«La vicenda giudiziaria che ha coinvolto il presidente della giunta regionale calabrese, rischia di diventare un cono d'ombra per l'immagine dell'intera regione che, al di là delle vicende personali ed umane, che vanno sempre rispettate con vicinanza d'animo, merita una riflessione politica più profonda e razionale. La Calabria è di fronte a un bivio con la storia. O cambia il suo destino, con una nuova classe dirigente, capace di determinare una nuova politica, un piano di riforme sociali e istituzionali che possano incidere sul suo modello sociale, etico, civico, sullo sviluppo e sul lavoro, sulla cultura e legalità, sull'istruzione , o è destinato ad essere preda dei populismi e della mediocrità di una politica determinata dal rancore, dalla rabbia, dall'odio e dalla ignoranza». Lo afferma, in una nota, il segretario generale della Cgil calabrese, Angelo Sposato.

 

«Quello che si presenta per il nuovo anno - prosegue Sposato - non è molto incoraggiante per i destini della Calabria. La condizione strutturale della nostra regione, nonostante qualche indicatore in controtendenza, rimane molto indietro rispetto alle altre regioni e rispetto al periodo pre-crisi. Diversi sono i fattori che preoccupano per il futuro. Il primo, riguarda la legge di bilancio che penalizza fortemente la crescita nel Paese e deprime maggiormente le regioni del Sud come la Calabria. È una manovra che non produce sviluppo e non incentiva il lavoro, non introduce investimenti, è depressiva, allontana imprese e giovani dai territori. Potremmo dire che è una manovra che alimenta in Calabria la desertificazione già in atto da qualche tempo e crea un esercito di nuovi poveri, in attesa di un reddito di cittadinanza che doveva essere accompagnato da misure per l'occupazione e contrastare la povertà e che invece istituisce e certifica la povertà di cittadinanza. Nulla di nuovo insomma, nessuna rivoluzione, nessun cambiamento per il mezzogiorno, solo un grande piano assistenziale per tentare di mantenere in linea la disoccupazione a due cifre che garantisce il doppio dei consensi elettorali».

 

«Secondo fattore - sostiene ancora Sposato - è la situazione politica calabrese. Purtroppo, come avvenuta per la scorsa legislatura, condizionata dalle vicende giudiziarie dell'allora presidente Scopelliti, anche quella attuale rischia di produrre un corto circuito in una fase delicata per la nostra regione. In attesa che il presidente Oliverio chiarisca la sua posizione con la Magistratura, i prossimi dieci mesi saranno determinanti per i destini della Calabria. L'intero programma Por 2014-2020 e la spesa, entrerà nel vivo del piano operativo e ad oggi, per come più volte abbiamo proposto come Cgil, non ci sono strumenti di controllo della qualità degli interventi e dei soggetti beneficiari dei fondi europei. Così come, al netto di qualche eccezione, l'attuale giunta regionale appare debole, impercettibile e non ci sembra pronta a recepire i bisogni delle istanze della Calabria. Nelle prossime settimane andranno riprese numerose questioni. Fra tutte, la Zes e il porto di Gioia Tauro, la vertenza dei 4500 lavoratori Lsu Lpu per i quali occorre avviare il tavolo tecnico con il governo nazionale e regionale, una discussione concreta sul piano della salute, alla luce dell'insediamento del nuovo commissario che avverrà i primi di gennaio, il piano infrastrutturale e per la manutenzione del territorio dal rischio idrogeologico. Sono temi, questi, che non possono aspettare e devono essere assunti con grande senso di responsabilità dalla giunta e anche dal Consiglio regionale. Ci aspettiamo grande senso di responsabilità dai partiti e dai gruppi consiliari che non possono trascinare la Calabria in dieci mesi di campagna elettorale, trascurando tutte le emergenze che rischiano di esplodere».

 

La nomina del presidente della Commissione parlamentare antimafia del senatore Nicola Morra è un fatto rilevante, «ma i provvedimenti del governo sul codice antimafia di riuso ai privati dei beni confiscati e quello sulla esenzione delle gare pubbliche di affidamenti fino alla soglia dei 150 mila euro, non sono un buon segnale e rischiano di essere un regalo alle mafie, che determineranno ulteriori scioglimenti di amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose. Questo governo – conclude - non sembra voglia fare una lotta vera alla 'Ndrangheta e farebbe bene anche a vedere le proprie alleanze in Calabria prima di ergersi a paladino della giustizia, della legalità o del cambiamento».