Una situazione inedita. E forse emblematica della terra di Calabria. Ma, soprattutto, di cosa - piaccia o meno - sia la politica oggi, al tramonto delle ideologie e delle fedi incrollabili. Fermo restando che, nel caso in via di trattazione, bisogna prima spiegare bene alcuni passaggi relativi alle scelte dei componenti di una famiglia molto nota, quella Pitaro, adesso collocatasi nelle cosiddette strutture speciali regionali tanto nel centrodestra quanto nell’altro schieramento con ben due fratelli su tre.

Il riferimento è all’avvocato Francesco (di cui è peraltro collega anche il terzo fratello Giuseppe, a cui oltretutto lo accomuna pure l’aver svolto importanti mandati pubblici) e al giornalista professionista Romano (ex capo dell’ufficio stampa del consiglio regionale, da cui è però stato licenziato non molto tempo fa con una contestazione relativa alla presunta indebita percezione di circa un milione di euro, a giudizio del Mef non dovuto, a titolo di compensi per la sua attività lavorativa nel periodo 2012-2018. L’iter giudiziario è comunque in corso e sarà accertato come stanno i fatti).

Ma il punto qui, lo si ribadisce, è di riferire delle scelte operate all’indomani delle Regionali dello scorso inizio ottobre dai fratelli.

La questione è dunque inerente a quanto successo in casa Pitaro, circa a metà settembre 2021, ovvero poco dopo la clamorosa esclusione di Francesco (favorito per la vittoria finale alle medesime Regionali, pur al cospetto dei vari big quali Ernesto Alecci, Raffaele Mammoliti, Fabio Guerriero, Aquila Villella e così via) dalle liste del Partito Democratico e da un altro paio “satelliti” dello stesso Pd.

Un taglio sinonimo di smacco, che ha suscitato le recriminazioni dei diretti interessati per un’asserita “manovra di palazzo” per scongiurare il successo del gruppo Pitaro. Che, va detto per amor di verità, spaventava davvero gli altri contendenti in virtù della forza elettorale acquisita. Comunque sia, di fronte al siluramento dell’allora ancora consigliere in carica Francesco (che ha cessato il mandato solo dopo la conferma ufficiale dell’esito della tornata dal 3 e 4 ottobre), i Pitaro hanno imboccato strade diverse.

Molto diverse, anzi opposte. Fin da subito, lo si ribadisce. In particolare è stato il componente dell’assise di Palazzo Campanella, non più in corsa per la rielezione, che malgrado il trattamento subito dai Dem è voluto coerentemente rimanere nel centrosinistra decidendo di sostenere il citato sindacalista della Cgil Mammoliti - poi vincitore nel collegio Centro, essendo arrivato secondo dietro Alecci proprio fra le file dei Democrat - mentre Giuseppe (dagli amici chiamato Pino) si è spostato sul versante opposto, appoggiando l’aspirante consigliere già democristiano e presidente della Provincia di Vibo in quota Pd, ma nel 2021 in lizza con Coraggio Italia, Francesco De Nisi, eletto anch’egli.

Delle simpatie, o addirittura dell’impegno in favore di qualcuno, da parte di Romano non si è invece avuto notizia. Ma è proprio da lui che bisogna partire per provare a capire determinati posizionamenti, avendo trovato posto (come puntualmente scritto da Alessia Bausone su LaC, appena pochi giorni fa) con un compenso nient’affatto disprezzabile, pur non paragonabile ai precedenti emolumenti, nell’entourage del presidente del consesso regionale Filippo Mancuso, rappresentante della Lega.

Così come, il fratello Francesco è invece diventato segretario particolare al 100% di Mammoliti, passando quindi in men che non si dica da “consigliere mancato” del Pd, con tanto di strascico polemico, a collaboratore di punta (ma una volta tanto davvero esperto. Questo sì) del nuovo eletto.