Alessia Bausone*
In Calabria da molti anni si è radicata quella che i giuristi chiamano “diffusa e deprecabile prassi” di modificare la legge elettorale al termine della legislatura regionale e di farlo spesso con modalità, contenuti e risultati non proprio idilliaci.

L’apice lo si è toccato nel 2014 quando la nuova legge elettorale è stata presentata e votata dopo le dimissioni di Scopelliti e del conseguente scioglimento anticipato della consiliatura. Una legge presentata dal Presidente del Consiglio Talarico il giorno stesso della seduta del Consiglio regionale dell’11 settembre 2014 e approvata direttamente in Aula, senza nemmeno far visionare il testo prima della riunione della Conferenza dei Capigruppo che si era svolta la stessa mattina e con il ritiro degli emendamenti sulla doppia preferenza di genere.

 

Questa “prassi” sarebbe dovuta cessare anche grazie alla proposta datata maggio 2017 di Wanda Ferro, Mimmo Tallini, Mario Magno e Fausto Orsomarso di istituire “una Commissione di inchiesta con il compito di svolgere un’inchiesta sull’attività amministrativa della Regione che ha portato il legislatore ad approvare la legge regionale 19 settembre 2014, n. 19 e di verificare l’adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare dell’attuale sistema elettorale calabrese all’esito della pronuncia della Corte costituzionale” che, però, rimase lettera morta.

E questo è un peccato perché la proposta contiene passaggi interessanti e quantomai attuali, come quello in cui si chiede di approfondire: «Le modalità del tutto inconsuete e i tempi (altrettanto anomali) con i quali il legislatore ha modificato la legge elettorale (i cui effetti si sono rivelati completamente differenti dagli obiettivi dichiarati), la declaratoria di parziale incostituzionalità della legge ed il fondato dubbio che vi possano essere ulteriori profili di incostituzionalità” perchè si tratta “di questione di interesse regionale e generale avente ad oggetto la legge fondamentale dei diritti democratici e la garanzia della sovranità popolare».

 

E siccome parliamo della “legge fondamentale” dell’esercizio di democrazia da parte dei calabresi, le forzature e gli arroccamenti degli attuali consiglieri regionali che oltre a creare “gruppi di lavoro per la riforma della legge elettorale” (due differenti in meno di sei mesi), lo scorso 8 marzo hanno depositato in maniera scientificamente bipartisan proposte di legge con il preciso obiettivo di sbarrare la strada all’introduzione degli strumenti di riequilibrio di genere nella legge elettorale.

Dai contatti più o meno sottotraccia e dall’esame delle proposte in essere si delinea l’ennesimo “accurduni” patrocinato dai Moderati per la Calabria, il gruppo di Antonio Scalzo, per fare un’ennesima legge elettorale incostituzionale mettendo le donne alla porta di Palazzo Campanella anche nella prossima legislatura. Ecco perché il Presidente Nicola Irto deve dichiarare irricevibili proposte atte a violare la legge nazionale, pena l’approvazione dello “Scalzellum”, la versione nostrana del Porcellum, la nota legge elettorale che ha penalizzato per un decennio la rappresentanza e l’elettorato italiano.

* esponente Pd