Il presidente governa indisturbato nonostante in teoria non abbia i numeri per farlo. La verità è che sono tutti con lui pronti a sacrificare dignità, coerenza e decoro istituzionale pur di non mollare la carica. Ma a livello nazionale, con i “nuovi” partiti, non va meglio: una commedia infinita che blocca Regione e Paese
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È un anno e passa che si “annacano”, come si dice in Calabria. È un anno e passa che in Consiglio regionale va in scena ogni volta il solito teatrino, la solita commedia delle parti, con la maggioranza che non è capace di esprimere la supremazia matematica della sua ragione di esistere e l'opposizione che non si oppone affatto. Probabilmente mai come in questa Legislatura è stato più evidente il bluff di una politica che finge differenze per perseguire invece gli stessi fini. Anzi, lo stesso fine: restare attaccati alla poltrona costi quel che costi. Mettendo nel conto pure la dignità, la coerenza (se mai c’è stata), il decoro di un’istituzione che sulla carta dovrebbe rappresentare i cittadini.
Ma il Consiglio regionale, oggi, chi rappresenta? Non esiste nessuno in Calabria che possa identificarsi in chi siede tra gli scranni di Palazzo Campanella, nessuno che possa, salvo scopi occulti, parteggiare per questo blob politico informe, che ondeggia da destra a sinistra come melassa in barattolo.
Da tempo il presidente Mario Oliverio non ha più una maggioranza numerica per governare, eppure governa indisturbato. Quella che in teoria dovrebbe essere la minoranza, surroga puntualmente gli assenti e consente alle sedute di essere valide, riducendo il “numero legale” a merce di scambio per chissà quale tornaconto. D’altronde, anche se si presentassero tutti in aula, Oliverio andrebbe probabilmente sotto ugualmente, perché nel corso degli ultimi mesi sono molti quelli eletti con lui che si sono riposizionati a destra, cambiando casacca con la stessa facilità con cui si cambia aria ad una stanza.
Dunque non è vero che Oliverio non ha più la maggioranza. Al contrario: ce l’ha ed è più solida che mai perché comprende tutti gli schieramenti, amici e nemici, quasi amici e quasi nemici. Oliverio non cade e non cadrà, anzi è molto probabile che resista ben oltre la scadenza naturale della Legislatura. Non è escluso, infatti, che si vada a votare la prossima primavera e non a novembre, come dovrebbe essere. Questo significa 8 o 9 mesi di stipendi a cui nessuno rinuncerà, significa “pensioni” più ricche e la possibilità di raschiare il barile fino all’ultimo centesimo e fino all’ultima briciola di potere. Intanto, si continuerà a far finta di essere su due fronti opposti, con la minoranza che accuserà la maggioranza di non avere i numeri per governare ma pronta a sacrificarsi “in nome della Calabria” per accertarsi che il numero legale non manchi mai e nessuno si faccia male.
E chi adesso sta pensando che le cose sarebbero diverse se in Consiglio regionale ci fossero Lega e Cinquestelle, farebbe bene a guardare a cosa sta accadendo sulla scena nazionale, con un Paese immobile, cristallizzato allo stesso modo in una finta lite continua tra Salvini e Di Maio che non trova mai soluzione perché significherebbe mollare l’osso e comunque è funzionale a una campagna elettorale infinita priva di contenuti autentici.
Allo stesso modo, noi abbiamo i Guccione, che sputano fuoco e fiamme ma sono sempre lì a reggere il moccolo a Oliverio. Abbiamo i Gallo, che sbraitano verso il presidente ma poi sono lì a fare la stampella del governatore. Abbiamo i Pasqua, i Neri, gli Scalzo,che sulla carta passano da una parte all’altra ma nei fatti sono sempre là ad assicurarsi che lo show continui. Abbiamo i Tallini, i Nicolò, gli Orsomarso, che agitano il ditino ma si impegnano allo spasimo perché questa specie di Casa Vianello continui senza intoppi, con lui a leggere il giornale e lei a dire che barba che noia, che noia che barba. Ma dimettersi, lasciare il Consiglio, dire basta a questo scempio politico e istituzionale, questo no, questo è troppo. Non scherziamo.
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