Si scaldano, sempre di più, gli animi in Calabria sulla delicata faccenda Regionali. Una pratica mai archiviata per il centrodestra, malgrado la squillante vittoria del 2020, e i favori del pronostico anche per questa imminente tornata-bis autunnale (resasi necessaria a causa della prematura scomparsa della presidente Jole Santelli) che qualcuno vorrebbe anticipare a settembre. Lo scenario che si palesa agli addetti ai lavori è di grande confusione, perché nello schieramento dato in pole qualcosa non va. Anzi, a essere esatti, ribadiamo come non andasse già un anno e mezzo fa, considerata la volontà di Silvio Berlusconi in persona di rivendicare la scelta del candidato a governatore che deve dunque necessariamente essere un esponente di Forza Italia. Decisione che ha creato una serie di “guasti” all’interno dello schieramento con il partito del Cav incapace, Santelli a parte, di esprimere un nome gradito pure agli alleati. L’elenco degli “scartati” è infatti lungo e a parte la vecchia rinuncia dell’attuale coordinatore dei forzisti calabresi Giuseppe Mangialavori, ormai molto datata, a ricevere un secco niet dai leader di Lega, Matteo Salvini, e Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, sono soprattutto stati i due Occhiuto. Mario prima e Roberto poi, adesso “ripescato” ma fra i mugugni generali.

Scricchiola la posizione di Occhiuto incalzato da Abramo e Ferro

Il giovane parlamentare cosentino che Forza Italia ha blindato - dopo averlo proposto a fine 2019 con una sorta di candidatura last minute seguita alla bocciatura di quella del fratello e di pochissimo anticipatoria del sacrificio della povera Santelli, disposta a immolarsi malgrado il suo delicato stato di salute per mettere tutti d’accordo - non va affatto a genio a Salvini e Meloni che hanno da tempo le alternative al nuovo pupillo del Cav. Si chiamano rispettivamente Sergio Abramo, da noi quindi non a caso ribattezzato in forma ironica Sergìun, assai benvoluto dal potente leader del Carroccio e Wanda Ferro, che oltre a vantare uno stretto rapporto personale con la Giorgia Nazionale e a essere deputato e segretario di Fdi Calabria ha anche il vantaggio di essere donna e in particolare una figura più o meno simpatica a tutti. C’è poi un altro dato, non certo marginale, che accomuna Abramo e Ferro: la territorialità. Entrambi catanzaresi purosangue, con una carriera politica simbioticamente legata ai Tre Colli, vorrebbero riportare la città al centro del panorama regionale, considerato come sia da un trentennio almeno, se non di più, che ha cominciato ad avvitarsi in una brutta crisi. Tanti i fattori che hanno causato il lento ma inesorabile declino di Catanzaro, molti dei quali esogeni per la verità. Un tema che, al di là di ogni considerazione, sta molto a cuore a Ferro, ex assessore comunale alla Cultura (con una serie di buone cose fatte) e poi presidente della Provincia, e soprattutto ad Abramo, il sindaco per... antonomasia. Ruolo in cui ha cominciato a cimentarsi addirittura dalla metà degli anni ’90 circa con poche pause in un quarto di secolo.

Cosa succede nel centrosinistra

Chi pensa che la partita per la Cittadella sia un affare relativo soltanto al centrodestra non è lontano dal vero, ma attenzione perché dall’altra parte non hanno alcuna intenzione di subire un “cappotto”. Succede infatti che a ridare fiato alle trombe Democratiche ci sia l’investitura della professoressa Amalia Bruni, stimatissima scienziata in grado di convincere persino il presidente di Tesoro Calabria Carlo Tansi (fin qui recalcitrante a ogni forma di apparentamento con il Pd) a correre insieme malgrado almeno per ora con una formula diversa da un formale apparentamento (ravvisando quindi un approccio assai diverso rispetto al passato nella composizione delle liste e per così dire anche l’emarginazione di taluni personaggi di spicco ma ad avviso dello stesso Tansi immeritevoli di assumere funzioni pubbliche). E non è finita qui, perché i Dem potrebbero ancora tentare di sedurre (leggi convincere) l’ormai quasi ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris

L’avanzata di de Magistris

Il sindaco partenopeo, già eurodeputato e soprattutto magistrato antisistema che da togato non ha avuto remore a mettere il naso in questioni inerenti all’allora Governo italiano in carica o all’ambiente del “potere temporale” di una parte del clero asseritamente affarista, sembra aver imboccato la strada giusta, allestendo un progetto degno di nota. Che se non lo porterà alla vittoria completa, quantomeno ne consoliderà di sicuro il profilo di uomo del popolo ma con le caratteristiche per poter governare. Doti per poter insomma sedere da protagonista in qualsiasi consesso politico, anche di una terra che non è la sua (semmai d’adozione) e con una funzione non più di primissimo piano. Una riprova non da poco delle capacità di questo fedele servitore delle Istituzioni, che ha già raccolto l’adesione di partiti e movimenti facenti parte del cosiddetto arcipelago della Sinistra. Senza dimenticare, però, come ci sia tanta gente comune disposta a credere nell’opera di cambiamento della Calabria da lui promessa. E se dovesse inoltre decidere di far squadra con la prof Bruni, diventerebbe elemento di spicco di una compagine che non sarà di certo un agnello sacrificale alle sempre più imminenti elezioni.

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