Un fungo, peperoncini, insalate miste. Birra, riso, limoni, patate. Non è la lista della spesa – anche perché nella lunga serie di foto appaiono anche poco edibili rocce e ruscelli - ma gli ingredienti della nuova “campagna” lanciata dal suo profilo istituzionale dal vicepresidente della Giunta Nino Spirlì (foto sotto).
A metà fra l’autarchia e il “prima gli italiani” in declinazione regionale, il numero due della Regione nonché assessore a Cultura, Legalità, Sicurezza e Artigianato tuona «Aiuta chi ci aiuta, scegli calabrese» ma con emoticon di bandierina italiana a corredo. Come parmigiane, fonti e marmellate aiutino i più non è dato sapere, ma se il nodo vuole essere la commercializzazione di prodotti autoctoni (sempre nella speranza che non si vogliano mettere in vendita le fiumare) il messaggio ha del surreale.


E non solo perché l’autarchia è una soluzione economica ampiamente demodé, ma perché il dibattito sulla filiera agricola è altro. E senza che nessuno alla Cittadella se ne accorga se ne sta discutendo anche in Parlamento. In larga parte attorno a una questione che con i suoi “decreti sicurezza”, il leader della Lega Matteo Salvini, capo politico del vicepresidente della Giunta, ha ampiamente contribuito ad aggravare. Da settimane ormai, gli agricoltori gridano al disastro perchè frutta e verdura marciscono nei campi per mancanza di braccianti mentre questi sono costretti nei ghetti, anche a causa dei processi di clandestinizzazione che i decreti sicurezza hanno innescato. E se il governo pensa di affrontare la questione dando diritti e salario decente a chi in anni di paraschiavitù ha assicurato che frutta e verdura arrivassero nei mercati e sugli scaffali, dalle parti di Lega e dintorni si tuona per ricattare chi ha la disgrazia di percepire un sussidio, che per altro darebbe maggiori garanzie di un voucher staccato di tanto in tanto per una giornata di lavoro agricolo. Il dibattito è infuocato ma alla Cittadella non pare se ne siano accorti (e non solo dalle parti della vicepresidenza), mentre ci si attesta sulla linea del “prima gli italiani, meglio se calabresi”.


Quel che appare poco chiara però è la paternità di tale campagna. Sulle immagini confezionate a corredo dei post campeggiano infatti tanto il logo di Regione Calabria – con specifica «a cura della Vicepresidenza» - tanto quello della Lega. E se fonti interne spiegano l’iniziativa come «campagna di sensibilizzazione» non si comprende poi così bene se l’oggetto sia un’improbabile autarchia alimentare o la Lega. E se a promuoverla sia la Regione o via Bellerio, rappresentate con identico lustro nei post. Dalla personalizzazione della politica all’appropriazione delle istituzioni, il passo è breve. La cosa però non ha certo riscosso successo, soprattutto fra chi ancora crede che i messaggi istituzionali non possano trasformarsi in spot elettorali,e sui social sta scatenando polemiche. Una sovrapposizione politico-istituzionale che sa di (ennesimo) scivolone, ma c’è chi fa notare che magari – se non fosse a budget zero – potrebbe avere anche altri risvolti.