. Anzi, al contrario, in questi mesi è andata avanti una accentuazione del distacco dalla realtà e dalle comprensibili ansie che pervadono le nostre comunità messe a dura prova».
«La stessa candidatura di Nicola Irto, o di chiunque altro al suo posto, avrebbe dovuto essere la sintesi e l’approdo di un coinvolgimento ampio di forze e soggetti chiamati a sostenerla. Invece si è preferito il chiuso di una riunione ristretta di undici persone, prevalentemente di eletti, preoccupati (comprensibilmente !) della loro rielezione. Si è aperto così il campo a “Masanielli” che, come puoi ben comprendere, hanno buon gioco nell’agire, utilizzando armi populistiche, già viste e sperimentate, del ricorso alla facile demagogia e all’antipolitica, a parole abusate quali “rinnovamento” e “cambiamento”. Firma di cambiali in bianco che sanno già di non poter onorare. La Calabria non merita nuovi inganni. La Calabria merita un governo di forze sane realmente impegnate alla costruzione di un futuro di crescita e di riscatto, di creazione di opportunità di lavoro, di valorizzazione ambientale e paesaggistica, di servizi qualificati a partire dalla Sanità, commissariata da oltre dieci anni e mantenuta in una condizione gravissima per responsabilità di tutti i Governi nazionali che si sono succeduti dal 2009 in poi».
«La Calabria ha bisogno di essere rispettata e trattata alla pari delle altre regioni - coclude Mario Oliverio -. Ha bisogno di liberarsi dal marchio di “regione canaglia” spesso utilizzato per giustificare commissariamenti e mortificare le sue energie capaci ed oneste che rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione e della sua gioventù. Al Pd ed al campo delle forze progressiste e di sinistra è richiesto un impegno coerente in questa direzione se davvero si vuole assolvere al compito che è proprio di una grande forza innovativa e di progresso. La decisione di spostare a Roma la scelta per la candidatura alla presidenza della Regione, seppure costituisce di fatto la presa d’atto del fallimento della gestione commissariale, non è la risposta giusta. La scelta del candidato a presidente della Regione deve essere in primo luogo condivisa e sentita propria dai calabresi. Si è ancora nelle condizioni di evitare che le prossime elezioni regionali si trasformino nel secondo tempo di una rovinosa (quanto colpevole) sconfitta delle forze democratiche e progressiste e con essa di quel progetto di reale cambiamento di cui la Calabria e i calabresi avvertono la necessità. Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico».