ROMA - Si complica terribilmente il percorso della nuova legge elettorale. Il governo è pronto ad impugnare la normativa approvata di recente a maggioranza da palazzo Campanella. Decisiva la relazione dei tecnici del ministero per gli affari regionali guidato dalla calabrese Maria Carmela Lanzetta. Almeno due aspetti non convincono l’esecutivo guidato dall’ex sindaco di Firenze.

 

Dubbi di costituzionalità. Sotto accusa sono finite in primo luogo le soglie di sbarramento, fissate al 15% per le singole liste non coalizzate e al 4% per quelle coalizzate. La cosiddetta norma scaccia-grillini, finita nella giornata di ieri nel mirino di autorevoli commentatori italiani. L’altro aspetto che pone seri dubbi sulla legittimità costituzionale del provvedimento a Renzi, Lanzetta e soci è costituito dalla reintroduzione della figura del consigliere supplente, a seguito della modifica dello statuto regionale, successivo alla bocciatura da parte della Suprema Corte del precedente provvedimento legislativo che prevedeva la riduzione da 50 a 40 e non a 30 consiglieri. Per effetto di questa legge, è possibile che il consigliere regionale nominato assessore lasci lo scranno al primo dei non eletti della sua lista. 

 

Porcellissimum. La decisione del governo di impugnare la legge elettorale calabrese -  che non più tardi di ieri Gian Antonio Stella ha definito una porcatissima, parafrasando Calderoli, potremmo dire un porcellissimum  in salsa nostrana – non frena il viatico che dovrebbe portarci al voto tra la fine di ottobre e le prime due settimane di novembre prossimi per il rinnovo dell’assise di palazzo Campanella. Essa non produce infatti effetti sospensivi.   Soltanto l’astronave, a sentire illustri costituzionalisti,  potrebbe porre rimedio correggendo autonomamente le criticità rilevate. Una strada, data la contingenza, difficilmente  praticabile per un’assise ormai priva delle sue funzioni.