«Siamo in una morta gora». La lugubre locuzione dantesca assume un significato tutto particolare se a pronunciarla è un consigliere regionale del Pd. E in effetti la trattativa con il M5s naviga in una palude che minaccia costantemente la nave giallorossa.
Il Pd regionale, con l'esclusione dell'area Oliverio, aspetta ormai da diversi giorni un via libera che non è ancora arrivato.

 

Non è un mistero che i più restii all'accordo siano proprio i pentastellati calabresi che, sia attraverso i meet up, sia per mezzo di un documento firmato dalla maggior parte dei parlamentari, hanno ribadito la loro contrarietà a qualsiasi accordo con il Pd.

Di Maio che fa?

Il boccino è però nelle mani di Luigi Di Maio. Il capo politico, spiegano fonti del Movimento, per adesso ha altre priorità, tra cui il varo della manovra finanziaria. Solo dopo aver sciolto le questioni governative più complesse si dedicherà alle regioni chiamate al voto, tra cui anche l'Emilia.

«Per ora non c'è nemmeno un tavolo di confronto», dice un consigliere regionale dem che sta seguendo da vicino le evoluzioni di un dialogo che non entrerà nel vivo se non «tra una settimana, dieci giorni».
Tutti gli analisti sono convinti che il capo politico, alla fine, anche in Calabria opterà – in antitesi con le richieste dei suoi deputati e senatori – per una riproposizione del «patto civico» già siglato in Umbria.

E il Pd epura

Il Pd è dunque costretto a recitare la parte dello spettatore. Tutti i big del partito sono favorevoli all'accordo, con l'eccezione della corrente oliveriana.
L'insubordinazione di quest'area – che la scorsa settimana ha animato il teatro in cui si è riunita l'assemblea “clandestina” dei circoli – sembra però destinata ad avere conseguenze.
Secondo fonti qualificate del Nazareno, sarebbe infatti partito l'iter per il commissariamento delle Federazioni provinciali non allineate, cioè quelle di Cosenza e Crotone, guidate rispettivamente da Luigi Guglielmelli e Gino Murgi, entrambi fedelissimi di Oliverio.
Se la procedura dovesse essere infine ultimata, Il Pd si sbarazzerebbe di due segretari “scomodi”, in quanto ritenuti difensori di un progetto politico non in linea con le direttive romane.

L'ultimo avviso

I margini per una ricomposizione del Pd, tuttavia, potrebbero ancora esserci, a patto che il “ribelle” Oliverio accetti di farsi da parte per favorire il «rinnovamento» e, quindi, l'accordo con i 5 stelle.
Nicola Oddati, responsabile per il Mezzogiorno della segreteria Zingaretti, conferma che il partito «lavora per l'estensione dell'accordo umbro». Anche perché «ne va della stabilità del governo». L'intesa, inoltre, «è indispensabile per vincere».
Oddati non commenta le ultime uscite di Oliverio e la sua posizione di aperta rottura con Zingaretti.

 

Altri dirigenti nazionali concordano però su un altro punto: «Anche senza l'accordo con i 5 stelle, la linea del partito su Oliverio non cambia». Vuol dire che il governatore non sarà ricandidato sotto le insegne del Pd, a prescindere dall'evolversi del dialogo con il Movimento. Questo non significa che la sua espulsione sia dietro l'angolo.

 

«Provvedimenti disciplinari nei suoi confronti? Vedremo. Oliverio – spiega un esponente della segreteria – è un importante dirigente del partito e noi continuiamo a chiedergli un atto di responsabilità, perché la posizione che abbiamo espresso è per il bene della Calabria, del Pd e perfino di lui stesso. Vogliamo che si metta dalla nostra parte e che stia dentro un processo di cambiamento».

 

Del resto, il governatore è sempre più isolato. «Con Oliverio – commenta un profondo conoscitore del Pd calabrese – è rimasto solo un consigliere regionale (Aieta, ndr) e perfino il suo amico Falcomatà (il sindaco di Reggio, ndr) lo ha abbandonato. Forse è il caso che si faccia qualche domanda».