Ieri è toccato al leader della Lega incassare la “fiducia” (sottotono) della Camera. Oggi è la volta della ministra al Turismo che dovrà passare sotto le forche caudine del dibattito e del voto. Intanto Tajani sembra pronto a candidarsi per le Europee
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Matteo Salvini alla fine resterà al suo posto. La mozione di sfiducia, legata al rapporto della Lega con Russia unita, il partito di Putin, alla fine è stata respinta dall’aula di Montecitorio. Un esito prevedibile sia per i numeri sia per le statistiche. Queste dicono che in tutta la storia repubblicana un solo ministro è stato sfiduciato dall’aula. Si tratta di Luigi Mancuso, all’epoca ministro della Giustizia, che, siamo nel 1994, inviò gli ispettori del Ministero a Milano convinto della scarsa trasparenza nell’azione inquirente del pool di Mani Pulite. Mancuso faceva parte del governo tecnico di Lamberto Dini che non fece moltissimo per difenderlo. I numeri, poi, dicono che le mozioni presentate dalle opposizioni difficilmente trovano riscontro in aula.
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Da questo punto di vista è facile prevedere un esito simile per la ministra al Turismo, Daniela Santanchè la cui sfiducia è stata chiesta dal M5s per le vicende giudiziarie che la vedono coinvolta. La Santanchè, fra l’altro, può contare anche sulla linea garantista di ItaliaViva che non ha votato la mozione sostenendo che il Parlamento non può sovrapporsi alle aule di giustizia.
Di solito quando una mozione di sfiducia viene respinta chi è oggetto della mozione ne esce rafforzato. Non sembra questo il caso. La politica oltre che di numeri è fatta anche di simboli e ieri la distanza fra il leader della Lega e il Governo era abbastanza palpabile. I banchi dell’esecutivo erano praticamente vuoti. È toccato a Matilde Siracusano, compagna del presidente della giunta regionale Roberto Occhiuto, difendere il ministro Salvini nella sua veste di sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento. Fra i banchi vuoti del Governo, assente anche il diretto interessato, la Siracusano ha detto che «la tanto invocata separazione dei poteri dovrebbe indurre il Parlamento a rispettare il lavoro della magistratura, nel silenzio, con sobrietà». «Anticipare i processi – ha continuato - , ed è questo quello che ho sentito fare in quest’Aula oggi, non significa rispettare il lavoro della magistratura». Non proprio una difesa accorata, dunque, mentre dai territori la fronda interna contro il leader del Carroccio sale giorno dopo giorno.
Identica situazione sembra registrarsi per la Santanchè. Le cronache parlano di una tensione crescente con la premier Giorgia Meloni per la gestione dell’Ente nazionale per il turismo. Sullo sfondo non ci sono solo le polemiche relative alla campagna “Open to meraviglia”, ma anche le nomine all’interno dell’ente. palazzo Chigi lo ha di fatto commissariato imponendo il nome del nuovo presidente, Alessandra Priante. La Santanchè avrebbe provato un blitz con la nomina di un direttore generale, figura non prevista nello statuto dell’ente e che infatti è stata bloccata dal consiglio di amministrazione.
Insomma le tensioni sono crescenti e l’idea di un rimpasto subito dopo le Europee circola con sempre maggiore insistenza. Nei giorni scorsi Repubblica parlava di un rimpasto corposo che coinvolgerebbe almeno sette pedine. Fra queste proprio la Santanchè, qualcuno che dovrà sostituire il dimissionario Vittorio Sgarbi, ma anche il ministro del Pnrr e la coesione sociale, Raffaele Fitto, che sembra destinato al ruolo di commissario europeo. E a questi movimenti che guarda con attenzione anche Roberto Occhiuto che potrebbe rientrare, qualora lo decidesse, nel valzer del rimpasto. Prima però ci sono le Europee e i voti da portare in dote. L’ultima novità riguarda Antonio Tajani. Il leader di Fi alla fine avrebbe deciso di candidarsi per controbilanciare la candidatura della Meloni. Ma non in tutte le circoscrizioni. Certamente, però, in quella Sud, che è il granaio elettorale del suo partito. Gianluca Gallo forse può tirare un respiro di sollievo.