Il segretario della Cgil parla di pericolo desertificazione per il Sud e dei rischi collegati a sanità e istruzione dopo il Sì alla riforma Calderoli. Poi definisce tardivo il pentimento di Occhiuto e sottolinea il buon andamento della raccolta di firme sul referendum
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La petizione per il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata sta andando oltre ogni aspettativa. A dirlo è Angelo Sposato, segretario generale della Cgil Calabria. Difficile però quantificare il numero di firme raggiunte perché, dice il sindacalista, «sono decine le associazioni che stanno allestendo banchetti un po’ in tutta la Calabria, se ne organizzano decine ogni giorno, naturalmente tutte sotto le insegne del coordinamento. Fra una quindicina di giorni dovremmo fare il primo punto, ma dal mio osservatorio dico che sono in tantissimi a telefonare o mandare mail nelle sedi della Cgil per chiedere dove firmare».
Poi c’è la petizione online...
«Anche lì i risultati sono sorprendenti. In pochi giorni in Italia siamo arrivati a oltre 350mila firme. Non conosco il dato preciso della Calabria, ma so che siamo fra le prime regioni in rapporto alla popolazione. Almeno questo è un dato che mi hanno dato quattro giorni fa».
C’è il rischio però che questa battaglia interessi solo al Sud…
«Se i cittadini del Nord pensano questo fanno un errore perché questa è una battaglia che deve unire tutto il Paese. Non penso che al Nord convenga chiudersi in tanti staterelli per vincere la sfida della globalizzazione. Francia e Germania che hanno acquisito diverse aziende italiane e prima davano commesse sulla componentistica alle piccole aziende del Nord. Adesso, attraversate anche loro dalla crisi, stanno internalizzando la produzione dei componenti. Ci sono degli asset strategici italiani che sono stati svenduti ad aziende estere come le Telecomunicazioni, le Poste o l’energia. Potrei continuare a lungo. Mi limito a dire che il nostro Paese è debole economicamente. A che serve dividerlo in venti pezzi? Che tipo di reazione alla globalizzazione potremmo avere?».
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Ma a voi della Cgil cosa preoccupa in particolare dell’autonomia differenziata?
«Due sono gli aspetti principali: scuola e sanità. Sulla scuola potremmo avere venti sistemi scolastici diversi, venti sistemi contrattuali diversi con le regioni più ricche che incentivano ad andare a insegnare o lavorare lì. Del resto il ministro Valditara ha iniziato a parlare di gabbie salariali».
Potrebbe succedere il contrario ovvero il protezionismo: in Veneto, per esempio, insegna solo chi è residente lì da un tot di anni…
«Potrebbero, in fondo è l’ottica leghista della secessione. Ma non lo faranno perché il loro problema è la carenza di capitale umano. Tornando alla sanità, invece, il rischio potrebbe essere questo continuo sversamento dalla sanità pubblica a quella privata accreditata. Non solo di risorse umane, ma anche di pazienti a causa della lunghezza delle liste di attesa. Ma se il privato non sarà più accreditato è chiaro che i pensionati, i pazienti andranno lo stesso a pagamento. Anche qui il meccanismo salariale che vale per i docenti varrà per i medici e questo aumenterà la migrazione sanitaria visto che in Calabria ci sarà un deserto di servizi. Poi magari alcune regioni imporranno anche un super ticket per chi viene da fuori».
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Altri pericoli che intravede per il Sud?
«Il Sud è schiacciato da tre fenomeni: l'autonomia differenziata, l’andamento demografico e l’emigrazione giovanile. Un tris potenzialmente mortale. Di questo la politica regionale non si è accorta. Occhiuto ha preso a cuor leggero la vicenda, è stato addirittura protagonista della venuta di Calderoli in Calabria perché sosteneva che non siamo inferiori a nessuno, senza sapere le intenzioni vere di Calderoli. Adesso questo suo pentimento è tardivo e soprattutto nato sull’onda dell’indignazione popolare per non dire del calcolo politico».
Il governatore ha sempre detto “No money, no party”...
«Mentre diceva così intanto la legge è partita e di money per i Lep non ce ne sono. Alcune regioni hanno già avanzato richiesta di autonomia su materie non Lep escludendo il Parlamento, visto che le contratteranno direttamente con il Consiglio dei Ministri e questo è un altro vulnus costituzionale. Se davvero Occhiuto si è pentito, porti avanti la richiesta di referendum».
Ha chiesto una moratoria…
«Moratoria significa differimento, slittamento degli effetti di una legge che è già in vigore, che senso ha?».
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Senta, qualcuno dice che questa battaglia sia politicizzata.
«Non è così perché come dimostra la raccolta firme è una questione che sta andando oltre i partiti, è radicata nella gente che è davvero spaventata dagli effetti della Calderoli. Ovviamente tutto questo dovrebbe indurre il governo ad una riflessione, la luna di miele è finita. La gente è stanca, come dimostrano le elezioni in Francia e Inghilterra, di questa deriva a destra del Paese che si concretizza nell’occupazione dell’informazione pubblica, nella limitazione del diritto al dissenso, in una politica estera che ci ha portati all’isolamento internazionale. Io credo che intorno a questo tema si stia creando un vasto fronte popolare che va al di là dei partiti».
Se dovesse andar male? Sarebbe la pietra tombale sulla vicenda…
«Certo, capisco che non è facile perché dobbiamo raggiungere i 25 milioni di votanti per il quorum e 13 milioni di Sì. Cifre molto alte. Ma la pietra tombale l’ha messa il Parlamento approvando nottetempo la legge. Adesso il referendum è tutto quello che si può fare. Vorrei quindi invitare tutti ad andare a votare, ricordando che i quesiti saranno cinque: quello sull’autonomia differenziata e altri quattro per abolire le leggi che rendono precario il lavoro per i quali la Cgil ha raccolto 4 milioni di firme. Sono due grandi battaglie di civiltà attraverso le quali il Sud può riscattarsi del referendum del ‘46 quando scelse la Monarchia anziché la Repubblica. Questa è la nuova grande occasione per difendere l’Italia e la Costituzione».