Tra i primi ad essere arruolato nella Film Commission è stato il patron del Magna Graecia Film Festival. Per lui porte sempre aperte anche al Comune di Catanzaro che annulla grandi eventi ma non la kermesse cinematografica
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Chi ha dimestichezza con le vicende Rai, certe dinamiche le conosce bene e sa come per entrarne all'interno non abbia alternativa ad avere buoni uffici con la politica. Il merito? Un optional o, se preferite, un qualcosa che in determinati casi può servire. Ma senza bastare. Mai. Tanto è vero che superbig alla Michele Santoro, per intenderci, quando hanno disturbato troppo il... manovratore sono stati ostracizzati e poi esiliati.
Eppure il mercato della pubblicità connesso ai programmi santoriani fruttava all'Azienda cifre astronomiche oltreché far segnare ascolti record o quasi per un talk. Come premesso, però, niente da fare. Perché il mantra è sempre stato: "L'inchiesta sì, ma con giudizio". Forse esclusa da tale diktat solo la terza rete nazionale, appannaggio del Pci e a seguire della 'discendenza comunista' più ortodossa ovvero assai diversa dalla paludata area Democrat dei tempi moderni.
Queste le rigide regole, dunque, all'ombra del cavallo di Viale Mazzini con al centro della scena i soliti personaggi. Fra loro, Giovanni Minoli. Uno che, finita nella polvere di Tangentopoli l'epopea craxiana, pur da fan del lìder maximo Bettino aveva resistito come nulla fosse alle epurazioni degli ex socialisti e dei simpatizzanti del Garofano Rosso da 'Mamma Rai'.
Ma per lui, peraltro genero del plenipotenziario per lungo tempo dg della Tv di Stato Ettore Bernabei, poco o niente era cambiato e nessuno aveva immaginato ad esempio di 'scalzarlo' dalla conduzione della sua trasmissione Mixer che lo aveva tra l'altro portato a fine febbraio del 1994 a realizzare un'intervista nient'affatto accomodante all'allora tycoon con appena disvelate velleità da premier, Silvio Berlusconi.
Un fuoco di fila di domande piovute sul Cav, che spinse Giuliano Ferrara a sbottare: "Ieri sera (22 febbraio 1994, ndr), guardando Minoli, ho capito cosa lo differenzia da me e me lo rende tanto detestabile. Negli anni in cui ero amico di Craxi lui ne era uno sguattero; io sono rimasto amico di Craxi e lui ne è rimasto sguattero".
Ma per quale ragione tanta attenzione sul noto giornalista torinese da parte nostra? Semplice, perché dal protagonista di una scalata ai vertici della Rai - in una strana stagione del Paese - ripresa con dovizia di particolari dal nostro direttore Pasquale Motta, non ti aspetteresti la venuta per lavorare, finora più in spirito che in presenza, nella più periferica provincia dell'impero. Una regione che da nove mesi a questa parte sembra invece essere diventata quasi la "Calabria da filmare" sulla scia della vecchia "Milano da bere", probabilmente assai cara a Minoli.
E già, perché lo stesso commissario della Calabria Film Commission, scelto e nominato proprio alla fine della scorsa estate dalla sfortunata Jole Santelli si è presentato in Cittadella annunciando progetti fantasmagorici per la regione con un po' di occupazione garantita ai calabresi. Fatto sta che Minoli finora sembra aver dato incarichi lautamente retribuiti solo a pochi calabresi, magari anche eccellenti, per carità.
Ma che non avevano di certo il problema del lavoro. Fra di loro, ecco spuntare il volto forse più conosciuto di tutti. Almeno al 'grande pubblico'. Il riferimento è a quel Gianvito Casadonte che da patron del Magna Graecia Film Festival di 'chiamate' locali e nazionali ne ottiene ciclicamente a mani basse. Tutte meritate, sia chiaro, per "un intellettuale della Magna Graecia" per come definito nientemeno che dal Maestro Ettore Scola.
Resta però un fatto: a lui pare giovare il forte legame che ha con il territorio e un gruppo di politici, imprenditori, professionisti e soggetti in vista, a cui rimane legatissimo malgrado potrebbe proiettarsi su scenari nazionali e forse persino esteri. Ma il "Ragazzo di Calabria" da qui non schioda, altroché, gli piace infatti essere profeta in patria. E mantiene ben salde le radici e soprattutto i rapporti e le frequentazioni con chi conta, non dicendo di no ai tanti amici che ha dando - quando serve - una mano qua e un aiuto là.
La sua creatura, il Magna Graecia Film Festival, la vetrina che tutti gli invidiano, è comunque la dimostrazione di ottime capacità. Una rassegna per giunta accompagnata da una buona stella, essendo continuata pure in costanza della più grave pandemia mondiale dal Dopoguerra a oggi. E malgrado il sindaco-presidente Sergio Abramo abbia annullato in città per causa di forza maggiore manifestazioni 'storicizzate' quali ad esempio Settembre al Parco.
Il Comune, tuttavia, non ha voluto 'cassare' Casadonte e l'Mgff dell'amico brillante manager cosicché l'impegno di spesa, ma non unicamente, in favore della Kermesse lo ha rinnovato, anche garantendo la location e parte della logistica di un'area del porto di Marina di Catanzaro da cui è ospitata la rassegna che viene tirata a lucido per dieci giorni all'anno su 365 di sostanziale documentato abbandono.
Ma tant'è: portare nel cuore dell'estate tante celebrities e molti altri dirigenti e maggiorenti della televisione pubblica, seppur in parte a spese degli enti locali, a villeggiare e divertirsi... aggratis lungo uno dei tratti di costa più belli e suggestivi d'Italia - malgrado i tempi magri che corrono - giova tanto al territorio e in particolare ad alcuni suoi figli prediletti. Altro che "nemo profeta in patria", allora. La verità è che il proverbiale monito da seguire è semmai un altro ossia "puoi conquistare il mondo, ma come stai a casa tua…".