L‘ultima sortita pubblica del Pd calabrese può provocare effetti stranianti. Il gruppo dem in Consiglio regionale ha sparato a palle incatenate contro la legge sul consigliere supplente – che dovrebbe essere approvata già lunedì prossimo –, in quanto produrrebbe «un ingiustificato aumento delle poltrone disponibili».

I consiglieri che hanno firmato la nota al vetriolo (Bevacqua, Irto, Alecci, Mammoliti e Iacucci) dimenticano però che a moltiplicare le poltrone fu proprio il centrosinistra di Mario Oliverio, del quale il Pd era l’azionista di maggioranza.

La riforma

È il 2015 e il governatore mobilita la sua maggioranza per la riforma dello Statuto della Regione. Tre le modifiche: eliminazione della figura del “consigliere supplente”, già finita nel mirino del Governo, introduzione del “consigliere delegato” e stop al vincolo per la nomina di assessori esterni al Consiglio. È quest’ultimo il ritocco che, di fatto, aumenta i costi della politica a carico della Regione.

Perché Oliverio, dopo l’approvazione in seconda lettura della riforma (marzo 2015), da quel momento in poi ha le mani libere e non deve più sottostare al vincolo del 50% per gli assessori non eletti.

E infatti, dopo lo scoppio della Rimborsopoli calabrese, che coinvolge gli assessori (tutti del Pd) del suo primo esecutivo, il governatore vara la cosiddetta “Giunta dei professori”, un Governo composto esclusivamente da membri esterni.

Al di là dei risvolti politici – tra cui l’esclusione totale dei consiglieri eletti dall’amministrazione –, l’effetto per le casse della Regione è immediato: agli “stipendi” dei 30 consiglieri se ne aggiungono altri sette. Un costo che Oliverio avrebbe potuto evitare se solo avesse pescato i suoi assessori dal Consiglio.

Il vincolo ai membri esterni della Giunta non è mai più stato reintrodotto. E da allora il bilancio della Regione prevede retribuzioni per 37 persone, tra eletti ed esterni.

La “aumenta-poltrone”

La nuova legge del centrodestra può essere certo considerata una norma “aumenta-poltrone”, perché – prevedendo la sospensione dei consiglieri diventati assessori e l’entrata in assemblea dei primi non eletti – potenzialmente accresce gli spazi per i politici rimasti fuori dal Palazzo.

Ma, in termini assoluti, cambia poco o nulla rispetto a quanto già disposto dal centrosinistra oliveriano, visto che la nuova proposta, firmata da cinque capigruppo di maggioranza (Lega esclusa), non incrementa le poltrone disponibili, che restano sempre 37. Fonti dell’ufficio legislativo del Consiglio, peraltro, confermano che la nuova operazione «è a costo zero». L’«invarianza finanziaria» prospettata nella pdl sarebbe insomma garantita.

La responsabilità del Pd

Si può certo obiettare sulla opportunità politica di un provvedimento che punta ad accontentare il maggior numero possibile di politici, peraltro alla vigilia del rimpasto della Giunta Occhiuto; ma nel testo che a breve diventerà legge non si ravvisa alcun contrasto con «i principi di spending review», come vorrebbe suggerire il Pd. Che invece ha la sua buona parte di responsabilità per aver appesantito il bilancio della Regione dicendo sì alla riforma voluta da Oliverio.