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Quasi due mesi per un rimpasto, annunciato e non messo in atto già dalla fine di ottobre. Anche se in realtà i nomi dei tre assessori sostituiti: Neto, Nardi e Quattrone erano già “attenzionati” da prima dell’estate.
Un tempo infinito per un città che vive un’emergenza senza fine da troppi anni e che ha assoluto bisogno di un’amministrazione autorevole e in grado di prendere decisioni rapidamente ed in modo efficace. Mettere sulla graticola le tre donne della Giunta non è sembrata davvero una grande idea. Così come non è stato il massimo metter in stand-by l’amministrazione ad un mese dal referendum, facendosi restituire le deleghe da assessori e consiglieri per poi continuare a navigare a vista fino alla fine dell’anno. Chiedere un passo indietro a tutti e ottenerlo, così come aveva fatto il sindaco ai primi di novembre, doveva voler dire avere pronta la squadra e insediarla nel giro di pochi giorni.
Reggio Calabria, presentata la nuova giunta targata Falcomatà
Ed invece le consultazioni con i partiti non si sono dimostrate poi così semplici come Falcomatà aveva pensato. A partire dal Pd che ha chiesto subito conto e spiegazioni per un’iniziativa estemporanea, quella di chiedere le rimessione delle deleghe, ed avvenuta senza avvisare i vertici locali. Ma anche con le altre formazioni politiche il confronto è stato più serrato del previsto, tra accordi elettorali da rispettare e promesse successive da non poter mantenere.
Di riunione in riunione il rimpasto lampo è diventato un riassetto di giunta alla vecchia maniera, di quelli con il manuale Cencelli da un lato e i rappresentanti dei partiti a chiedere il conto dall’altro, con un risultato finale che lascia perplessi per diversi aspetti.
Il primo è che l’operazione poteva davvero chiudersi in maniera più sbrigativa, considerato che le sostituite sono state proprio quelle di cui si discuteva da mesi. E che, soprattutto, i nuovi ingressi non hanno il profilo dei fuori classe di settore, ma sono soltanto gli esponenti indicati dai partiti e dai capi corrente per avere una rappresentanza in giunta. Irene Calabrò serve a saldare l’accordo pre-elettorale con i Socialisti, Anna Nucera blinda l’intesa con Sel e Giovanni Nucera, mentre Lucia Nucera va a soddisfare il capogruppo del Pd in Regione Sebi Romeo che ha fortemente sostenuto il sindaco sia alle primarie che alle elezioni.
Falcomatà prova a cambiare passo e cita il padre: «Siamo scalzi e senza scorta» (INTERVISTA)
Il secondo aspetto è che Falcomatà, oltre ad aver sostituito le tre donne, ha proceduto anche ad una rotazione quasi totale delle deleghe. Soltanto Giuseppe Marino e Angela Marcianò hanno visto parzialmente confermato l’incarico precedente. Il che da un lato può essere considerato un bene, perché è stato ampiamente dimostrato che a palazzo San Giorgio il rischio di incrostazioni è altissimo, così come la voglia di rimanere incollati sempre sulla stessa poltrona. Dall’altro, però, sarebbe stato anche giusto che chi ha operato bene, dopo appena due anni dall’insediamento della giunta di centrosinistra, avesse avuto la possibilità di proseguire nel proprio operato. Una rotazione totale, con lo scambio delle stesse pedine sulla scacchiera, sembra in realtà più un atto di confusione e di sconfessione delle scelte fatte al momento dell’insediamento.
Infine anche la gestione della situazione legata alla Marcianò non è stata senza sbavature. “Lasciatela lavorare” ha detto ai cronisti raccolti al Cilea alla vigilia di Natale il sindaco, smentendo le precedenti voci sulla sua sostituzione e ribadendo piena fiducia in lei. Giusto e coraggioso. Ma perché non farlo prima e bloccare il tritacarne mediatico che l’ha vista coinvolta?
Riccardo Tripepi