La scissione di Di Maio potrebbe essere solo l'inizio di una fuga di massa. L'ex premier potrebbe pretendere le restituzioni sospese. Provocando la fuoriuscita di altri eletti (ASCOLTA L'AUDIO)
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La scissione dei dimaiani ha terremotato il Movimento 5 Stelle, ma il peggio, per Giuseppe Conte, forse deve ancora venire. Tra i parlamentari grillini rimasti, inclusi i 9 calabresi, l'ansia cresce di giorno in giorno, perché tutti sanno che, presto o tardi, arriverà il momento di regolare i conti.
Non è una metafora: l'ex premier, subito dopo le Amministrative e l'eventuale votazione della base sul doppio mandato, dovrà digitare la combinazione per verificare quanti soldi sono rimasti nella cassaforte del Movimento e quanti ne dovranno entrare per affrontare nel migliore dei modi i mesi che mancano da qui alle Politiche del 2023.
Soldi e dubbi
Una situazione economica preoccupante potrebbe spingere Conte a chiedere nuovi sforzi economici ai suoi parlamentari, ed è a quel punto che la galassia grillina correrà il rischio di andare in frantumi. Con effetti anche in Calabria, dove molti di coloro che hanno resistito alle sirene di Di Maio – che finora ha convinto solo la sottosegretaria Nesci e il deputato d'Ippolito – potrebbero decidere di saltare il fosso pur di non mettere mano, ancora una volta, al portafogli.
Diversi parlamentari calabresi – raccontano fonti informate del Movimento – sono rimasti con Conte dopo un lungo travaglio interiore, ma continuano comunque a nutrire dubbi e a guardarsi intorno in cerca di collocazioni più rassicuranti. La loro permanenza nel M5S è insomma tutto fuorché definitiva.
Le ragioni dei dimaiani
L’appoggio acritico al Governo Draghi, l’atlantismo oltranzista, il sì alla Nato e il no a qualsiasi discussione sull’invio delle armi in Ucraina, sono alcune delle ragioni politiche alla base dell’addio dei 62 parlamentari che hanno dato vita ai nuovi gruppi di Insieme per il futuro. Da considerare, poi, le ragioni di opportunità: i dimaiani si sono mossi in anticipo per evitare di finire falcidiati dalla regola del doppio mandato, brandita da Conte e blindata da Beppe Grillo («qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti»).
Ma la fuga potrebbe continuare nei prossimi mesi, quando il presidente pentastellato sarà giocoforza costretto a tirare le somme anche dal punto di vista finanziario.
I fondi
In attesa dei fondi del 2xmille – il M5S è stato riconosciuto come partito solo lo scorso aprile – l’ex premier dovrà trovare le economie necessarie per strutturare il Movimento nei territori – step fondamentale alla luce dei deludenti risultati delle Amministrative – e per allestire la campagna elettorale per le Politiche. Senza contare gli oltre 200mila euro che devono essere versati ogni anno al fondatore Grillo per gestire la comunicazione della sua creatura politica.
Tirendiconto addio
Impossibile verificare lo stato di salute economica dei 5 stelle. Anche perché il sito Tirendiconto.it, dove venivano riportati rimborsi, indennità, restituzioni, spese e fatture degli eletti, ha chiuso i battenti nell'estate del 2021, dopo il divorzio dall'associazione Rousseau di Davide Casaleggio.
Il partito di Conte aveva assicurato che i versamenti degli eletti sarebbero continuati (1.500 «per la collettività» e altri mille per il Movimento e il «mantenimento delle piattaforme tecnologiche»), ma oggi la procedura è necessariamente meno trasparente.
Già in passato, malgrado l'operatività del sito, molti parlamentari grillini avevano omesso di restituire quanto stabilito, alcuni ricorrendo a un trucchetto: pubblicavano le copie di bonifici che poi venivano subito annullati.
Una pratica da furbetti che aveva fatto insorgere l'allora grillino duro e puro Di Maio: «Non permetteremo a nessuno di inficiare il nome del M5S. Le mele marce le trovo e le metto fuori. Se non rinunci ai privilegi sei fuori, ma anche se cambi casacca sei fuori». Parole che oggi risuonano beffarde. Il punto vero, tuttavia, è che adesso i parlamentari morosi non rischiano neppure la gogna pubblica, con conseguenze più che prevedibili sull'effettiva corresponsione di quote e restituzioni.
Verso le Politiche
Nell'anno decisivo per le sorti dei 5 stelle, Conte potrebbe perciò optare per un giro di vite che costringerebbe i parlamentari a saldare arretrati che in certi casi ammontano a svariate decine di migliaia di euro.
I fedelissimi di Conte, quei (pochi) certi di una candidatura in posizione utile alle prossime elezioni – tra cui il nuovo referente calabrese, Massimo Misiti – non dovrebbero avere problemi ad accettare richieste di questo tipo.
Discorso diverso, invece, per tutti gli altri, tra cui quelli che non hanno abbandonato il Movimento seppur lacerati da mille dubbi e potendo contare su rapporti blandi, per non dire nulli, con Conte.
A loro toccherebbe scucire tutte le indennità e le restituzioni mancanti, nonché buona parte del «trattamento di fine rapporto» (secondo le regole interne, deputati e senatori possono tenere fino a un massimo di 15mila euro per 60 mesi di mandato).
Si tratterebbe quindi di sborsare una montagna di soldi pur di rimanere in un partito in costante calo di consensi (oggi è intorno al 12%) e che – anche per via della probabile alleanza col campo progressista, all'interno del quale dovranno essere ripartiti i collegi – non è in grado di assicurare alcuna candidatura blindata.
Il tutto in un contesto regionale che prevede l'elezione di soli 19 parlamentari, a fronte dei 30 attuali, così come stabilito dalla riforma costituzionale voluta proprio dal Movimento.
«Per adesso – spiega un militante calabrese della prima ora – gli indecisi stanno fermi in attesa di capire quel che avverrà. Ma se Conte dovesse chiedere altri sforzi economici, i cancelli del Movimento si riapriranno».
Il gruppo di Di Maio diverrebbe uno degli approdi privilegiati, ma non sarebbe l'unica meta dei fuoriusciti. Tutta gente che avrà bisogno di tempo per tornare a orientarsi. Come i terremotati.