Il vice presidente nazionale dell'associazione dei consumatori ha analizzato le ultime vicende giudiziarie che hanno interessato la Regione e commenta la situazione di stallo dei partiti in vista dell'imminente tornata elettorale
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«Ma quale speranza può mai avere una regione che ha il proprio assessore al Bilancio agli arresti domiciliari? ...e che, ovviamente, non sente alcun bisogno di dimettersi». Si legge in una nota diffusa dal vice presidente nazionale del Codacons Francesco Di Lieto.
«Certo, in un paese normale, non dico il presidente che, per sbandierata carità cristiana perdona i peccatori, ma quantomeno l’opposizione avrebbe dovuto sollevare il problema - continua di Lieto -. Ma in Calabria regna una sorta di partito unico, capace di destarsi da un atavico letargo solamente quando bisogna mettere la sordina a qualche voce scomoda. E quando si riesce a far fuori il “pazzo” di turno ecco che ripiomba in un sonno profondo che ha il sapore della complicità».
«Un esempio? Ricordate il tavolo del centrosinistra, quello che, appena un mese addietro si riuniva laboriosamente ogni santo giorno. Ecco, non appena i nostri eroi sono riusciti a sventare la terribile minaccia di Carlo Tansi candidato presidente, sono tranquillamente tornati a dormire. Mi riferisco agli illuminati guidati dall’onorevole Graziano che, dalla provincia di Caserta, è giunto in Calabria per diffondere il verbo. Quasi gli stessi che dopo i cenoni natalizi, oggi tornano a lamentarsi perché de Magistris è nato oltre il Pollino...vicino Graziano».
«In fondo - prosegue il rappresentante del Codacons - è giusto che queste figure mitologiche, metà umani e metà poltrone, dopo aver ridotto la Calabria “la terza regione in ordine alfabetico”, pretendano di continuare a rimanere incollati alle poltrone, supportati dall’intellighenzia da salotto. Occorre squarciare questo assordante silenzio, senza nasconderci dietro la presunzione d’innocenza. Se vogliamo restituire dignità alla politica occorre che si inizi a far pulizia a prescindere dalle sentenze. Solo così si ristabilisce il primato della politica».
«Un indagato, per di più agli arresti per vicende di ndrangheta - conclude affermando Francesco Di Lieto - non può pensare di restare al governo della Regione come se nulla fosse accaduto. È una questione morale. Sicuramente l’assessore avrà modo di chiarire la sua estraneità, anche se per il momento sembra essersi avvalso della facoltà di non rispondere, ma deve farsi da parte. Non per rispetto alle indagini, ma per rispetto ai Calabresi. Altrimenti avrà ragione chi ci definisce una regione perduta».