Spuntano candidati alla Regione come funghi, una decina sinora, forse pure di più se contiamo quelli che mandano comunicati alle redazioni nella speranza di intercettare qualcuno che li legga e si chieda incuriosito: ma questo chi è?
Mancano due mesi esatti alle elezioni calabresi, ma comunque vada sarà un fallimento. Chiunque diventi il nuovo presidente il 26 gennaio, verrà fuori da una politica calabrese a pezzi, incapace di esprimere leader credibili e una direzione univoca verso la quale incamminarsi per cercare di intercettare un futuro migliore.

 

Forse mai era stato toccato un punto così basso in Calabria, con un Consiglio regionale che si è trascinato per anni sul filo del numero legale, con la maggioranza di quasi sinistra e l’opposizione di quasi destra che formano un indistinto grumo di interessi reciproci. Il governatore Oliverio ha tirato a campare e la minoranza gliel’ha consentito, accompagnandolo amorevolmente verso la fine della Legislatura per conservare la poltrona.

 

Diciamoci la verità, della Calabria non interessa a nessuno, soprattutto ai politici calabresi, che al netto della retorica sulla “nostra terra” che sbrodolano a ogni occasione semplicemente perché non hanno null’altro da dire, hanno dimostrato negli ultimi cinque anni di valere zero con la coda.
Della Calabria, che andrà a votare nello stesso giorno dell’Emilia Romagna, non importa nemmeno a Salvini, Berlusconi e Meloni, che rimandano da mesi la scelta del candidato del centrodestra, consapevoli che vinceranno anche se alla fine decidessero di metterci Paolino Paperino alla guida della coalizione. Con tutto il rispetto per l’irascibile nipote del vecchio cilindro, che avrebbe ragione di offendersi per questo improvvido paragone.

 

La spallata al governo giallorosso, se mai arriverà, verrà dall’Emilia, che nello scenario nazionale ha un peso specifico immensamente maggiore rispetto alla punta dello Stivale.
Comunque vada, dunque, sarà un fallimento. E lo sarà anche per i Cinquestelle, che con 18 parlamentari - tanti sono quelli calabresi se si considera anche Silvia Vono, da poco passata a Italia Viva - avrebbero potuto e dovuto costruire qualcosa di concreto, invece di limitarsi ad agitare il ditino da primi della classe, salvo poi scoprire che non sono capaci di superare neppure le prove Invalsi. Avrebbero dovuto dare una speranza vera di cambiamento, non tradirla miseramente come già aveva fatto Renzi prima di loro. Invece, il massimo che hanno fatto è stato continuare a commissariare la sanità sventolando il Decreto Calabria come una soluzione epocale, che nei fatti ha solo peggiorato le cose già messe malissimo prima del loro inutile apporto.
Se questo è il contesto, il 26 gennaio si registrerà la più alta percentuale di astensionismo mai rilevata in Calabria e chiunque esca vincitore dalle urne in realtà avrà solo certificato la sconfitta della politica. Vecchia e nuova.


degirolamo@lactv.it

 

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