Qualcosa che forse non si era mai vista prima. L’atteso consiglio comunale straordinario di Rendesi è tenuto regolarmente, ma senza l’infuocata discussione relativa alle inchieste che hanno decimato il municipio e rallentato la macchina amministrativa. L’avevano richiesto dieci consiglieri, tra cui due eletti a sostegno di Marcello Manna (Superbo e Bonanno, ndr), che hanno consegnato al presidente Gaetano Morrone un documento da leggere così da dare il via al dibattito. 

Ma questo a loro avviso. Perché nessuno della maggioranza, che per un’ora aveva messo a punto una strategia a riguardo, ha prenotato un intervento. Il temporeggiare dei rappresentanti della minoranza ha fornito l’assist allo stesso Morrone per sciogliere la seduta tra lo stupore generale. Il gesto eclatante ha suscitato l’indignazione dell’opposizione che ha convocato un’immediata conferenza stampa. I toni usati non sono stati teneri. 

Principe, Talarico e Cuzzocrea infuriati

Pur ammettendo di aver cincischiato troppo, Sandro Principe, Mimmo Talarico e Andrea Cuzzocrea hanno stigmatizzato il comportamento tenuto da chi a loro dire avrebbe dovuto essere super partes. «Aggiunta vergogna su vergona» hanno tuonato, rimarcando che è stata negata loro la possibilità di andare al voto, esercizio che nel caso si erano riservati di valutare a margine delle consuete dichiarazioni. Tutto ciò era stato concordato nella conferenza dei capigruppo. 

«Il comportamento di Morrone va stigmatizzato perché autore di un atto incomprensibile - ha detto Principe -. Mentre stavo per chiedere la parola, si è alzato andando via voltandomi le spalle. Lo scioglimento volontario del comune è la soluzione da noi auspicata. La politica non esiste più, pertanto la parola deve tornare quanto prima agli elettori. Volevamo spiegare queste ragioni, ma non ci è stato concesso. Le nostre dimissioni? Sono cristallizzate da un notaio, diventeranno operative quando a noi dieci si aggiungeranno altri tre».

Talarico e Cuzzocrea hanno quindi tuonato: «Si tratta di un fatto gravissimo che offende un’intera comunità. L’azione portata avanti dal presidente del consiglio comunale non è contro di noi, ma contro la città di Rende e la sua cultura democratica. Il titolo di oggi è “nessuno deve sapere”,bisogna vivere nell’omertà».  

Indignazione acuita dal Psc approvato in giunta

Ad accentuare lo scontro tra le opposte fazioni, francamente solo accennato e mai andato in scena, è la delibera con cui la giunta ha approvato il PscLa squadra di governo di Marcello Mannane ha dato comunicazione agli organi di stampa a consiglio comunale in corso. La particolarità, non si sa se voluta o meno, è la quasi concomitanza all’intervento di Sandro Principe a margine della relazione dell’ingegnere Azzato sul tema “Autorità rifiuti e risorse idriche della Calabria”. L’ex sindaco aveva auspicato che non ci fossero fughe in avanti, ma il dato era ormai tratto. La stessa minoranza ha preso atto della decisione degli assessori dagli organi di stampa. «E’ un atto irresponsabile, andrà fatta una battaglia ferocissima affinché non passi» ha chiuso Principe. 

La replica della maggioranza

I consiglieri fedeli a Marcello Manna hanno replicato nel pomeriggio. «Una pagina di alta politica quella che abbiamo avuto l’onore di sfogliare durante quello che si preannunciava un consiglio comunale infuocato - hanno commentato -. Una pagina riassumibile in una frase proverbiale: Armiamoci e partite. É esattamente questa la triste scena cui hanno assistito increduli i cittadini e le cittadine di Rende stamane. Con molta probabilità abbiamo sopravvalutato l’avversario senza valutare con logica e raziocinio che non era poi così fantasioso pensare ad un esito tanto infausto». 

«I consiglieri Beltrano, Bonanno, Cuzzocrea, De Rose, Monaco, Morrone, Pulicani, Principe, Superbo e Talarico hanno stilato un documento in cui minacciavano le proprie dimissioni chiedendo di inserirlo all’ordine del giorno nel Consiglio Comunale odierno. Poi, improvvisamente, durante il tanto atteso Consiglio il o i promotori del golpe decidono di sottrarsi ai rischi dell’azione promossa o perorata esortando i più giovani a combattere. Nulla di fatto dinanzi alla possibilità di colpire l’avversario pubblicamente e non attraverso i social o a mezzo stampa nessuno alza la mano. Insomma - hanno chiosato -  tanto rumore per nulla».