Il consigliere comunale e il sindaco di Terni hanno animato un appuntamento politico ricco di provocazioni ed effetti speciali: «Questa sala è piena di lecchini e spie». Il primo cittadino imprenditore: «Le mie aziende valgono 3 miliardi di euro, mi fa rabbia vedere la politica sprecare i soldi del Pnrr»
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«Il mio sogno è quello di staccarci dalla Calabria e creare con Messina una regione dello Stretto, così smetteremo di farci trattare come sudditi da Catanzaro e Cosenza»: Massimo Ripepi, il consigliere comunale padrone di casa ed esule dai ranghi dell’opposizione di centrodestra a palazzo San Giorgio, lo ripete almeno un paio di volte durante il primo incontro pubblico per il matrimonio che il suo neonato movimento “Rivoluzione Regghio” ha stretto con Stefano Bandecchi, sindaco di Terni e sempre sulla ribalta della cronaca politica per il suo carattere fumantino.
Sullo sfondo ci sono le comunali (tra due anni) e, molto più vicine, le elezioni europee. È l’imprenditore delle università telematiche e sindaco di Terni il piatto forte di questa serata che Ripepi ha imbandito sul proscenio del Cilea. Sui giganteschi led montati sulle colonne d’ingresso del teatro, ci sono il faccione dell’ex pretendente alla presidenza della Reggina (Bandecchi, appunto) e quella del suo nuovo alleato in città, mentre all’interno è tutto un gioco di luci e immagini suggestive della città che scorrono sul maxi schermo. Il modello sembra quello di una convention americana e proprio come nei raduni di oltreoceano, la manifestazione si muove su binari rigidi, seguendo il tempo della colonna sonora di “Pirati dei caraibi” sparata a tutto volume fino all’ingresso in sala dei due protagonisti che varcano l’ingresso con le immagini della Reggina che esulta sotto la curva: il calcio a Reggio tira sempre e la Reggina sull’orlo del baratro è stato il cardine che ha saldato il patto tra Ripepi e Bandecchi. Ma oggi la Reggina resta (per fortuna) solo sullo sfondo, almeno fino alla fine della manifestazione. Il piatto forte di questa serata è altro, anche se in molti sono venuti per questo motivo, e ci si mette pochi minuti a capirlo.
«Ho avvisato Stefano – dice Ripepi all’inizio del suo lungo intervento – che questa sala è piena almeno per metà di spie e lecchini, venduti ai partiti nazionali. Non abbiamo paura di loro, perché quello che inizia stasera è un percorso che deve portare a una rivoluzione vera. Una rivoluzione che sarà possibile solo se riusciamo a liberare la città».
Rivoluzione, soldati semplici, generali, spade, angeli guerrieri: tutti gli interventi della serata girano pericolosamente attorno a queste parole che solleticano la pancia della platea e, tra una stoccata ai vaccini che «ancora non ci hanno detto cosa ci hanno messo dentro e perché ci ammaliamo molto di più adesso», e un ammiccamento alla rivolta del ’70 che «solo perché quella battaglia l’abbiamo persa non significa che non possiamo vincere la guerra», aprono la via all’ospite d’onore.
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«Non si vince il male senza combattere – esordisce Bandecchi tra gli applausi – e noi siamo pronti, non fraintendete, siamo pacifici, ma non si vince la guerra senza un esercito, senza armi. Anche San Michele era armato di spada». L’ex parà Bandecchi che in queste ultime settimane non ha perso occasione per mostrare i suoi modi paramilitari in TV e nell’aula del Consiglio comunale di Terni, città di cui è il primo cittadino - tiene però un profilo più basso del solito, riuscendo comunque a infiammare la platea - preparata a dovere prima dell’incontro, con una claque efficientissima capace di applausi fragorosi anche nelle pause prese dai relatori per tirare il fiato – tra citazioni di un Craxi crepuscolare e ammiccamenti al grillismo della prima ora. L’obiettivo sono i partiti tradizionali «che vengono solo nel mese delle elezioni a differenza del nostro movimento che invece vuole puntare sui territori. D’altronde lo sappiamo, i politici quando vedono soldi sono come i cinghiali quando sentono il sangue» attacca Bandecchi, che del fatto di non avere bisogno di soldi ne fa una questione primaria. «Quando avevo 20 anni non avevo un soldo ma giravo con una 164», dice ancora, «ora le mie aziende valgono 3 miliardi di euro e mi fa rabbia vedere la classe politica che butta i soldi del Pnnr per fare cose inutili».
Poco prima delle 20 la convention si chiude – senza avere mai citato, tra i tanti problemi che strangolano la città, il crimine organizzato, nemmeno una volta –. C’è solo il tempo per lanciare la candidatura di Ripepi alle prossime Europee nelle file di Alternativa popolare e di promettere una sponsorizzazione per la Reggina, che di questi tempi, fa più presa di tanto altro.