Il primo dato politico è che il centrodestra di Occhiuto, dopo il passo falso (con brutta figura annessa) della scorsa settimana, si è ricompattato per far nascere l’Authority acqua-rifiuti, una delle riforme simbolo di questa prima parte di legislatura.

Il secondo è che l’unità del centrosinistra è durata lo spazio di un weekend pasquale. Mercoledì scorso, giorno del mancato voto sull’Ato unico, l’opposizione si era assestata sul no convinto al testo ed era riuscita a farlo slittare dopo aver invocato il rispetto dello Statuto, che per l’approvazione di provvedimenti di questo tipo richiede la maggioranza dei due terzi dell’assemblea (21 voti).

Il centrosinistra perde pezzi

Ieri, invece, il centrosinistra ha perso un pezzo, e che pezzo: il Movimento 5 Stelle. E mentre a Roma il Pd sogna l’alleanza giallorossa per le prossime Politiche, in Calabria i pentastellati «inciuciano» – come dice un dem di Palazzo Campanella – con il centrodestra.

Davide Tavernise, capogruppo, e Francesco Afflitto, presidente della commissione di Vigilanza, non solo hanno votato in modo diverso dal resto dell’opposizione, ma sono perfino riusciti ad avere posizioni diverse tra loro. Tavernise si è astenuto, Afflitto ha votato a favore, di fatto ingrossando le fila della maggioranza. Tant’è che Occhiuto, a seduta conclusa, ha avuto gioco facile nell’etichettare come una «vittoria di Pirro» la mossa statutaria della minoranza e nel sottolineare, non senza una certa malizia politica, di aver ottenuto 22 voti anziché i necessari 21.

Il caso Afflitto

Quella preferenza in più è proprio quella di Afflitto, che ora deve guardarsi dal fuoco di fila dei consiglieri della sua – ora presunta – coalizione di appartenenza. Il punto è proprio questo, dal momento che per Pd, Dema e per la stessa ex candidata presidente, Amalia Bruni, sta per diventare certezza quello che finora era stato solo un dubbio: che Afflitto sia un componente effettivo del centrodestra o, nella interpretazione più benevola, una sorta di quinta colonna di Occhiuto nella minoranza.

Il voto di ieri è stato una specie di spartiacque, al punto che diversi consiglieri avrebbero già avviato una discussione per trovare il modo di mettere in mora il capo della Vigilanza, organo di controllo che, per prassi, tocca all’opposizione.

L’ultimo voto di Afflitto avrebbe fatto saltare uno schema istituzionale collaudato e spinto Pd e Dema a ragionare bene sulle prossime mosse. Per adesso l’idea più diffusa è quella di presentare un documento politico per rinnegare l’attuale presidente e rivendicare quella postazione per un consigliere d’opposizione di chiara fede.

Armi spuntate

I dem e il gruppo De Magistris sanno di brandire armi spuntate: sia perché il nuovo voto sui presidenti del Consiglio e delle commissioni è previsto per metà legislatura, sia perché non possono obbligare Afflitto a dimettersi, tanto più che – questo è il sospetto – anche una sorta di “sfiducia” in aula potrebbe essere neutralizzata dal soccorso del centrodestra.

Nella minoranza, in definitiva, non hanno dubbi sul fatto che il consigliere crotonese giochi nel campo di Occhiuto. Certe dinamiche le svelerebbero alcuni dettagli. Ieri, ad esempio, dopo l’attacco di Antonio Lo Schiavo – che ha anche paventato le sue dimissioni dalla Vigilanza –, Afflitto è stato prontamente difeso da Pasqualina Straface, forzista e segretaria della commissione. La consigliera di maggioranza, oltre a riconoscere ad Afflitto «responsabilità istituzionale» per il sì alla riforma, ha anche ribadito il «proficuo lavoro» svolto finora dalla Vigilanza.

«Straface – commentano con sarcasmo dalla minoranza – ha le sue buone ragioni per difendere Afflitto. Oggi, di fatto, è lei a guidare la commissione».

Contro Tavernise

Se nel centrosinistra sono dunque partite le manovre per tentare un (difficile) cambio ai vertici della commissione di controllo, non meno forti sono le lamentele all’indirizzo dell’altro grillino disallineato.

Tavernise, astenendosi, ha in qualche modo salvato le apparenze. Ma nel suo schieramento molti sono convinti che, se a Occhiuto fossero mancati i numeri, il capogruppo dei 5 stelle sarebbe stato pronto a dare il suo voto favorevole alla riforma.

Insomma, nella migliore delle ipotesi Tavernise viene dipinto come un capogruppo incapace di mantenere una linea politica univoca; nella peggiore è accusato di «intelligenza con il nemico».

I sospetti

«Non prendiamoci in giro: Tavernise e Afflitto sono in contatto costante con Occhiuto. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti», spiega un consigliere del Pd. Un altro la butta sull’ironia: «Fino a 6 giorni fa il M5S era con noi sulla linea del no, ora hanno cambiato idea. Per loro, evidentemente, è stata una Pasqua di passione…».

Il caso potrebbe avere effetti anche lontano dal Consiglio regionale. Pare infatti che più di un parlamentare 5 stelle abbia espresso imbarazzo per le posizioni del gruppo regionale e, in particolare, per quelle di Afflitto.