Le elezioni calabresi hanno segnato la disfatta dell’approccio civico, spesso poco più di una foglia di fico per attirare elettori in maniera traversale e saldare (malamente) sensibilità politiche diverse (ASCOLTA L'AUDIO)
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Alla fine la famigerata politica ha vinto sul civismo. Non c'è da questo punto di vista una lettura diversa. Roberto Occhiuto è, se non l'unico, tra i pochissimi politici in attività a cui è stato affidato il compito di rappresentare un partito, una idea, una tradizione moderata che vuole essere riportata in auge quale elemento identificativo del centrodestra che sarà.
Se si esclude la sortita velleitaria di Mario Oliverio, che continua comunque a sollecitare l'ennesima riflessione all'interno del centrosinistra, tanto Amalia Bruni quanto Luigi de Magistris sono espressione di un mondo civico che ha dato una risposta monca agli appelli della campagna elettorale.
E che dire di Carlo Tansi? Del suo movimento arancione è rimasto soltanto un colore sbiadito. Sono lontani i tempi in cui, in solitaria, per una manciata di voti non è riuscito a raggiungere lo sbarramento di coalizione. Anche il suo civismo, è stato sacrificato, in un contesto che lo ha visto sempre più marginalizzato dopo la lite con De Magistris, sull'altare delle alleanze. Per giunta con il Pd che fino al giorno prima era considerato uno degli attori principali del Partito unico della torta. E pur prendendo per buone le sue motivazioni, evidentemente in primis il suo popolo non gli ha creduto. Lo testimonia anche il fatto che in extremis ha rinunciato alla presentazione della sua seconda lista (tra l'altro inviata alla Commissione parlamentare antimafia). Oggi con appena il 2,28% delle preferenze non solo non ha aiutato la causa, ma rischia di scomparire dai radar. La sua mossa ha sostanzialmente dilapidato quanto costruito fino alle scorse elezioni in cui Tesoro Calabria raggiunse il 5,2%, con un dato personale (si candidava alla presidenza) ancora migliore, che si cristallizzò sul 7,22%.
Ciò che è passato è che il Partito democratico è stato incapace di individuare una figura politica da proporre ai calabresi. Calcoli di convenienza o sacrifico necessario sull'altare dell'alleanza con i 5 stelle è tutto da capire. Perché al di là dello spessore umano e della caratura della scienziata lametina, che non può essere messo in discussione, ciò che non convince è la rinuncia del Partito democratico a dare una risposta politica ai problemi della Calabria. Complice probabilmente anche il lungo commissariamento del partito. Il nuovo corso di cui si parla tanto tra i democrat lo si poteva dimostrare in tanti altri modi e il famoso allargamento del campo progressista si è nutrito soltanto del savoir-faire di Giuseppe Conte che alla fine sembra aver dato più una mano ai 5 stelle che non alla coalizione. Sembra paradossale, ma a conti fatti ha perso la coalizione ma se n'è avvantaggiato solo il Movimento che a Palazzo Campanella elegge due consiglieri. Le percentuali d'altra parte dicono questo: nel 2020 il M5s sostenendo Aiello aveva raccolto il 6,27%, senza ottenere alcun risultato in termini di rappresentanza dentro il palazzo. Oggi confermando quel dato - ha ottenuto il 6,48% - raggiunge la storica elezione di due consiglieri.Mentre il Pd arretra. Passando dal 15,19% del 2020 al 13,18 dell'altro ieri.
E allora sì che una riflessione va fatta. Anche perché neanche il civismo professato dall'ex pm e sindaco di Napoli ha sfondato. Pur raccogliendo un abbondante 16% di preferenze la sua proposta è rimasta confinata in un recinto troppo piccolo, fallendo il proposito di dimostrare che si può vincere una competizione come quella regionale senza i partiti e perché no, gli apparati.
Forse non ha pagato neanche una campagna elettorale contro e non per qualcosa di concreto e raggiungibile. La rivoluzione, il referendum, insomma non ha trovato ancora pronti i calabresi, che tra l'altro non è riuscito a convincere ad andare a votare.
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