L'intervento agli Stati generali di Forza Italia offre diversi spunti sulle possibili mosse del governatore che sembra voglia costruirsi un alibi chiedendo ciò che forse sa di non poter ottenere
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L'intervento di Roberto Occhiuto agli Stati generali di Forza Italia offre diversi spunti per un'analisi delle possibili strategie politiche che il governatore calabrese potrebbe mettere in atto da qui ai prossimi mesi. A partire dalla richiesta al Governo di assegnare «poteri straordinari» ai commissari della Sanità, cioè a se stesso.
Troppo facile definirla bulimia di potere. È vero, si tratta di una delle caratteristiche più spiccate di Occhiuto. I pochi mesi di governo hanno già chiarito quali sono le linee guida del suo progetto politico-amministrativo: accentrare più potere possibile, nel minor tempo possibile.
Il presidente calabrese, a partire dalla vittoria elettorale di ottobre, ha assommato in sé molteplici funzioni di governo e sottogoverno, anche grazie a rapporti consolidati con il potere romano: è il capo incontrastato della Giunta e di una maggioranza bulgara in Consiglio regionale, è diventato commissario della Sanità e dell'edilizia sanitaria, controlla i fondi europei, il Pnrr, il trasporto aereo (Sacal) e, a breve, dopo l'approvazione dell'Autorità unica, anche il settore idrico e la gestione dei rifiuti.
Sulla scorta di queste premesse, la scelta di invocare un rafforzamento dei poteri del commissario – già determinato dal Decreto Calabria 1 e 2 – ha suscitato molte perplessità, nel suo partito come tra le forze alleate. A molti è parsa come l'ultima manifestazione di una bulimia ormai fuori controllo, come il segno evidente di una insofferenza crescente nei confronti di quei pochissimi limiti istituzionali con cui Occhiuto – nonostante un accentramento di poteri senza precedenti – deve comunque fare i conti.
Lamentarsi del controllo ministeriale sul commissariamento calabrese è troppo perfino per il modello quasi autarchico realizzato da un presidente che, per altro verso, sa bene quanto siano indispensabili e inamovibili i pesi e i contrappesi che fondano e garantiscono ogni democrazia. Occhiuto – che, peraltro, ha avuto pure la facoltà di scegliersi i sub-commissari (Esposito e Bortoletti) – ha invocato mani ancora più libere in sanità, consapevole dell'inammissibilità della richiesta. Nessuno dei circa 40 commissari governativi sparsi su e giù per l'Italia, e alle prese con gli ambiti più disparati, è esente dalla vigilanza di altri enti superiori. Il governatore, nelle istituzioni da un trentennio, non può non saperlo.
Ecco perché, con ogni probabilità, Occhiuto ha puntato il dito contro i ministeri solo per usarli come utili alibi se le cose dovessero mettersi davvero male.
Il governatore, nonostante la scorpacciata di cariche e una centralizzazione di funzioni anomala in un sistema democratico, potrebbe già essersi reso conto della enormità della sfida che gli è davanti – una sfida rispetto alla quale si sono schiantati tutti i suoi predecessori – e delle difficoltà di realizzare quella rivoluzione sanitaria che, nelle sue stesse intenzioni, dovrebbe dare la misura della sua azione di governo.
Consapevole dell'altissima probabilità di fallire, e in assenza, finora, di risultati concreti da sbandierare, Occhiuto si sarebbe già premurato di trovare una possibile via di fuga individuando altri eventuali capri espiatori.
L'equazione «tanto potere, tanta responsabilità», in base a questa interpretazione, verrebbe così a cadere, sostituita dall'implicito assunto secondo cui l'attuale sistema istituzionale non può mai deludere, perché le colpe sono sempre di qualcun altro: i ministeri che vigilano e proibiscono, il debito sanitario quale insormontabile eredità del passato, e via così. È la strategia win win: si prende tutto e si vince sempre.
Un po' quel che Occhiuto sta facendo nel suo partito. Gli Stati generali di Fi gli sono serviti per strizzare l'occhio pubblicamente a ognuna delle due fazioni presenti nel partito berlusconiano. Il governatore ha mostrato gratitudine sia all'ala più vicina alla Lega e favorevole a una federazione di centrodestra, rappresentata da Antonio Tajani e Licia Ronzulli («mi hanno consentito di diventare presidente della Regione»), sia a quella più governista, incarnata dai ministri Renato Brunetta, Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna («grazie a loro in Calabria siamo riusciti a dare segni di cambiamento e rottura rispetto al passato»).
Occhiuto, insomma, sta nel mezzo senza prendere posizione, in attesa che – dopo la nuova discesa in campo di Berlusconi – il quadro azzurro si chiarisca e con esso i rapporti con gli alleati, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Dopo le Amministrative del 12 giugno, la campagna elettorale per le Politiche del prossimo anno entrerà nel vivo e il presidente calabrese sembra intenzionato a recitare un ruolo di primo piano nella scelta delle candidature per Camera e Senato.
Potrebbe trattarsi della solita bulimia di potere. Che però non spiega mai tutto.