La fisiologica luna di miele post-elettorale ed il lockdown hanno fatto sperare che oltre alla bramosia di riflettori nazionali della presidente e l’“affaire-tavolini”, ossia la diatriba giudiziaria sui tavoli all’aperto dei bar contro le decisioni restrittive del Governo Conte-bis, ci fosse anche la parvenza di un governo per la Calabria. Diciamolo subito, non è così.

Callipo è un flop e il Pd fa ammuina con la Santelli

La politica regionale post 26 gennaio si è rivelata un clamoroso flop a partire dal candidato voluto da Nicola Zingaretti per il Pd e la coalizione di centrosinistra, Pippo Callipo. L’imprenditore è stato scelto, lo si ricorderà, per incalzare il M5s che gli aveva chiesto, prima del segretario dem, di candidarsi e “costringere”, quindi, i grillini a replicare in sede locale l’alleanza di governo ma, al contempo, incalzare il centro-destra, dato che Callipo veniva praticamente da lì avendo sostenuto apertamente Forza Italia nel 2014. Risultato: per Zingaretti pernacchie da tutte le parti, dal M5S che ha ritenuto e ritiene il Pd Calabria in gran parte impresentabile e dal centrodestra che sapeva sia di vincere la tornata elettorale, sia di potersi poi amalgamare con quella sinistra pronta a “far ammuina” in consiglio regionale, oltre che dal “suo” candidato che, dopo la gaffe sui vitalizi, si è dimesso chiedendo scusa ai calabresi che solo pochi mesi prima lo avevano votato.

La giunta non decolla

In Calabria, però, non solo non c’è un’opposizione ma, non c’è neppure una maggioranza. Il ruolo e il peso dei partiti politici della coalizione a sostegno di Jole Santelli è da tempo ridotto al lumicino.
C’è da dire, però, che la giunta regionale della Calabria non è per nulla decollata. È rimasta ai nastri, anzi, alla tarantella di partenza.
Gli appetiti sulla giunta regionale sono stati sedati sul nascere con le nomine di due assessori direttamente ascrivibili alla presidente e annunciati in pompa magna a febbraio, ma anche le successive nomine di marzo mostrano una giunta assolutamente “Jolecentrica”.

Savaglio simbolo progressista, ma non in Calabria

Sandra Savaglio, astrofisica cosentina oggi assessora con delega all’istruzione, università e alla ricerca scientifica è senz’altro un simbolo importante anche per chi lotta per i diritti umani e civili. Nel 2004, è stato già ampiamente detto, la rivista Time l’ha messa in copertina come simbolo degli scienziati europei che emigrano negli Stati Uniti. L’anno scorso la Mattel l’ha voluta come modello delle donne nella scienza includendola in una edizione di Barbie magazine per la lotta agli stereotipi di genere.

 

Omosessuale dichiarata, unita civilmente in Germania, si è schierata a fianco della lotta per la legge sulle unioni civili nel 2016, tant’è che in una intervista a Vanity Fair dichiarò: «C'è stato un approccio molto immaturo da parte di politici che per decenni ci hanno detto che questa legge non era un'emergenza, mentre lo era sicuramente almeno da 10 anni. Qui parliamo di diritti civili e diritti umani: è una questione di libertà di amare, libertà di scelta». Un anno prima, durante il conferimento a Milano del Premio Leonia Frescobaldi si è detta espressamente favorevole alle adozioni gay. Insomma, ha tutte le carte in regola per diventare una Monica Cirinnà calabrese.

 

In effetti, la Savaglio ha un passato molto filo Pd. Nel 2005 fonda insieme a Ivan Scalfarotto il movimento “iMille” per rinnovare la classe dirigente del centro-sinistra italiano che divenne due anni dopo “iMille per Walter Veltroni” alle prime primarie del Pd. Scalfarotto scrisse sul suo blog nel 2008 in vista delle elezioni politiche: «Speriamo di portare in Parlamento in questo giro una Sandra Savaglio in più ed un Sergio De Gregorio in meno». Difatti, nel febbraio di quell’anno Veltroni incaricò l’ex ministra dello sport Giovanna Melandri di “convincere” la Savaglio a candidarsi col Pd, trattativa che non andò poi in porto.

 

Oltre a questo, nel suo passato, c’è una denuncia per truffa intorno all’anno 2000 e la “cacciata” dall’Osservatorio astronomico di Roma per aver vinto, secondo quando da lei stessa dichiarato, un concorso nel quale «doveva» vincere la prediletta del barone di turno. In più, in una intervista al Quotidiano Nazionale dell’ottobre 2019 l’astrofisica si è scagliata contro la politica che «interviene troppo» condizionando il mondo accademico, lanciando anche l’allarme sulle discriminazioni di genere e le molestie sessuali in Università.

 

Certamente un background fantasticamente progressista quello del “simbolo” Savaglio. Viene allora da chiedersi cosa ha proposto, fatto o farà la docente divenuta assessora in Calabria. Non ha mai parlato della legge contro l’omofobia in Calabria (approvata la scorsa legislatura in commissione cultura e poi mai arrivata in aula), non ha mai parlato di parità di genere (c’è un ricorso al Tar sulla doppia preferenza osteggiato dal Pd e una proposta di legge nel cassetto, se non lo sapesse) e non ha mai parlato di trasparenza e di lotta a quelle che lei ha chiamato «intrusioni politiche» nelle Università, nei concorsi, nelle nomine. Non ha mai parlato, ad esempio, del sistema emerso dall’inchiesta “Università bandita” che portò alla sospensione del Rettore dell’ateneo Catania ma che ha toccato docenti dell’Università di Catanzaro. Insomma, la Savaglio non ha detto, né fatto nulla di lontanamente afferente battaglie che simboleggia. Certo, dalla sua posizione privilegiata e lautamente stipendiata (con i soldi pubblici) può permettersi di bivacchiare politicamente alle spalle dei calabresi, non sarebbe né la prima né l’ultima. Il riformismo può attendere.

Capitano Ultimo non pervenuto

Ciò che proprio non potrebbe attendere, però, è l’emergenza rifiuti. L’altro assessore, con delega all’ambiente, presentato con tutti gli onori (e i riflettori) in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati è il capitano Sergio Di Caprio alias Ultimo. Da lui, altro “simbolo”, questa volta della legalità, ci si aspettava molto anche su quel versante. Invece, oltre a foto e selfie con Mimmo Tallini, presidente del consiglio regionale bollato come “impresentabile” dalla Commissione parlamentare antimafia, non ha mai reso nessuna dichiarazione sull’arresto post-elezioni di Domenico Creazzo, né sull’inchiesta Helios che tocca la sua collega assessora Domenica Catalfamo.


Eppure nel 2011 parole ne aveva a iosa contro l’allora presidente della commissione antimafia europea Sonia Alfano (figlia del giornalista siciliano ucciso Beppe Alfano): «La signora Alfano rappresenta l’antimafia dei tacchi a spillo e delle unghie laccate: pensi al suo circo e ai suoi padroni e lasci stare in pace i servitori dello Stato... Per quello che dice la signora Alfano solo il massimo disprezzo. Chi fa carriera politica utilizzando il cadavere dei propri parenti è persona spregevole».

In effetti, Ultimo non è ben visto dalle “associazioni antimafia”. Lo scorso febbraio il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, si è schierato apertamente contro la cittadinanza onoraria a Ultimo da parte del Comune di Jesi nel marchigiano. «troppe ombre che non ha mai voluto chiarire aleggiano su di lui» dichiarò pubblicamente insieme al Movimento delle Agende Rosse.

 

Ma la giunta regionale non è certo finita qui. Per i redivivi dell’Udc, gli inguaiati Fratelli D’Italia e i sopiti leghisti? «Se non c’è il pane dategli una nomina» potrebbe essere l’aforisma, coniabile da Maria Antonietta di Francia, riferibile alla “gestio santelliana” della Calabria, pregna di immobilismo e senza visione per il futuro.