La presidente del consiglio Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano hanno ricevuto un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in merito alla vicenda del rimpatrio del generale libico Almasri. Il procedimento che ha portato la Procura di Roma all'iscrizione nel registro degli indagati della premier e dei ministri nasce da un esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti.

La notizia ha suscitato scalpore sui media e sui social e molte sono state le manifestazioni di solidarietà. Tra questi anche il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che, in una nota, afferma: «Pochi giorni fa il primo via libera del Parlamento alla separazione delle carriere dei magistrati e oggi arriva una notizia sorprendente che riporta nelle prime pagine dei giornali il tema della politicizzazione della giustizia. Sono quantomeno sospetti gli avvisi di garanzia recapitati al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al sottosegretario Alfredo Mantovano, e ai ministri Piantedosi e Nordio, ai quali esprimo la mia sincera solidarietà. Un cortocircuito tutto italico che - in questo caso prendendo a pretesto la vicenda del libico Almasri - si ripropone puntualmente e periodicamente nella complessa storia del nostro Paese».

Come ci si poteva aspettare è arrivato puntuale il commento di Matteo Salvini: «Giorgia Meloni indagata per il rimpatrio del libico Almasri, avvisi di garanzia per il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio. Vergogna, vergogna, vergogna. Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra. Riforma della Giustizia, subito!».

Anche il leader di Forza Italia Antonio Tajani esprime la sua solidarietà: «Sono dalla parte di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, di Nordio e di Mantovano. Difendo la separazione dei poteri e condanno scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia».

Carlo Calenda definisce la vicenda «surreale». Il leader di Azione: «Su Almasri il governo italiano ha combinato un disastro, raccontando un mare di balle agli italiani. Dopodiché che un presidente del Consiglio venga indagato per un atto che risponde evidentemente ad una "ragione di Stato" (mai ammessa) e' surreale e non accadrebbe in nessun altro Paese occidentale. Si saldano così due errori e si riacutizza lo scontro tra poteri dello Stato. Non un bello spettacolo».

Mentre Matteo Renzi viaggia controcorrente: «La scelta di rimpatriare il criminale libico è una scelta politicamente sbagliata, compiuta da Giorgia Meloni e da questo Governo. Sono stato tra i primi a definirla, in Aula, una follia. Penso che sia un errore clamoroso e marchiano sotto il profilo POLITICO. Sul punto di vista giudiziario, invece, non mi esprimo. Non tocca a me giudicare e sono sinceramente garantista. Quindi non faremo a Giorgia Meloni quello che lei ha fatto a noi e alle nostre famiglie. Per noi la Presidente del Consiglio è innocente come chiunque è innocente fino a sentenza passata in giudicato. Noi non attacchiamo sul piano giudiziario: noi facciamo politica. E ho l'impressione che Giorgia Meloni voglia cavalcare questo avviso di garanzia - che è un atto dovuto - per alimentare il suo naturale vittimismo. La gestione della vicenda Almasri per noi non è un crimine: è peggio, è un errore.