Sono tutti indignati. Tutti disturbati dalla visione della fiction Rai “Duisburg – linea di sangue”, in onda ieri su Rai Uno, che ha cercato (male) di raccontare la strage di ‘ndrangheta che si consumò nella città tedesca il 15 agosto del 2007.

Una Gomorra piccola piccola che delle produzioni televisive ispirate al libro di Saviano non ha né la portata narrativa né la capacita di lasciare traccia. Un brutto film per la tv, zeppo di stereotipi e noioso, che in molti hanno deciso di non vedere cambiando semplicemente canale. I politici calabresi, invece, a quanto pare l’hanno visto tutto e hanno trovato un’inaspettata fonte d’ispirazione per il loro sdegno preelettorale. In tanti, hanno innestato la baionetta agli uffici stampa e sono andati all’assalto della Rai, spillando collera.

 

Indignazione senza credibilità

Peccato che la credibilità delle parole di alcuni di loro sia ai minimi storici in questo periodo, soprattutto quando cercano di esaltare la voglia di riscatto di una regione che hanno contribuito ad affossare.
Così, ad esempio, stridono le affermazioni del governatore Mario Oliverio, quando dice che la Rai ha proposto l’immagine di una Calabria «retriva, irrimediabilmente assorbita dalle logiche criminali, persa in un destino che la condanna alla subalternità, alla marginalità e alla perdizione perenne». «Altro che servizio pubblico – ha tuonato il presidente, rivolgendosi all’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini-. Avete inflitto una pena ulteriore alla gente di Calabria, che conosce bene il peso della 'ndrangheta e ad esso con orgoglio e laboriosità oppone la forza della sua umanità. È grave, prima ancora che vergognoso, che il servizio pubblico possa prestarsi ad offendere la dignità di una intera regione impegnata a costruire faticosamente il proprio futuro, con le sue energie migliori». Sulle “energie migliori” probabilmente Oliverio allude a se stesso, visto che già da settembre si è autocandidato alle prossime Regionali con l’ambizione di continuare a guidare la Calabria, nonostante non sembra abbia contribuito granché a farla muovere in avanti negli ultimi cinque anni. Clientelismo e fortificazione dei feudi politici, con l’unico obiettivo di consolidare le posizioni di potere, sono fenomeni che dal 2014 a oggi hanno raggiunto vette immense, cime che ora sta cercando di scalare la magistratura nel tentativo di capire dove sia il confine tra cattiva politica e responsabilità penali.
Tra le cose che i politici calabresi pare ritengano più insopportabili, c’è il fatto che nella fiction Rai si sia fatta un bel po’ di confusione su dialetti e tradizioni: «Un prodotto mal confezionato, con errori marchiani - evidenzia Oliverio -, espressioni dialettali mai utilizzate nella mia regione, riferimenti ad usi e costumi, a tradizioni enogastronomiche completamente fuori luogo».

 

Qui non si parla il siciliano, capiscisti?

Un limite, quello della scarsa attenzione alla calabresità autentica, che sottolinea anche il presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto, che nella sua nota ha preferito rivolgersi al direttore di Rai Fiction, Eleonora Andreatta: «In Calabria si parla il calabrese e non il siciliano. E alcuni dialoghi, me lo conceda, sono ai limiti dell'offensivo». «Sono convinto - ha continuato il presidente dell’Assemblea - che la produzione messa in onda ieri sera non abbia fornito un buon servizio né alla mia regione, di cui viene proposta una narrazione infedele e forzata, né al Paese, che della Calabria rischia di farsi, ancora più di quanto non sia avvenuto nel passato, un'idea totalmente sbagliata». Vero. Se però il Consiglio regionale, che Irto presiede, facesse il massimo per dare un’immagine diversa di questa regione, magari approvando la legge sulla preferenza di genere, tagliando davvero i vitalizi, evitando di andare in ferie per tre mesi in estate e un paio in inverno, tra Natale e Pasqua, anche l’indignazione della politica sarebbe più credibile.

 

«Orrenda fiction pugliese»

«Orrenda fiction» la definisce invece la deputata e coordinatrice regionale di Forza Italia, Jole Santelli, che promette indagini da parte della Commissione di vigilanza: «Una vergogna, raddoppiata dal fatto che a proporla sia stato il servizio pubblico. Da Corrado Alvaro a Giuseppe Berto, da Natuzza a San Francesco, solo per citare alcuni esempi, la storia della Calabria è densa di grandi personaggi della cultura, della religione che hanno dato contributi straordinari al Paese e su cui la Rai preferisce tacere». Santelli - che è anche vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia e in questi giorni è alle prese con uno scontro istituzionale senza precedenti con il “suo” presidente, il senatore Nicola Morra - si spinge a dire che «gli esempi positivi danno fastidio a un potere che ha l'interesse di mostrare lo stereotipo di una regione che equivale alla 'ndrangheta. È una cosa su cui i vertici Rai dovranno assumersi le loro responsabilità». Una convinzione che, qualora sia sostenuta da riscontri oggettivi, dovrebbe spingerla ad occupare 24 ore su 24 la Commissione antimafia di cui è un autorevole membro, senza limitarsi a indignarsi per una brutta fiction. Ma Santelli non ce la fa proprio a non buttarla in politica, così, rincara la dose sottolineando come «quella oscena fiction su Duisburg sia stata finanziata dalla Regione Puglia». «Il governatore Emiliano dovrebbe chiedere scusa ai calabresi. Oliverio, che oggi finge di indignarsi, dovrebbe farlo con il suo collega governatore del Pd, evidentemente interessato a divulgare un'immagine negativa della Calabria per fini politici ed economici». Un “gomblotto”, insomma.

 

C'è chi punta al risarcimento Rai

Punta addirittura a un risarcimento da devolvere «al finanziamento di progetti di progetti di educazione alla legalità nelle scuole», il consigliere regionale Gianluca Gallo, che vuole vederci chiaro anche sull’eventuale sostegno garantito alla produzione Rai dalla giunta regionale, «affinché chiarisca la propria posizione di fronte ai frutti avvelenati del film». «Presenterò un'interpellanza - conclude Gallo - perché della questione si discuta in Consiglio regionale, valutando anche la possibilità di adire le vie giudiziarie per ottenere un risarcimento». Sai che paura.

 

La 'ndrangheta impedisce di vedere il futuro 

Altrettanto indignato, ma con un taglio meno retorico è il commento del sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà: «'Duisburg linea di sangue' è un film noiosamente e pericolosamente già visto. Altre pellicole, ricordo 'Il miracolo', quella sul rapimento Getty o 'Lo spietato', hanno trasmesso l'idea di una Calabria tribale, fatta solo di capre sgozzate, patti di sangue o giuramenti celebrati dando alle fiamme santini religiosi. Nuovamente, dunque, all'Italia è stata raccontata una storiella che offende, umilia e rischia di isolare un popolo che, ogni santo giorno, lotta in trincea contro un male che per primo subisce sulla propria pelle. Una battaglia che, purtroppo, diventa più difficile se non si esce dalla narrazione del “Lì è tutto 'ndrangheta”. No, permettetemi, ma non è così. Qui la 'ndrangheta c'è, ma non è il tutto».
Belle parole, destinate però a non lasciare traccia sino a quando a Reggio, come purtroppo ovunque in Calabria, basterà aprire un negozietto per trovarsi faccia a faccia con la ‘ndrangheta, che allora sembra essere davvero “il tutto”, perché impedisce di vedere qualsiasi altra cosa, soprattutto il futuro.

 

Ultim'ora: Siclari (Fi) interroga Tria

Alla fine, nonostante in ritardo rispetto agli altri, non poteva mancare il senatore reggino di Forza Italia Marco Siclari, un indefesso vero in termini di comunicazione a colpi di note stampa. Sembrava strano che non si fosse ancora palesato, sebbene nel corso della giornata avesse già detto la sua via email su un altro paio di cose.
Siclari, dopo aver ricordato che «ieri è stato il primo politico ad uscire sul caso» punta in alto e interroga addirittura il ministro Tria per sapere «se siamo di fronte a una vera e propria truffa che danneggia l’immagine delle regioni coinvolte e le casse dello Stato che hanno finanziato un progetto che di certo non promuove I territori».
«La Rai - è il suo ragionamento - è società partecipata al 99,56% dal Ministero dell’economia e della Finanza. Risulta da notizie stampa e dalle polemiche che ne sono scaturite che la Rai abbia dapprima tentato di girare in Calabria, successivamente in assenza di finanziamenti pubblici, abbia deciso di fare le riprese in Puglia con il finanziamento pubblico». Il parlamentare fa i conti in tasca a Mamma Rai e arriva a quantificare la spesa in 550mila euro, con il «coinvolgimento di 50 unità lavorative pugliesi (tra cast artistico e troupe)». Mica cotica.
Dunque, argomenta il parlamentare, sebbene appaia «vergognoso che la Calabria sia sempre e solo associata alla delinquenza organizzata ed a fatti di sangue, sembra frutto di raggiro che l’ambientazione naturale, ossia la Calabria, sia stata surrettiziamente ed artificiosamente sostituita con un’ambientazione falsa, ossia la Puglia». Insomma, come dire: se proprio la dovevate girare sta specie di fiction, almeno lo potevate fare qua, che così qualche calabrese portava a casa la pagnotta. E forse non ha tutti i torti.


Enrico De Girolamo