Il candidato alle Primarie aperte di domani chiude la campagna sullo Stretto. «Ponte? A me non pare una priorità». Bocciata in toto l’autonomia differenziata di Calderoli (ASCOLTA L'AUDIO)
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Ormai è tutto pronto per le primarie del Partito democratico. Domani, dalle 8 alle 20, nelle piazze e nei circoli di tutta Italia, si voterà per il prossimo segretario nazionale dem, e con lui i membri dell’Assemblea. Nelle ultime ore il clima si è un pò surriscaldato, ma non per Stefano Bonaccini che ha deciso di chiudere la campagna per le Primarie a Reggio Calabria, prima di volare verso la sua Bologna per la manifestazione di chiusura ufficiale.
«A me pare che comunque un clima così civile da tanto tempo non si vedesse – ha detto arrivando a piedi in Piazza Camagna accompagnato dal segretario regionale Nicola Irto e da Giuseppe Falcomatà - perché c'è rispetto, c'è amicizia, ed è giusto che sia così, perché al netto di differenze che ci sono credo che debba essere così».
D’altra parte per lui, da dopodomani «dobbiamo tornare tutti insieme, e toglierci le magliette che abbiamo indossato in questa campagna. Se io dovessi prevalere, come sapete, chiederò a Elly, ma anche agli altri due candidati, se hanno voglia di darmi una mano perché credo che così ci se debba comportare. Vorrei ricordare che l'avversario è la destra non qualcuno all'interno del Partito Democratico, cosa che però purtroppo si è registrato troppo spesso negli anni passati».
Bonaccini sa di essere il favorito ma non si fa illusioni sul fatto che domani sarà solo una formalità.
«Questo vantaggio è solo un pezzettino di certezza. Saranno gli elettori alle urne che decideranno. C'è stato un ottimo risultato tra gli iscritti, e segnalo che quattro candidati non c'erano mai stati, e nonostante questo, cosa che quasi mai c'era stato, ho superato anche il 50% con quasi 20 punti di distacco dalla seconda. Però quello è il primo tempo della partita, il secondo tempo si gioca domani. Speriamo venga tanta gente e ovviamente se mi sono candidato spero di farcela. Dobbiamo viverla come una grande festa democratica e spero che tutto proceda regolarmente senza condizionamento esterno».
Il presidente dell’Emilia Romagna non fa mistero del fatto che la sua prima iniziativa, da eventuale vincitore, sarà quella di costruire un nuovo gruppo dirigente ma, avverte, senza puntare l'indice contro nessuno. «Però è fisiologico che bisogna che chi ci ha portato alla sconfitta debba per una volta andare in panchina dopo tanti anni».
Bonaccini è convinto che occorra ripartire dal territorio dove il Pd riesce a piazzare tanti amministratori amministratrici locali. «Ricordiamoci che governiamo più di due terzi dei comuni italiani. Lì abbiamo la squadra più larga e allenata che nessun altro partito può mettere in campo nel territorio. L’altra cosa, invece, proprio politica, è quella che chiederei di andare davanti ai bar davanti ai luoghi di lavoro nelle piazze nei mercati per raccogliere le firme per una legge di iniziativa Popolare per introdurre il salario minimo legale dove non arriva la contrattazione collettiva, che peraltro dobbiamo rafforzare, perché io vorrei venisse cancellata in questo paese la vergogna di troppe ragazze e ragazzi, donne e uomini, che lavorano a 2-3-4 euro l'ora senza alcuna tutela che non è degno di un paese civile».
La posizione di Bonaccini sul progetto dell'autonomia differenziata che propone Calderoli è chiara: «E’ una proposta sballata che spaccherebbe in due il paese. È molto chiaro che serviva uno scalpo da dare alla Lega prima delle elezioni in Lombardia. Anche perché, sinceramente, un'autonomia differenziata che rischia di lasciare residui fiscali ad alcune regioni del nord si chiama secessione non autonomia. Il problema è che se tu tieni materie divisive come sanità e scuola, rischi potenzialmente di avere un paese in cui ognuno si fa la sua pubblica istruzione che diventeremo davvero ridicoli»
Per il futuro Pd invece l’autonomia differenziata significa definire i livelli essenziali di prestazione affinché tutti sappiano cosa gli aspetta: «Significa colpire la burocrazia che è una tassa odiosa su cittadini famiglie e imprese e dare programmabilità certa agli investimenti».
A proposito del Sud, rimane centrale il tema del Ponte sullo stretto: «Ne sentiamo parlare da decenni, io da quando ho iniziato a far politica e ho 56 anni. Insomma, parliamo di 40 anni fa. Diciamo che essendo stato in Sicilia, ma forse vale anche per la Calabria, mi pare che ci sarebbero infrastrutture nel territorio che sarebbero da sistemare perché in Sicilia ho toccato con mano che per fare non troppi chilometri a volte ci si mette ore, e quindi bisognerebbe partire dal garantire collegamenti ferroviari e stradali che fossero molto più facilitati, dopodiché discutiamo di quello che volete ma a me pare non certamente una priorità».