Il commissario regionale del Pd Stefano Graziano è perfettamente consapevole del difficile compito che Matteo Orfini ha voluto affidargli inviandolo in Calabria. Il partito regionale è diviso come non mai e in un momento di particolare debolezza. Una fragilità che fa il paio con quella del governo regionale che continua a navigare a vista dopo il coinvolgimento del presidente della giunta Mario Oliverio nell’inchiesta “Lande Desolate”. Non a caso Graziano, fino al momento, ha dosato dichiarazioni pubbliche e glissato sugli argomenti più spinosi. Non ha voluto commentare, ad esempio, il tour calabrese di Luca Lotti perché “non rientra nel suo compito valutare iniziative di corrente”, né si è espresso sul futuro del governatore Mario Oliverio, rimanendo fermo sulla posizione originaria: non è il momento di parlare delle prossime regionali. Di fatto non escludendo la possibilità che il Pd possa individuare un altro candidato. Del resto il rischio è ben presente anche nella mente del presidente della giunta che, in occasione dell’ultima seduta di Consiglio regionale, non ha voluto dire una sola parola sul Pd. Un silenzio che è sembrato abbastanza eloquente.

Prima di lei altri “chiamati” hanno rifiutato la carica di commissario Pd per la Calabria. Lei invece ha accettato. Spirito di servizio?

Sono dell'idea che quando il partito chiama non ci si può rifiutare. Prima di accettare ho riflettuto tanto per via del lavoro che sto portando avanti come Presidente della Commissione sanità del Consiglio regionale della Campania e che da settembre ad oggi mi ha visto impegnato sul territorio per carpire istanze e bisogni di cittadini e operatori del settore.


Era necessario questo ennesimo commissariamento del partito calabrese?

È una scelta che ha preso il partito nazionale alla luce dei mancati adempimenti per la celebrazione del congresso regionale.


Dopo il primo confronto con dirigenti e quadri che idea si è fatto?

L’esito del primo ciclo di incontri è positivo. Parlamentari, consiglieri regionali e segretari di federazione mi hanno dato piena disponibilità a lavorare insieme per il rilancio del partito sul territorio.


Tracci una road map verso il congresso. Che tempi si possono prevedere?

Spero vivamente di poter avviare l'iter congressuale subito dopo le elezioni europee e le amministrative. Sono due appuntamenti fondamentali per il Partito democratico e il centrosinistra e credo sia doveroso concentrare tutte le energie nella campagna elettorale. Ovviamente, se dovessi ravvisare che ci sono le condizioni sono pronto a celebrare il congresso anche subito dopo il 3 marzo.


Lei ha detto che la ricandidatura di Oliverio non è una priorità al momento. Cosa vuol dire? Che esiste la possibilità di una candidatura diversa?

Significa che in questa prima fase di lavoro ci concentreremo sull'organizzazione delle primarie nazionali del 3 marzo. Ho perciò chiesto ai segretari delle federazioni di mobilitarsi per far si che anche le prossime primarie siano una giornata di festa e partecipazione democratica. Contemporaneamente dovremo tornare a parlare dei temi che interessano la gente. Inizieremo con il regionalismo differenziato che, come ho più volte sottolineato, uccide il Mezzogiorno, cristallizzando il divario che c'è tra Nord e Sud. Alle regionali manca circa un anno, concentriamoci sulle scadenze più imminenti tra cui, ricordo, ci sono anche le comunali che interesseranno tantissimi elettori.


Un commento ai risultati ottenuti nei circoli. La vittoria di Zingaretti può darsi per scontata a questo punto?

Sono dell’idea che in politica non si possa dare nulla per scontato. La partita la chiuderanno gli elettori il 3 marzo votando alle primarie, che sono l'elemento fondante del nostro partito. Sarebbe un grave errore pensare che l’esito della competizione è già scritto.


Cosa pensa dell’idea di Calenda in vista delle europee di una lista senza simbolo del Pd? Si potrebbe replicare anche sui territori?

Dal risultato delle prossime elezioni dipende il futuro stesso dell'Europa che rischia di essere travolta dai movimenti nazionalisti e sovranisti. Il problema non è il simbolo, secondo me, ma il progetto e il messaggio che lanceremo nei prossimi mesi. Io credo che ci sia bisogno di più Europa, ma l'Unione non può essere quella dell'austerità e che di fronte al dramma delle migrazioni fa prevalere gli egoismi nazionali. Questa discussione sarà al centro del dibattito della prima direzione nazionale che si svolgerà dopo il 3 marzo.


Riccardo Tripepi