«Ritengo sia necessaria un’urgente rivisitazione complessiva da parte di tutti gli organi che hanno contribuito a concorrere ad uno scioglimento fondato quantomeno su erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti». Veste a pieno la toga di avvocato l’ex sindaco Paolo Mascaro e continua a produrre per ogni contestazione mossa nei confronti della sua amministrazione i documenti a supporto degli errori in cui sarebbe caduta la commissione di accesso agli atti.

 

Stavolta entra nel merito della vicenda delle asserite irregolarità nell’assegnazione dei beni confiscati alla mafia ed alla criminalità organizzata. L’ex primo cittadino ricorda che diverse sarebbero state le delibere di giunta per indire manifestazioni di interesse volte ad acquisire 21 immobili confiscati alla criminali organizzata in città. Delibere di cui fornisce estremi e riferimenti, soffermandosi poi sulla determina dirigenziale n. 1384 del 26/09/2017 e «avviso pubblico per la presentazione di richieste per finalità socio culturali per magazzino commerciale sito nel cuore della città della consistenza di ben 361 mq e di ingente valore; per finalità sociali ed istituzionali per appartamento posto al primo piano di fabbricato di recente costruzione e della superficie di ben 182 mq; per finalità sociali per una unità immobiliare posta sempre al primo piano di un fabbricato».

 


Un atto che darebbe contezza e rappresentazione plastica, per l’ex sindaco, di quanto la sua amministrazione si stava impegnando a fare, del cambiamento culturale messo in moto. Sull’avviso, che ha ricevuto ben 11 richieste, è in corso la procedura di assegnazione, affidata ad un’apposita commissione.

 


«Nonostante detti dati di oggettivo vero contrasto alla criminalità, ancor più meritevoli ove si ricordi che il Ministro dell’Interno, sentito il 15/03/16 dalla Commissione Parlamentare Antimafia ha evidenziato quale sintomatico motivo di condizionamento dell’amministrazione il rallentare le procedure di assegnazione dei beni confiscati alla mafia, e cioè l’esatto opposto di ciò che ha fatto l’Amministrazione Mascaro, la Commissione di Accesso contesta essenzialmente la procedura seguita, la scarsa affidabilità della Cooperativa e la presenza tra i soci di soggetti con precedenti penali e quindi con mancanza dei requisiti morali minimi», ricorda Mascaro che fornisce poi la sua versione.

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A partire dalla «legge n. 381 dell’08/11/91 che disciplina le Cooperative Sociali all’art. 1 e che specifica con chiarezza che quelle di tipo b , quale appunto la Agrimed, debbono prevedere lo svolgimento di attività diverse finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate ed il successivo art. 4 al comma 1 identifica in detta categoria gli ex degenti di istituti psichiatrici, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i condannati ammessi a misure alternative alla detenzione specificandosi poi che debbono costituire almeno il 30% dei lavoratori e dei soci della Cooperativa stessa».

 

Altro appunto Mascaro lo dedica all’art. 48 del codice antimafia 159/11che prevedrebbe «con riferimento ai beni immobili confiscati, dopo averne previsto l’eventuale prioritario mantenimento al patrimonio dello Stato, il trasferimento per finalità istituzionali, sociali o economiche con obbligo di reimpiego per finalità sociali al patrimonio di Comune, Provincia o Regione; i detti enti, poi, possono o amministrare direttamente il bene o, sulla base di apposita convenzione, assegnarlo a titolo gratuito a determinate tipologie di soggetti e tra questi a cooperative sociali di cui alla legge 381/91».

 

«Ancora – aggiunge il penalista - è opportuno sottolineare che, come rilevasi dall’art. 48 comma 3 lettera c) Codice Antimafia, non vi è obbligo di procedura ad evidenza pubblica per assegnare a titolo gratuito il bene immobile ad uno dei soggetti che la legge ritiene meritevole di possibile assegnazione».

 


Dopo queste premesse normative, Mascaro spiega che l’amministrazione ha fatto manifestazione di interesse per tutti e 21 immobili confiscati e di avere portato avanti in tempi record la procedura ad evidenza pubblica. Ribatte poi alla contestazione della mancata indicazione dello scopo sociale della cooperativa Agrimed e della mancata finalità di utilizzo del bene su cui si è focalizzata l’attenzione della commissione: «come rilevasi dalla convenzione sottoscritta in data 29/09/16 e dal relativo art. 3, il bene è da utilizzarsi come dal dettagliato progetto presentato e denominato “C’era una volta – interazione ed integrazione tra due generazioni” che aveva ricevuto in sede di valutazione 23 punti avendone considerato la tipologia, il piano di utilizzo di risorse umane ed il piano di investimento e che riguardava la realizzazione di un centro diurno di accoglienza per giovani e anziani che vivevano disagi socioeconomici e psicologici con laboratori dei ricordi, laboratori teatrali, animazione musicale, giochi dell’amicizia, cineforum, avvicinamento al mondo telematico».

 

Sulla scarsa pubblicità del bando, spiega, invece, che «pur non essendo obbligatoria per legge, si è prevista per la prima volta al Comune di Lamezia una procedura ad evidenza pubblica per assegnazione di bene confiscato alla criminalità, che il bene era non ultimato ed in parte devastato come rilevasi dalla fotografie dello stesso, che il bene era stato trasferito al Comune di Lamezia Terme con decreto n. 65192 del lontano 2000 senza che mai alcuno ne avesse minimamente avanzato richiesta di utilizzo, che anche il bando per il bene assegnato alla Caritas, che necessitava anch’esso di investimenti economici importanti, aveva avuto solo detta partecipazione e che il bene sito in Località Serra, a differenza delle 11 offerte ricevute per gli appetibili beni confiscati a B.G., non ha avuto alcuna partecipazione in quanto anch’esso non ultimato, che l’elenco dei beni confiscati è pubblicato sul sito del Comune con le relative indicazioni prescritte per legge».


In merito poi alla «mancanza dei requisiti morali determinata da alcuni precedenti penali di soci ed amministratori; detta affermazione – afferma l’ex sindaco - è molto grave in quanto dicendo ciò si dimentica colpevolmente che le cooperative sociali di tipo b nascono proprio con la finalità dell’obbligatorio reinserimento di soggetti svantaggiati con obbligo di avere almeno il 30% di soci e lavoratori appartenenti a dette categorie».

 


L’avvocato sviscera poi l’accusa di « inaffidabilità gestionale ed il rischio del mancato raggiungimento dello scopo sociale» ribattendo che «ciò veniva desunto, in presenza di Cooperativa regolarmente iscritta al REA KR al n. 170270 ed in possesso quindi dei relativi requisiti che debbono essere accertati da soggetti terzi, unicamente dalla mancata presentazione dei bilanci e della dichiarazione dei redditi negli ultimi anni, e dall’asserito scarso numero di lavoratori dipendenti che in realtà non erano stati mai meno di tre sino ad un massimo di sei».

 

Nel fiume di inchiostro buttato già dalla commissione di accesso agli atti e poi ripreso dal prefetto di Catanzaro Latella e dal ministro dell’Interno Minniti, è finito anche il bene affidato alla Caritas. In questo caso l’appunto è di non avere indicato nella determina la durata della concessione. «Contestare ciò in accesso antimafia, ove grazie al coraggioso lavoro dell’amministrazione un bene proveniente da efferata criminalità viene per decenni affidato alla Caritas – sbotta Mascaro - sembra davvero una barzelletta ma è purtroppo l’amara realtà che dovrebbe far immediatamente intendere che si è in presenza di assoluta superficialità nello svolgimento degli oggettivi compiti della disposta verifica».


A chiudere l’arringa quello ormai diventato uno slogan: «Giustizia subito, la fascia torni al rappresentante del popolo».

 

Tiziana Bagnato