Dura, durissima. La relazione con la quale il ministro dell’Interno Marco Minniti ha motivato al Presidente della Repubblica lo scioglimento del Comune di Lamezia Terme avvenuto lo scorso 22 novembre è una vera e propria bufera. «Sussistenza di cointeressenze, frequentazioni, rapporti a vario titolo tra numerosi componenti sia dell'organo esecutivo che di quello consiliare con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata»: è questa una delle valutazioni più gravi contenute all’interno del documento, secondo il quale l’ex sindaco Paolo Mascaro e il suo vice «hanno assunto, contemporaneamente, la veste di difensori di fiducia di esponenti di massima rilevanza delle cosche e di loro sodali e quella di organi di vertice dell'amministrazione comunale» rinunciando all’incarico solo a marzo e maggio 2016 quando il Comune si è costituito parte civile. Allo stesso tempo nel documento si rimarca che l’incarico del primo cittadino sia stato ceduto ad un altro professionista in stretti rapporti di affinità con lui.

La campagna elettorale 

Minniti spiega poi che «fonti tecniche di prova hanno attestato come la campagna elettorale per il rinnovo degli organi elettivi sia stata caratterizzata da un'illecita acquisizione dei voti che ha riguardato, direttamente o indirettamente, esponenti della maggioranza e della minoranza consiliare» e che ci sarebbe «la persistenza delle medesime dinamiche collusive e dell'operatività degli stessi personaggi di spicco delle organizzazioni criminali dominanti in quel territorio» che distinsero i precedenti scioglimenti.

Gli uffici e le relazioni con soggetti contigui ad organizzazioni criminali 

Altro colpo di mannaia è il passaggio in cui si dice che la commissione di accesso ha constatato «un diffuso quadro di illegalità in diversi settori dell'ente che, unitamente ad un generale disordine amministrativo, si sono rilevati funzionali al mantenimento di assetti predeterminati con soggetti organici o contigui alle organizzazioni criminali egemoni ed al consequenziale sviamento dell'attività di gestione dai principi di legalità e buon andamento».


In particolare viene citato l’affidamento di un bene confiscato ad una cooperativa «pressoché inattiva perché sottoposta ad indagini per indebite percezioni di erogazioni pubbliche» e con due dei soci «gravati da pregiudizi penali ed uno di loro riconducibile ad esponenti della criminalità».

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Gli appalti

Per il capo dell’Interno, inoltre, nel settore dei Lavori Pubblici sarebbe stato messo a regime un sistema che permetteva di fare aggiudicare gli appalti sempre alle medesime ditte, nonché irregolarità nell'affidamento del servizio mensa scolastica ed in quello sul verde pubblico.

 

Tiziana Bagnato