Il consigliere regionale lascia il gruppo DeMa per approdare nel misto: «De Magistris ha fondato oggi un partito nazionale che dice mai coi dem e coi 5 Stelle. Io invece intendo fare l’esatto contrario»
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«Il dibattito nazionale nel Pd non mi appassiona. La scelta fra Bonaccini e la Schlein mi pare si stia riducendo nei soliti riposizionamenti delle correnti». Antonio Lo Schiavo non rinnega certo la sua storia politica, tutta consumata a sinistra, ma spiega a chiare lettere perchè, pur avendo deciso di lasciare il gruppo DeMa, ha preferito confluire nel misto piuttosto che aderire ai dem. Un passaggio politico di rilievo che dimostra come sia decisamente calato l’appeal del Pd.
«Il senso di questa mia decisione risiede tutta nel fatto che mi sentivo stretto nell’esperienza di De Magistris - spiega il notaio - Esperienza che certamente non rinnego perchè è nata come reazione all’inerzia del gruppo dirigente del Pd che alle scorse regionali ha giocato a perdere. I calabresi hanno colto il nostro messaggio politico, lusingandoci con 130mila voti. Ma ritengo che quell’esperienza, dal mio punto di vista, vada superata perchè in politica non può esserci l'autosufficienza. De Magistris ha fondato oggi un partito nazionale “Unione popolare” che dice mai col Pd, mai coi 5 Stelle. Io invece intendo fare l’esatto contrario ovvero pungolare entrambi per costruire il famoso campo largo. Lo sto facendo in consiglio, ma anche sui territori dove ho riunito attorno a un tavolo Cersosimo, Mammoliti, Tucci in un dibattito a Vibo. Dobbiamo avere un campo che sia realmente alternativo a questo centrodestra perchè se c’è una cosa che ci hanno insegnato sia le regionali sia le Politiche è che il centrosinistra se non si unisce ha già perso».
Un obiettivo ambizioso quello di Lo Schiavo, che ricorda un po’ quanto sosteneva Amalia Bruni un anno fa in campagna elettorale ovvero la volontà di essere il perno su cui costruire una nuova coalizione progressista. Sul punto non si è fatto molto anche perchè sembra essere venuta meno proprio la polpa della coalizione ovvero il Pd e dei dirigenti nazionali che circondavano la Bruni in quel periodo si sono persi le tracce. Se molto si muove nel campo progressista, infatti, nel Pd di nuovo c’è solo l’ennesimo congresso che si sta risolvendo nel vecchio gioco del riposizionamento dei gruppi dirigenti su questo o quel candidato alla segreteria. In Calabria la situazione, sotto certi aspetti, è molto peggio. Il tesseramento si chiuderà il 31 dicembre, ma i dati ufficiosi che circolano in queste ore sono preoccupanti e parlano di un calo vertiginoso degli iscritti. In provincia di Reggio Calabria più di un congresso di circolo è finito a carte bollate mentre a Cosenza all’ultima riunione dei segretari di circolo si sono ritrovati fra pochi intimi.
Effetti di un percorso congressuale che sembra l’ennesima mortificazione per i tanti iscritti e segretari di circolo che non rinunciano alla loro passione nonostante hanno dovuto ingoiare scelte che li hanno marginalizzati dalle decisioni e privati di uno straccio di iniziativa politica.
Un quadro che fa temere il peggio per il partito perchè come dicevamo molto si muove a sinistra. C’è Conte che intervista in piazza i percettori del reddito di cittadinanza e va a vedere la Prima della Scala nella sala dell’Opera Cardinal Ferrari a Milano, struttura che dal 1921 assiste indigenti e senza tetto. Ma c’è anche altro che si muove. Ad esempio “Coordinamento 2050” che ha l’obiettivo di far partire un cantiere per “un polo progressista”. E alla base ci sono il sostegno a Giuseppe Conte, anche lui presente all’evento, e il dialogo con il Movimento 5 stelle. Tra i sottoscrittori della lettera ci sono alcuni volti noti a sinistra: Stefano Fassina, Loredana De Petris, Alfonso Pecoraro Scanio, Eugenio Mazzarella, Claudio Grassi, Pina Fasciani, Paolo Cento e Maurizio Brotini. Alla prima assemblea che ha visto la partecipazione di circa 400 persone secondo le cronache c’era anche il nostro Lo Schiavo.
«Non solo confermo la mia partecipazione all’evento - dice - ma anche la validità delle proposte che ho ascoltato. Si tratta esattamente di ciò che sto cercando di fare in consiglio regionale ovvero far dialogare e tenere unita l’opposizione, per avere anche una prospettiva di lungo periodo ed evitare che fra quattro anni scendano due dirigenti nazionali di partito a dirci chi dobbiamo candidare e chi no». Un obiettivo ambizioso ma anche una sorta di rivoluzione copernicana nel centrosinistra in cui il Pd rischia di non essere più il perno centrale.