E venne il giorno di Borgia. Anzi, venne “la due giorni di Borgia”. Quello in corso è un fine settimana intenso, nella cittadina del Catanzarese, diventata trincea democratica dei sindaci meridionali riuniti contro il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Dibattiti, ma anche documenti da approvare, per testimoniare la volontà di contestare il governo – al di là dei colori politici – e passare ad una fase successiva: quella della proposta condivisa.

Spazio alle relazioni intanto dei primi cittadini non calabresi, il sindaco di Acquaviva delle Fonti, Davide Carlucci, e di Castelbuono Mario Cicero, che spiegheranno perché la percentuale del 40% del Recovery plan destinato al Sud, sia anche l’ennesimo furto di speranza patito dal Mezzogiorno.

Poco più di 80 miliardi da spendere entro il 2026, che secondo gli analisti della Rete Recovery Sud formata dagli amministratori è una cifra irrisoria rispetto a quella che doveva accaparrarsi quest’area del Paese, che – ad esempio – secondo il Movimento 24 agosto per l’equità territoriale – doveva ricevere più del 60% delle risorse andate all’Italia.

Fatto epocale nuovo, questo dell’intesa trasversale ai partiti in nome di un rinnovato meridionalismo che intende fronteggiare il piano del governo, così come fin qui ha fatto uno dei sindaci protagonisti dell’assemblea di Borgia, Ernesto Magorno, che da senatore di maggioranza ha votato contro la versione che il suo esecutivo ha inviato a Bruxelles. Materia politicamente incandescente, che per due giorni riposiziona il Sud al centro della scena nazionale.        

Il direttore Aprile: «Il Sud finalmente unito contro le ingiustizie»