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Mario Oliverio due anni dopo. Tanto è il tempo che è passato dalla vittoria, larga ed abbondante, che il candidato del centrosinistra riportò su Wanda Ferro, poi esclusa dal Consiglio regionale, assicurandosi una maggioranza blindata a Palazzo Campanella.
Due anni sono tanti, significano quasi mezza legislatura, ma la sensazione dei calabresi è che ancora il governo di Mario Oliverio debba cominciare.
Poche le leggi licenziate e quasi nessun provvedimento di rilievo per le sorti dei calabresi che sono più poveri di due anni fa e continuano a vedere aumentare la disoccupazione e il numero di giovani che lascia la propria terra.
Oggi, come all’inizio, tutta l’azione della giunta sembra incartarsi intorno alla Sanità. All’inizio della sua avventura Oliverio si scontrò duramente con l’area renziana del partito e con lo stesso governo nazionale che, dopo una modifica legislativa inserita nella finanziaria, inviò Massimo Scura con il vice Andra Urbani a presiedere l’Ufficio del Commissario per il piano dal rientro dal debito sanitario. Uno smacco che Oliverio non ha mai tollerato e sul quale continua ad accartocciarsi il Pd e il suo governo.
Anche l’ultimo e duro scontro che ha riempito le pagine dei giornali delle ultime settimane, quello con il gruppo IGreco, ha come fondo la sanità, i posti letto e gli accreditamenti.
E per l’entourage di Oliverio ci sarebbero gli interessi nella sanità dietro il sondaggio diffuso qualche giorno fa e che vedrebbe l’indice di gradimento del presidente della giunta perdere 20 punti percentuali.
Sperando di poter invertire la rotta proprio nella sanità, croce e delizia che ha affondato tutti i suoi predecessori, Oliverio ha deciso poi di schierare la propria corrente sul referendum. Gli ex bersaniani di Calabria, infatti, sono ufficialmente schierati per il sì, ma ufficiosamente non si impegnano nella campagna elettorale. E seppure Magorno si dice convinto che dalla Calabria arriverà una percentuale bulgara a sostegno delle riforme costituzionali, tutti sanno che Oliverio aspetta segnali precisi dal governo proprio sulla sanità e sul commissariamento.
Il gioco, però, è assai pericoloso e tirare troppo la corda potrebbe costare caro a tutti. Arrivare al 4 dicembre senza un segnale sulla sanità da parte del governo Renzi, potrebbe portare ad un certo disimpegno degli uomini di Oliverio. Ma una sconfitta alla consultazione, sia a livello calabrese che nazionale, aggraverebbe la posizione di Oliverio che si vedrebbe commissariato sine die. Non solo. Sul futuro della legislatura pende ancora l’esito della pronuncia della Corte Costituzionale sul ricorso di Wanda Ferro contro la legge elettorale regionale. E la sentenza, secondo molti, arriverà dopo l’esito del referendum che diventa crocevia fondamentale sia per il futuro del governo nazionale, che di quello regionale.
Un crocevia che Oliverio affronterà senza molte possibilità di scelta. Con tutta probabilità dovrà fornire il proprio apporto al referendum sperando di poter presentare il conto al governo e ottenere, soltanto dopo, quanto promesso. E magari anche un occhio di riguardo in vista dello stesso futuro della legislatura, sempre appeso alla pronuncia della Corte Costituzionale. Oliverio, insomma, ha di fatto legato il suo futuro politico a quello degli odiati e combattuti Renzi e Magorno.
Ultimo tassello di una serie di scelte che lo hanno ridotto a un grado preoccupante di isolamento. Il governatore ha perso quasi totalmente il contatto con il Consiglio svilito dalle scelte accentratrici di chi tiene per sé ancora le deleghe al Turismo e all’Agricoltura e si è blindato alla cittadella con i suoi tecnici, escludendo gli eletti da ogni processo di decisione. Nè ha favori la distensione degli animi la decisione di rinviare ogni ipotesi di rimpasto di giunta all’esito del referendum che il Pd, dunque, affronterà balcanizzato come non mai.
Ed è da tutte queste scelte incomprensibili e dai deludenti risultati ottenuti dalla sua giunta che deriva la debolezza del governatore e del governo regionale. Non certo da un fantomatico sondaggio, la cui origine è avvolta nel mistero, che non avrebbe meritato neanche un secondo di attenzione da un governo regionale in salute. E che, invece, è stato motivo di una vera e propria levata di scudi da parte del centrosinistra e del Pd che, con la reazione scomposta, ne stanno legittimando i risultati.
C’è da riordinare le idee in fretta, insomma, in casa democrat. E sperare che l’esito del referendum consenta di avere una seconda occasione. Perché fin qui, sondaggio o meno, il governo della Calabria è stato assolutamente deficitario e largamente al di sotto delle aspettative e degli stessi annunci inseriti nel programma.
Riccardo Tripepi