Il tema dell’immigrazione è tornato prepotentemente nel dibattito politico italiano. Ciò a causa dell’esposto che la premier Giorgia Meloni ha presentato alla Direzione Nazionale Antimafia sui dati che non tornano relativi al Decreto Flussi. Il governo ha scoperto che esiste uno scarto eccessivo tra il numero di ingressi in Italia per motivi di lavoro e i contratti che vengono poi effettivamente stipulati e ipotizza lo zampino della criminalità. Il caso più eclatante viene dalla Campania dove sono state presentate da parte delle aziende del settore turistico e agricolo 157.000 domande, ma alla fine i contratti sottoscritti si sono limitati a uno scarso 3%. Tanto basta per immaginare un mercato nero di contratti fantasma che secondo alcuni stime vengono pagate dagli immigrati anche 15.000 euro. Un business, insomma, che fa molta gola alle varie organizzazioni criminali.

In molti però vedono come propaganda il gesto della premier. Innanzitutto perché la Dna non ha certo compiti inquirenti, ma solo di coordinamento e controllo. Secondariamente perché esistono, anche in Calabria, inchieste da parte di varie Procure sul fenomeno. Fenomeno che non è certo nuovo, visto che associazioni come ActionAid lo denunciano da tempo e lo hanno anche descritto nel rapporto “Ero straniero”. Ci si chiede allora perché la Meloni abbia deciso di denunciare proprio ora il fenomeno e soprattutto abbia virato rispetto alle ricette massimaliste di qualche tempo fa quando parlava di cose come blocco navale. Il punto è che il sistema produttivo italiano preme, ha bisogno di manodopera che in Italia al momento non si trova e la Meloni ha capito l’importanza della partita. Non a caso la pianificazione dei fabbisogni, stabiliti nel Decreto Flussi (ovvero di quanti stranieri ha bisogno il sistema produttivo italiano) è passata da annuale a triennale con quote sempre crescenti e, soprattutto, la gestione del fenomeno è stato avocata alla Presidenza del Consiglio.

Ovviamente la premier non ha rinunciato alla visione della migrazione come problema di sicurezza e ordine pubblico e oggi è andata in Albania per visitare l'hotspot per migranti a Shengjin. L’idea è partire da mille posti per arrivare a tremila nei due centri albanesi che saranno operativi dal primo agosto e dove saranno trasbordati i migranti oggi a Lampedusa. 

Immancabile la polemica sui costi dell’operazione che dovrebbe aggirarsi intorno agli 800 milioni di euro che, secondo la Schlein, poteva essere investito su sanità e istruzione.

Al netto però degli accordi con l’Albania, resta la questione di come gestire il flusso dei migranti in Italia. «Meloni si accorge dopo due anni che il decreto flussi non funziona. Eppure lo ha sbandierato come la soluzione al problema dell’immigrazione irregolare - ha commentato la calabrese Vittoria Baldino, vicecapogruppo alla Camera del M5s -  Da tempo diciamo che il decreto flussi non funziona perché è semplicemente una sanatoria per i migranti già presenti nel nostro Paese. Vogliamo fermare la migrazione irregolare? Serve cancellare la legge Bossi Fini e tutto quello che è di ostacolo all’ingresso regolare dei migranti. Dopo quasi due anni di governo Meloni possiamo tracciare un bilancio: ci troviamo di fronte ad un governo che ha investito tutto sulla propaganda della politica migratoria e si è rivelato tutto un totale fallimento. Il governo Meloni ha persino introdotto lo stato di emergenza per la gestione delle politiche migratorie, fallendo miseramente». 

Eppure la questione è molto complessa perché questi lavoratori sono fondamentali per il nostro sistema produttivo ed anche per i servizi alle persona che vengono ormai svolti quasi esclusivamente da loro.