Oh Signur. Questo centrodestra sembra un centrosinistra qualsiasi: litigioso, infingardo, voltagabbana. A mettere in fila cosa è successo nelle ultime 48 ore, cominciando con Berlusconi costretto a cospargersi il capo di cenere e arrivare claudicante in via della Scrofa per dare un riscontro visivo della sua sottomissione politica a Giorgia Meloni, si rischia di perdere l’orientamento tra fatti e suggestioni politiche.

Tanto più che lo stesso Berlusconi, a distanza di poche ore, si è scosso la cenere dal crine immobile e nero come la notte, e ha ricominciato, come il conte Ugolino, a rosicchiare il cranio della presidente del Consiglio in pectore, Meloni appunto. Forse l’unica che non ci ha mai creduto a un sincero ravvedimento del Signore di Arcore, che probabilmente conosce fin troppo bene.

Ma una cosa è certa: era dai tempi del «ciarpame senza pudore per il potere» che una donna non metteva in tale difficoltà il Cavaliere. Quando nel 2009, Veronica Lario, allora ancora moglie del Re di cuori, si scagliò contro le "olgettine" in politica, il “ciarpame senza pudore per il potere” di cui sopra, ci si rese conto che anche Berlusconi, come qualunque altro uomo, non era al riparo dalla rabbia delle donne, che quando si scatena non fa prigionieri.

Le ultime 48 ore non sono state affatto facili per il Cavaliere. Innanzitutto, dopo la débacle al Senato in occasione dell’elezione di Ignazio La Russa, ha dovuto accettare di essere lui a muoversi per raggiungere la sede nazionale di Fratelli d’Italia, mettendo fine ad Arcore capitale del centrodestra.

L’unico sfizio che si è preso è stato quello di arrivare con quasi 40 minuti di ritardo, ma è stata una magra consolazione, come hanno documentato centinaia di obiettivi puntati sull’androne del palazzo di via della Scrofa, che hanno rivelato volti tesi e sorrisi appena accennati. Un incontro brevissimo quello con la Meloni, nonostante sul tavolo ci fossero questioni cruciali per il nuovo governo e per la Legislatura appena iniziata. Appena un’ora per chiedere scusa (si fa per dire) e affermare che la famosa lista di difetti fotografata in Senato («Giorgia è supponente, prepotente, arrogante e offensiva») erano solo appunti presi mentre parlavano i suoi parlamentari. Poi ha apparentemente ceduto le armi e ha presentato una lista di nomi di possibili ministri forzisti: «Ecco, ora decidi tu».

Ma era un bluff. L’ennesimo. Neppure il tempo di far sedimentare la (presunta) svolta epocale del Cav sottomesso, che tutto è cambiato di nuovo, e Berlusconi ha ricominciato a minare il campo del centrodestra con una serie di dichiarazioni che hanno reso chiara la distanza forse ormai incolmabile che divide il «fondatore del centrodestra», come si definisce, dalla postfascista che ha vinto le elezioni.

Questione numero uno, Berlusconi: «Casellati sarà ministro della Giustizia, c’è l’accordo con Meloni». A chi gli fa notare che Meloni in quella postazione vuole l’ex magistrato Carlo Nordio, il Cav risponde serafico: «Meloni ha suggerito Nordio… che è bravissimo… magari ti convinci che è la scelta giusta, mi ha detto, ma io sono già convinto che la scelta giusta è Casellati perché conosco le cose che ci sono da fare per la riforma della giustizia». Insomma, un casino. Confusione aggravata dal fatto che Nordio è un ipergarantista, un profilo assolutamente coincidente con le aspettative di riforma di Berlusconi. Ma non è il “suo” ministro, quello che ha scelto e che, eventualmente, può indirizzare con una semplice telefonata quando serve.

Questione numero due, Berlusconi: «Ho riallacciato i rapporti con Putin. Per il mio compleanno mi ha mandato 20 bottiglie di vodka e un biglietto dolcissimo. Ho ricambiato con 20 bottiglie di lambrusco un un biglietto altrettanto dolce». Frase ripresa e rilanciata dall’Ansa, che cita anche un’audio pubblicato in esclusiva da LePresse, scatenando il panico nella compagine di centrodestra che cerca in tutti i modi di accreditarsi senza riserve come atlantista e anti putiniana. Puntuale arriva la smentita da suo entourage: «Non avete capito niente, si riferiva a un vecchio episodio del 2008». Ma non ci crede nessuno. Sipario, applausi e fischi, fine del secondo atto.

In attesa che oggi il drappo si sollevi di nuovo e il Cavaliere torni alla ribalta della scena con il suo sorriso da caimano, le parole ambigue e le sue ambizioni di comando che non accetta possano essere inibite da nessuno, figuriamoci da una donna, non resta che aspettare e prendere atto che Sua Emittenza, anche nell’angolo, continua a dare le carte per costringerli tutti a giocare al gioco che decide lui.