Da quando Ernesto Magorno è diventato segretario della Commissione agricoltura del Senato, probabilmente gli interessa solo la patata silana. In verità anche il peperoncino. A patto che sia da festival, il “suo” festival, quello di Diamante, dove custodisce il suo tesoretto elettorale. Del Pd calabrese, invece, non se ne cura più tanto, anche se resta il segretario. Uscente, ovviamente. Un’uscita da bradipo, così lenta che sembra decisamente ferma, nonostante il suo mandato sia scaduto da un pezzo e dopo la sconfitta del partito alle Politiche di marzo si sia detto pronto a farsi da parte. Parole. I fatti dicono che è ancora in sella e sarà lui a condurre il Pd Calabria al congresso che dovrebbe tenersi in autunno.

 

Sfiduciato dagli esiti elettorali e privo della legittimazione di una carica in corso di validità (come detto, il suo mandato è scaduto), Magorno ha scelto il basso profilo, evitando di mettersi eccessivamente in mostra, anche se il segretario resta lui.

 

Delle questioni regionali sembra interessarsi sempre meno. Dalla sua pagina Facebook si limita a sparuti commenti su argomenti che non sembrano proprio nelle sue corde. Così, ad esempio, nel giorno della finale della Coppa del mondo, in un tripudio di hashtag, posta: «Il Ministro dell’Interno va in #Russia per la finale dei #Mondiali, ma l’Italia non c’è. Sembra, invece, una vacanza organizzata per omaggiare il suo amico #Putin e il mondo della destra. #Salvini ha il dovere di chiarire se questa passerella è stata pagata dai cittadini italiani». Esito della tremenda bacchettata sono tre like.

 

Due giorni fa, invece, decide di affrontare il tema dell’import/export: «Gravi le parole di #DiMaio sul #Ceta. Il Ministro mostra di non aver studiato, ignora i dati positivi delle esportazioni in Canada e arriva a minacciare i funzionari che non lo seguiranno. Una presa di posizione che ha dell’assurdo e che può solo fare male al Made in Italy». Risultato, due like: manco i parenti.

 

Ma il post a cui teneva davvero è del giorno prima, il 12 luglio, quando ha scritto: «Buongiorno, grande successo ieri per il Peperoncino in Senato. Abbiamo raccontato la Calabria migliore, lavoriamo per far emergere tutte le nostre eccellenze». Ad accompagnare l’adrenalinico pensiero, una serie di tristissime foto che testimoniavano la tristissima cena organizzata in Senato per promuovere (tra chi?) sto benedetto peperoncino in vista del festival di Diamante in programma dal 5 al 9 settembre. Foto e testo premiati con un diluvio di Mi piace: nientedimeno nove (dicasi 9). Ora, definire un “successo” una magnata tra parlamentari (c'era Enza Bruno Bossio, nella foto mentre alza il calice) e collaboratori, che il giorno dopo non hanno avuto nemmeno la cortesia di ricambiare cliccando sul pollice alzato, è davvero troppo.
Ma tant’è, continuando a consultare la sua pagina Facebook, giusto per sapere che fa uno dei 3 (già, appena tre) parlamentari calabresi del Pd nonché segretario (ancora) in carica del partito, si rischia una crisi depressiva.

 

Della Calabria non c’è traccia, della politica calabrese meno che mai. Eppure c’è un partito a pezzi da ricostruire e un governo regionale targato Pd che sta deludendo tutte le aspettative, continuando a ostentare passi avanti che nella realtà non si vedono. Possibile che chi guida lo stesso partito di cui fa parte il presidente della Regione non abbia nulla da dire? Possibile che neppure l’intenzione dichiarata del governatore Mario Oliverio di imbarcare quello che resta di Forza Italia per ripresentarsi alle Regionali del 2019 con una lista civica non faccia scattare nel segretario del Pd calabrese il desiderio di dire la sua?

 

Ormai sembra che si non avverta neppure la necessità di salvare le apparenze, di far finta. Il bluff è talmente vecchio e sgamato che si sta così, “come d’autunno sugli alberi le foglie”, in attesa del vento che le spazzerà via.


Enrico De Girolamo


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