Il centrodestra è finito in un altro cul-de-sac. E ora, dopo il passo falso sul consigliere supplente, anche il caso scatenato dalla legge sul gioco d’azzardo sembra avere un esito già scritto: comunque vada, sarà l’ultimo insuccesso di una maggioranza che continua a collezionare figuracce.

Oggi è il giorno in cui verrà deciso il destino della norma che non solo ha fatto insorgere l’opposizione di centrosinistra – fin qui quasi accondiscendente rispetto al governo Occhiuto –, ma ha creato un vero e proprio fronte civico composto, tra gli altri, da associazioni anti-ludopatia, comunità di recupero, Anci e Conferenza episcopale calabra

La levata di scudi

Una levata di scudi decisa – per certi versi inaspettata – che ha scaraventato nel caos una maggioranza che ormai riesce a nascondere a fatica tensioni e malumori interni. 

Così, dopo il passo indietro di Simona Loizzo e di Fratelli d’Italia (tramite la commissaria Wanda Ferro), anche i capigruppo hanno deciso di ritirare le firme alla proposta che, modificando la legge 9 del 2018, prevedeva una sorta di deregulation nel settore del gioco, con l’introduzione del principio di discrezionalità dei sindaci sugli orari delle sale slot e una maggiore elasticità sul distanziamento dai luoghi sensibili come le scuole. 

La maggioranza, nel corso della riunione che oggi precederà la seduta del Consiglio regionale, dovrà quindi trovare un modo per uscire dal sacco. Più facile a dirsi. 

Tornare indietro? 

Tornare completamente indietro, cioè cassare definitivamente la legge, non sarebbe infatti una opzione contemplabile, perché – spiegano diversi consiglieri – «dal prossimo gennaio entrerà in vigore la legge 9 e molte attività economiche saranno costrette a chiudere a causa dei vincoli troppo stringenti in essa contenuti».

Potrebbe non avere successo nemmeno l’emendamento di Pino Gelardi. Il consigliere leghista, pare su input del presidente dell’assemblea Filippo Mancuso, prevederebbe orari fissi per le sale slot e una distanza minima di 500 metri dalle scuole nei comuni superiori ai 5mila abitanti. Il problema è tuttavia di tipo formale, dal momento che un emendamento ha ragion d’essere solo in presenza di un testo di legge da modificare. Non sarebbe questo il caso, proprio perché il ritiro delle firme dei capigruppo determinerebbe la decadenza della proposta della discordia.

Poco male, in fondo basterebbe trasformare l’emendamento Gelardi in una pdl da portare subito in Aula. Invece, questa sarebbe una strada non percorribile, almeno a sentire i capigruppo. I quali, arrivati a questo punto, e in modo quasi provocatorio, vorrebbero seguire alla lettera le prescrizioni del governatore Roberto Occhiuto, che proprio ieri ha sentito l’esigenza di suggerire pubblicamente ai suoi consiglieri di affrontare i temi più delicati «facendoli precedere da un ciclo di audizioni» con i soggetti interessati.

Convertire l’emendamento Gelardi in una proposta di legge senza il passaggio nelle commissioni competenti auspicato da Occhiuto darebbe quindi vita a una insanabile contraddizione, peraltro facilmente interpretabile come una forzatura istituzionale.

L’ipotesi rinvio 

L’ipotesi più probabile, allora, è che, di fronte a tutti questi ostacoli, la maggioranza decida di rinviare il caso e di elaborare una nuova proposta di legge da approvare nella seduta pre-natalizia del Consiglio, quella che dovrà esaminare la manovra finanziaria della Regione.

La figuraccia del centrodestra, in ogni caso, sembra inevitabile e destinata, anche stavolta, a produrre strascichi e sommovimenti non proprio trascurabili. Anche perché in molti non hanno gradito la nuova «paternale» che Occhiuto ha rivolto alla sua maggioranza, dopo quella, mai completamente digerita, sul consigliere supplente («iniziativa non in linea con il mio modo di governare»).

Il commento di un capogruppo che chiede di restare anonimo riassume bene lo stato dell’arte: «Occhiuto continua a metterci i piedi addosso, ora basta».

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