La parlamentare e coordinatrice regionale del M5s torna su quello che definisce lo “scippo” del seggio a Scutellà in vista della manifestazione organizzata a Cosenza: «Abbiamo visto le istituzioni piegarsi ai desiderata di una famiglia politica calabrese. Questa vicenda è una crepa nella storia democratica del Paese»
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«Il caso non è chiuso perché c’è un’indagine aperta dalla Procura di Cosenza». Anna Laura Orrico, parlamentare del Movimento Cinquestelle, interviene in una giornata densa di scontri e dichiarazioni sul caso Gentile-Scutellà. Il ritorno del deputato forzista alla Camera dopo un ricorso vinto nella Giunta delle elezioni non smette di far discutere. Il M5s manifesterà sabato a Cosenza ed è pronto a schierare il suo leader nazionale Giuseppe Conte. E anche il centrodestra oggi ha mosso l’artiglieria pesante, parlando di «manifestazione antidemocratica» e chiedendo di fermare gli attacchi contro una riammissione che considera sacrosanta.
Onorevole Anna Laura Orrico, il M5s sabato sarà in piazza a Cosenza per il caso Scutellà-Gentile. Ma non era un caso ormai chiuso in sede istituzionale?
«Il caso non è chiuso perché c’è una indagine aperta alla Procura di Cosenza. Ci sono oltre ottanta persone che hanno dichiarato di aver visto delle irregolarità in fase di scrutinio ed invece di rivolgersi alla Procura per denunciare sono andate dall’avvocato del ricorrente Gentile. Peccato che alcune di queste, incredibilmente, erano in più seggi contemporaneamente distanti fra loro molti chilometri. Scene da film, dell’orrore però. Ma d’altronde se c’è chi, ignorando le leggi dello Stato, diciamo così, si è addirittura avventurato in ricostruzioni fantasiose in cui i presidenti di seggio, udite udite, erano in quota del Movimento 5 stelle mentre nella realtà vengono nominati dal presidente della Corte d’Appello competente per territorio significa che la bonifica della nostra terra dagli interessi particolari è un percorso ancora lungo».
Quali sono i punti della vicenda che voi ritenete particolarmente inaccettabili?
«Ci sarebbe da dire quali siano gli aspetti accettabili. Ad ogni modo per far recuperare voti al ricorrente Gentile, in Giunta per le elezioni, hanno prima modificato i criteri di assegnazione dei voti. Quindi i calabresi sono andati a votare secondo alcune regole e ad urne chiuse hanno scoperto di avere sbagliato perché quelle stesse regole, a partita terminata, non erano più legittime. E poi hanno considerato valide il 10 per cento delle schede bianche, la media nazionale è del 2-3%, che si sono scoperte essere magicamente “votate”. Il 50 per cento di queste ha premiato, guarda caso, Gentile. Aggiungiamo altro o basta così?».
La venuta di Conte significa che voi intendete fare del caso ancora un fatto di rilievo nazionale?
«Ma il caso è già uno scandalo nazionale. Ne hanno parlato i media di ogni latitudine del Paese e soprattutto lo conoscono i cittadini, ormai non solo calabresi. Sanno che le regole valgono più per alcuni che per altri, che se non si hanno retaggi familiari ben radicati non si può fare politica, che l’arroganza, la prepotenza, lo spregio delle più elementari norme democratiche vengono premiate. E conoscono perfettamente quali personaggi politici adottano questi sistemi».
Sarà quindi una battaglia ancora lunga? Ma dove intendete arrivare?
«Questa vicenda ha aperto una crepa nella storia democratica del Paese. Non si può archiviare. In Parlamento abbiamo assistito allo svilimento delle istituzioni che si sono piegate, tramite i rappresentati della maggioranza che ci governa, ai desiderata di una famiglia politica calabrese ben nota o almeno a una parte di essa. E la genuflessione si è verificata prima in Giunta per le elezioni e poi in Aula dove si è votato non sul merito ma per appartenenza partitica. Uno spettacolo la cui responsabilità ricade su quanti ci hanno messo la faccia, perdendola».