«È sicuramente una fase di rinnovamento importante quella avviata dal presidente Filippo Mancuso e che vuole far sì che la Lega in città si sviluppi nel segno della partecipazione dei cittadini. Il segno che vorrei lasciare come commissario di questo partito in città, che è un incarico che mi riempie d'orgoglio ma anche di responsabilità, è proprio questo, far riaffezionare i cittadini alla politica attraverso la Lega e, perché no, soprattutto anche i giovani».

È Armando Neri, consigliere comunale del Carroccio di recente nominato da Filippo Mancuso Commissario cittadino della Lega, l’ospite della rubrica “A tu per tu” di oggi. Il quarantatreenne avvocato, entrato in Consiglio comunale con una delle civiche che sosteneva Giuseppe Falcomatà, parla della Lega come un partito «estremamente concreto e pragmatico che guarda alle esigenze dei cittadini e delle comunità» e del suo mandato anche nella continuità del lavoro fatto da alcuni importanti esponenti del Carroccio in città, come la senatrice Tilde Minasi, definita «un punto di riferimento importante».

«Credo che questa nuova fase del partito – ha detto Neri - possa rappresentare un'occasione importante non soltanto per la Lega, ma anche e soprattutto per la città di Reggio Calabria. Io sarò chiamato ovviamente a cercare di dare un'impronta importante e lo farò, come mia consuetudine, lavorando al servizio delle persone, cercando di offrire un contributo fattivo per la crescita della città, approfittando anche dei tanti investimenti che il partito, il governo, stanno facendo sul territorio in questa fase storica investimenti che comunque, fino ad oggi, non si erano mai visti alle nostre latitudini».

Nella prima tappa del nuovo commissario regionale Filippo Mancuso, proprio qui a Reggio, si è assistito ad una sorta di siparietto in cui la senatrice Minasi rivendicava la scelta del candidato sindaco e Mancuso le ha risposto per le rime che non sarà questa una battaglia prioritaria, assegnando di fatto lo scettro a Forza Italia. Vi ha sorpreso questa posizione?

«Non ci ha sorpreso per un motivo molto semplice, perché come dicevo la Lega è un partito molto schietto, nel senso che quella era un'assemblea aperta, volutamente anche alla stampa, proprio perché non abbiamo nulla da nascondere e le cose ce le diciamo molto tranquillamente anche in pubblico, sia quelle positive sia le fasi critiche che sono da superare all'interno del partito e sul territorio. Non ci ha stupito appunto perché, nell'ambito di un rapporto che si vuole ricostruire in maniera sempre più salda con i simpatizzanti e con i militanti del partito, e con tutti i cittadini che si vorranno riavvicinare a fare politica attraverso il partito, ci sta. Ci sta fare un'analisi anche cruda, schietta, come quella fatta del commissario Mancuso rispetto a quella che è una scadenza fondamentale per il comune di Reggio Calabria. Io credo che lui abbia voluto nell'ambito di una dialettica naturale, di coalizione, in questa fase pre elettorale fare un punto di verità su una circostanza che è oggettiva, e cioè che il partito di Forza Italia in questa fase è più strutturato della Lega sul territorio Ma la lega è forte e quindi da qui l'osservazione della senatrice Tilde Minasi è più che mai coerente perché lei dice giustamente che la Lega deve avere un peso e avrà sicuramente un peso nell'individuazione della figura del candidato sindaco, che sarà però una scelta condivisa con la coalizione. Quindi è naturale che una Lega che oggi rappresenta il gruppo più forte in Consiglio comunale con 5 consiglieri che sta vivendo anche questa fase nuova di entusiasmo, voglia poter dire la sua».

La Lega, con i suoi ministri, è protagonista di scelte politiche epocali soprattutto per il Mezzogiorno – penso al Ponte, ma anche all’autonomia o alla Ss106 e all’alta velocità -. Perché una forza che nasce al nord, oggi è in qualche modo arbitro del futuro del Sud?

«È la traccia e il merito che ha avuto Salvini nel trasformare un partito che nasceva decenni or sono ormai a trazione nordista in un partito con una prospettiva, una visione nazionale, che oggi più che mai sta guardando proprio al sud con tutta una serie di investimenti importantissimi sulle infrastrutture, non soltanto di viabilità, ma anche ferroviarie e marittime. Quello principale sarà sicuramente il Ponte sullo stretto. Questo è un merito della Lega ed è ciò che, dico la verità, ha anche rappresentato per me un faro nel momento in cui, finita l'esperienza con l’amministrazione Falcomatà, ho dovuto scegliere un partito nel quale continuare a fare politica e soprattutto a viverla come servizio. La Lega vuole investire nel Sud e fare del Sud il nuovo traino non soltanto del paese ma dell'Europa, per proiettare la nostra area al centro del Mediterraneo. Il Ponte merita una narrazione vera, effettiva, concreta, perché sarà veramente ciò che rappresenta: l'avamposto del nostro territorio nel Mediterraneo».

Mettiamo che ci saranno difficoltà nel realizzare tutto quello che sta portando avanti il Carroccio. Tra Ponte, autonomia e alta velocità, se fosse costretto a scegliere, lei cosa sceglierebbe per la nostra terra?

«Credo che siano cose che dialogano molto tra di loro, e non capisco da questo punto di vista le posizioni oltranziste assunte dal sindaco Falcomatà e dal sindaco di Villa Caminiti che sono andati ad agitare In Europa i cartelli “No ponte”. Una cosa che non capirò mai, ma non la capirò nemmeno dal punto di vista culturale ancor prima che infrastrutturale. Perché fare questa cosa significa porsi contro lo sviluppo del territorio. Perché non si può parlare di Museo del mare come un'opera fondamentale per lo sviluppo della città e poi contestare il Ponte sullo stretto che lo sarà altrettanto. Quindi sulle opere pubbliche bisogna avere una visione chiara e non una doppia morale. Non sono né di destra né di sinistra, siamo d'accordo, però o si è sempre a favore o si è sempre contro. Ripeto, io credo che siano cose che dialogano perché non è vero che il Ponte sarà una cattedrale nel deserto. È naturale, come accaduto in tutte le altre grandi città che hanno investito in infrastrutture così importanti, che attorno al Ponte sullo stretto si svilupperà in maniera armonica tutta quella rete infrastrutturale di viabilità ferroviaria che sarà posta a servizio di questa grande opera. Quindi naturalmente non c'è da scegliere, credo, perché le cose cammineranno insieme».

È vero che le opere pubbliche - è un concetto che adesso circola con molta più facilità - non sono né di destra né di sinistra, ma soprattutto devono essere trasparenti. E allora rispetto al Ponte rimangono comunque delle zone d'ombra che sono agitate dai detrattori. Ma criticità sono agitate anche rispetto alla 106. Quindi c'è un fronte che comunque carte alla mano continua a contestare …

«Io credo che si possa rispondere con i fatti e con i documenti, cosa che ha fatto più volte il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, e che ha fatto fino a ieri anche Edoardo Rixi in occasione dell'incontro fatto al porto di Gioia Tauro, in cui si è parlato di infrastrutture marittime ma si è parlato anche del Ponte sullo stretto. C'è una parte sicuramente che opera questa attività di opposizione in maniera strumentale ed ideologica. Io credo che rispetto a questi, che sono fermamente convinti delle loro idee, sia difficile anche dare una prospettiva, un punto di vista diverso, perché sono persone contro a prescindere con le quali si può parlare, si può ragionare dello sviluppo che porterà, ma resteranno probabilmente delle loro idee. E sono quelli secondo me che vanno ad agitare i cartelli “no ponte” a Bruxelles. Mentre voglio pensare che esista gran parte della popolazione che questa opposizione la fa in buona fede. Cioè in senso costruttivo, ovvero a stimolare l'effettiva realizzazione in maniera corretta e compiuta di queste opere affinché si abbia la certezza che una volta che iniziano, siano effettivamente portate a compimento».

O forse solo la paura di vedere un territorio nuovamente sfregiato da una cosa che poi non andrà avanti, perché effettivamente una parte delle contestazioni sono legate al fatto che si pensa che l'opera inizi e non finisca più…

«Sì queste diciamo sono paure un po' ataviche, connaturate al nostro modo spesso di intendere l'impegno. Ci sono sicuramente anche dei precedenti, che da questo punto di vista non giovano e che hanno consentito anche la stratificazione di questo pensiero che però non può essere un limite».

Si è spesso parlato del rapporto tra Lei e Falcomatà cambiato nel tempo. Quando ha capito che lui non era più il suo sindaco?

«Io non ho nulla da dire su Falcomatà, nel senso che come ho più volte spiegato è un rapporto sia politico che di amicizia che affonda nel tempo le sue radici, e che però è concluso. Insomma non ho mai avuto la volontà di manifestare pubblicamente dopo la fine di questo rapporto diciamo frizioni o altro, perché credo che in determinate parti della vita anche quando i rapporti finiscano umanamente bisogna mantenere sempre un certo stile e una certa eleganza. Almeno è quello che io faccio sempre come condotta mia personale. Io ho sposato il progetto di Falcomatà nel 2014, da giovane avvocato, perché mi convinse con la volontà di cambiare la città, di renderla una città normale. Se devo individuare un momento preciso in cui qualcosa è cambiato, lo colloco tra la fine del primo mandato e l'inizio del secondo. Era una fase delicata per l’amministrazione, segnata anche dalle vicende legate al processo Miramare».

Si spieghi meglio.

«Accanto alla gestione ordinaria della città, c’era questa spada di Damocle del processo, che incombeva sull’amministrazione. In quel momento ho capito che alcune scelte non avevano più al centro il bene della città, ma erano finalizzate esclusivamente alla conservazione di un gruppo politico. Legittimamente, dal punto di vista giudiziario, l’obiettivo era superare quella fase, come poi è avvenuto, ma Reggio Calabria è finita sullo sfondo, mentre prevalevano interessi di natura partitica e politica. Uno come me lo perdi in un contesto del genere, perché non faccio politica per lavoro, la faccio per servizio. Ho dedicato a questa città gli anni migliori della mia vita, sacrificando anche momenti preziosi con la famiglia. Probabilmente lo rifarei, non per il desiderio di sacrificare gli affetti, ma perché Reggio Calabria va amata e servita. Quando mi sono accorto che questo non accadeva più, ho cambiato percorso, in modo sereno e consapevole».

Insomma questo è per Armando Neri un capitolo ormai chiuso, sia personalmente che politicamente?

«La mia nomina a commissario cittadino della Lega sancisce definitivamente la chiusura di una stagione politica e l’inizio di un’altra. Io nasco civico, sposando un’idea di città e non un’ideologia partitica. Nel momento in cui quel rapporto è venuto meno, mi sono sentito libero di scegliere un contenitore più coerente con i miei valori, che sono quelli della formazione sociale. Provengo dal mondo delle parrocchie, del volontariato e della prossimità territoriale. Nella Lega ho visto la possibilità di coltivare e far crescere questi valori. Naturalmente, tante volte mi è stato chiesto il perché di questa scelta, a volte per curiosità, a volte per preoccupazione. Ma sono molto sereno perché ho sempre avuto attorno affetti autentici e valori solidi, che hanno guidato le mie scelte più importanti».

Spesso i cittadini si domandano come è cambiato, se è cambiato, l’approccio di Armando Neri, da consigliere di maggioranza a consigliere d’opposizione?

«La risposta è semplice: non cambia affatto. Fare opposizione significa controllare gli atti, esercitare un’attività di contestazione politica, ma sempre con lo stesso spirito di servizio. Quando governi, cerchi di portare avanti un programma; quando sei all’opposizione, controlli e porti avanti le tue idee. Ho sempre creduto nella forza delle idee, molto meno nelle tensioni personali. Infatti, la mia opposizione è sui contenuti e sugli atti, mai sugli attacchi personali, perché ritengo che ai cittadini interessi ben poco questo tipo di polemiche».

Ultimamente nel centrodestra siete impegnati a dimostrare la compattezza e l’unità verso l’obiettivo che è tornare ad amministrare Palazzo San Giorgio e la città… eppure a questo centrodestra di opposizione sembra mancare un leader o no?

«Oggi il centrodestra lavora per tornare alla guida della città. Spesso si dice che all’interno dell’opposizione manchi un leader riconosciuto. Io non ho questa percezione. Al contrario, questa coralità dell’azione politica è un punto di forza. Condividiamo strategie e azioni in modo strutturato e costruttivo, senza limitarci a un’opposizione sterile. Il confronto all’interno del centrodestra esiste, sia tra i partiti sia nel gruppo consiliare. Questa coesione ci consente di fare un’opposizione più efficace, con contenuti reali».

Ma Reggio Calabria Capitale della Cultura 2027 è una sfida da vincere anche per Armando Neri?

«Io tifo fortemente per Reggio Capitale della Cultura 2027. Sarebbe un’occasione straordinaria per rilanciare la città dal punto di vista turistico e occupazionale. In questo contesto, anche l’aeroporto e il suo rilancio con Ryanair, grazie agli investimenti della Regione, giocano un ruolo fondamentale. Dico che ci sarebbe piaciuto, come opposizione, essere maggiormente coinvolti nel processo di candidatura».

Ha seguito l’audizione in sede ministeriale?

«In occasione di questa audizione abbiamo avuto modo di apprendere purtroppo che ci sono stati dei gap abbastanza rilevanti sollevati dalla Commissione che riguardano profili tecnici del dossier. Ecco, questo dispiace, perché si corre il rischio di scivolare sulla classica buccia di banana. Una narrazione bella, i protagonisti reggini che hanno partecipato all'audizione sono stati straordinari - lo chef Filippo Cogliandro, i giovani che hanno fatto l'appello finale, un'immagine bellissima della città che vuole ripartire anche dei giovani –. Speriamo che questi gap amministrativi sollevati dalla Commissione non precludano questo percorso importante. Le eccezioni fondamentali sono state sulla mancata chiarezza della sostenibilità economica finanziaria del dossier, sul coinvolgimento che probabilmente avrebbe dovuto essere fatto in maniera migliore e più strutturata dell’Università Mediterranea che è uno dei pilastri culturali della città, e poi l'altro profilo insomma che la narrazione fatta oggi dal sindaco non collimava con quanto scritto nel dossier rispetto ad alcuni elementi appunto tecnico finanziari. Quindi ci sono degli elementi di criticità, ci sono stati, la speranza e l'auspicio di tutti noi è che ovviamente non siano talmente gravi da inficiare il buon esito di questa sfida».