Fratelli d’Italia sembra aver abbandonato le sue radici più ruvide per l’approdo nei salotti del potere. Il programma di Antonella Grippo smonta la “nouvelle vague” meloniana. Una serata di critiche, ironia pungente e ospiti d’eccezione
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Era il 1998 quando la storica sede del Movimento Sociale di Colle Oppio ospitò la prima festa di Atreju, sotto l’egida di Azione Giovani guidata da Giorgia Meloni. Oggi quella stessa manifestazione si tiene al Circo Massimo, nel centro di Roma. Segno di una vittoria elettorale indiscutibile. Ma la destra italiana diventata di governo, sembra vivere una svolta sedante e “perbene”. Il cuore pulsante di Fratelli d’Italia è davvero diventato cattolico, liberale e democristiano? Si sta veramente trasformando in qualcosa di elegantemente conservatore e liberista?
Sono queste le domande al centro della nuova puntata di Perfidia, lo show più irriverente e malandrino della televisione italiana (clicca qui per rivedere la puntata). Antonella Grippo, satanicamente di rosso vestita, annuncia il titolo provocatorio: Da Colle Oppio a molle Oppio. Un affondo che, per chi conosce le radici della destra italiana, non passa certo inosservato.
«Se so’ ammosciati?» si chiede la matadora del salotto più scorretto di LaC. E per discutere della «svolta moscetta» della destra italiana, la Grippo sfodera uno studio degno delle grandi occasioni. Altro che Bruno Vespa o Giovanni Floris: accanto a lei ci sono Roberto Fico, ex presidente della Camera e volto del Movimento 5 Stelle, lo scrittore Fulvio Abbate, Bobo Craxi, figlio d’arte e rappresentante del Psi, il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, l’irriducibile Gianni Alemanno, Roberto Castagna della Uil e il vicedirettore de Il Giornale, Francesco Maria Del Vigo.
Un parterre di tutto rispetto, insomma, ma forse proprio per questo meno ruspante del solito. Lo studio, spesso teatro di scintillanti scontri dialettici degni di un incontro di wrestling, sembra quasi trasformato in un salotto di buone maniere in un tripudio di “grazie”, “prego” e “si figuri”. Le risse verbali, di norma all’ordine del giorno, lasciano il posto a toni civili e a un florilegio di frasi di cortesia. Nessuno che parla sopra l’altro, neppure un accenno d’isterica reazione. L’essenza trasgressiva e dissacrante di Perfidia sembra momentaneamente sospesa.
Ma ecco il colpo di scena. La Grippo, maestra nell’arte della provocazione, tira fuori dal cilindro una biografia della Meloni, in perfetto stile Perfidia che dà la scossa riportando la serata sui binari consueti: «Giorgia nasce da una relazione extraparlamentare tra Italo Balbo, Rita Pavone, Er Pecora e donna Assunta, con il concorso esterno di Romolo, Remo e Lando Fiorini. Diventa leader di un’audience elettorale di barcaroli eversivi e contro-corente…».
La storia continua, sottolineando il temperamento «cazzuto e tosto» della Meloni, la sua natura «sana, fascia e sgarbatella». Spiega la conduttrice: «Presiede Azione Giovani, giovinezza e primavera di bellezza. Silvio la designerà ministro nel suo quarto Governo. La scelta non poteva essere più pertinente, finalmente una camicia… vera contro le solite camicette vezzose e rosa dell’entourage berlusconiano». La conclusione è dissacrante: «Di Giorgia tutti magnificano la coerenza, ma per dirla con Oscar Wilde, la coerenza è tipica degli intelletti poco creativi e privi d’immaginazione».
L’ironia tagliente della Grippo riaccende il dibattito. Roberto Castagna spara a zero sul Governo, accusando Fratelli d’Italia di essersi ammorbidito per lasciare a Salvini il ruolo del «cattivo di turno». Roberto Fico rincara la dose: «Dopo tante parole da parte della Meloni, mi aspettavo un combattimento serrato in Europa, invece appena le hanno proposto il patto di stabilità si è arresa e ha firmato senza batter ciglio». E a proposito del cambiamento in atto nel M5S non le manda a dire: «Troppa pudicizia lessicale da parte di Conte? I termini lasciano il tempo che trovano. A me destra o sinistra fregano poco, credo al progressismo. Noi non saremo mai alleati con la destra del Paese».
A mettere una lapide, sottoscrivendo la mollezza della nouvelle vague meloniana, è Gianni Alemanno che, da uomo di “extradestra”, offre una riflessione amara: «Giorgia ha cancellato la destra sociale. Quando si arriva alle poltrone comode, ci si siede e ci si avvia verso una morte dolce. È già successo a Fini».
A dare manforte alla teoria del “molle Oppio” della destra di governo ci pensano lo scrittore Fulvio Abbate e Bobo Craxi, che con il loro libro Gauche Caviar affondano il coltello nelle contraddizioni della politica: «Per Meloni, l’antifascismo è una posa radical-chic. Anche l’Europa è una radical-chic per certa destra. Tutto quello che non si vuole affrontare è radical-chic. La Meloni dovrebbe dare delle risposte politiche alle domande che le arrivano dal Paese, per questo preferisce andarsene all’estero». Poi Abbate rincara: «Se un giornalista Rai fa una domanda scomoda gli rinfacciano di non fare servizio pubblico. Non c’è più dialettica: dissentire è rosicare, discutere è gufare».
Craxi, stimolato dalla Grippo, cerca di spiegare il suo socialismo con una battuta: «È quello che permette ai meno abbienti di vedere il mare, non solo alla Santanchè e Briatore». Poi, tornando serio, critica il Governo per i toni trionfalistici: «Ci sono cinque milioni di italiani che non vivono dignitosamente. È il caso di evitare certi atteggiamenti compiaciuti e i toni trionfalistici».
A stemperare ci pensa Giuseppe Falcomatà che è l’unico che accetta l’invito di avvicinarsi al pianoforte e intonare Maledetta Primavera. La performance, abbondantemente dignitosa, lo proietta nell’ipotetico X Factor della politica. Ma il sindaco di Reggio Calabria mira più in alto e, stuzzicato a dovere dalla conduttrice, ammette: «Sono a disposizione del centrosinistra per la candidatura a presidente della Regione Calabria». Poi chiude il tema della serata con una stoccata memorabile: «Se il riferimento della destra di oggi è Elon Musk – tra droghe, sesso e famiglie allargate – siamo ben oltre l’oppio. E non sto parlando del colle». Applausi!