La delicata questione della supposta ineleggibilità dei primi due candidati, per numero di preferenze conseguite, nella Circoscrizione Centro alle Regionali dello scorso 3 e 4 ottobre nella lista di Forza Italia, Michele Comito e Valeria Fedele, potrebbe dar luogo a un terremoto politico con una serie di ripercussioni anche in relazione alle scelte per la formazione della Giunta Occhiuto. Un’asserzione avvalorata anche dalle voci relative a un consistente aiuto che il leader dei forzisti calabresi Giuseppe Mangialavori avrebbe fornito al dottor Comito soprattutto, ma pure all’avvocato Fedele. Boatos, non certo marginali, circolati fin dall’avvio della campagna elettorale, che potrebbero dunque contribuire a inasprire il clima alla partenza del mandato conferito a Roberto Occhiuto dai cittadini poco più di un mese fa in modo quasi plebiscitario per le dimensioni del divario fra il centrodestra, con Fi in testa, e l’opposto centrosinistra.

In caso di ineleggibilità di Fedele e Comito, dentro Talerico e Parente

Fin qui la spinosa (eufemismo!) vicenda politica che però per divenire definitivamente tale, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili sotto vari aspetti, dovrebbe coincidere con il riconoscimento della fondatezza delle contenuto del parere, come ovvio propedeutico alla formale presentazione del ricorso - fornito dal noto avvocato Anselmo Torchia - da parte dell’autorità giudiziaria adita. Un presupposto chiave, quello che sul piano giuridico venga dato fondamento alle conclusioni dell’articolata tesi dello stesso legale cosicché il successivo atto produca i suoi effetti. Comunque sia, dopo un approfondito studio del “caso” e di ogni specifico riferimento normativo, Torchia propende per la sussistenza di disposizioni normative a suffragio dell’esclusione dall’assise di Palazzo Campanella di Comito e Fedele a vantaggio di Antonello Talerico e Silvia Parente, rimasti fuori dal Consiglio malgrado un ottimo risultato personale.

Ineleggibilità di Fedele e Comito: il parere dell'avvocato Torchia

Complessa e come ovvio molto tecnica la questione, del cui parere legale di cui abbiamo appena detto - preliminare all’iniziativa giudiziaria - si dà conto dei soli punti salienti, che in relazione al dirigente medico dell’Asp di Vibo Comito sono in particolare da ricollegare alla legge 154 del 1981.
Una normativa relativa ai dipendenti dell'Unità Sanitaria Locale (le allora Usl) poi sostituite dalle Asl, caratterizzate da una diversa struttura organizzativa e dirigenziale, ma con la possibilità che le statuizioni sull’ineleggibilità e incompatibilità della norma ad hoc ormai datata, siano interpretabili, secondi il canone della ragionevolezza, in senso “estensivo” proprio rispetto al mero dato letterale della citata legislazione in materia di 40 anni fa. Assunto peraltro suffragato dalla Cassazione.

In posizione apicale di un ente pubblico anche la Fedele, dg della Provincia di Catanzaro da circa sei anni e mezzo e propostasi quale aspirante consigliere regionale senza dimettersi, né mettersi in aspettativa, dal momento dell’accettazione della candidatura. Decisione al contrario assunta dal “collega” Comito che già il 26 agosto ha avanzato all’Asp di appartenenza istanza per la concessione di un periodo di aspettativa per la durata minima di 40 giorni, ai sensi del Contratto collettivo nazionale del Lavoro per l’area Dirigenza medica e veterinaria. Richiesta accolta dall’Azienda il giorno seguente con decorrenza dal 30 agosto.

Un fatto di assoluto rilievo poiché per la legge qualora «le attività o le funzioni svolte dal candidato possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione del corpo elettorale o violare la parità di accesso, rispetto agli altri aspiranti eletti, a determinate cariche si può configurare l’ipotesi dell’ineleggibilità. Tali cause sono prive di effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativa, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature». Alla luce delle regole stabilite dalla normativa primaria, occorre verificare se e come la legislazione regionale (che però in Calabria rinvia alla normativa statale in un curioso “gioco di specchi”) abbia dato attuazione ai relativi principi e se abbia maggiormente specificato le cause di ineleggibilità o incompatibilità previste a livello nazionale.

Al di là di tutto, però, al fine di rispondere al quesito posto in riferimento alla peculiare posizione di Fedele, è necessario dunque verificare se il ruolo direttoriale da lei ricoperto costituisca un’ipotesi di ineleggibilità, tenendo presente che le fattispecie concrete di cui si parla vada tuttavia giudicata soltanto alla luce della specifica disciplina dettata per la sua regolazione. Di certo c’è che è il medesimo decreto di nomina a dg a definirne tale posizione come «ruolo di massima direzione e coordinamento nell’attività gestionale dell’ente».

Funzioni in senso lato equiparabili a quelle svolte da un dg di un’Asl. La prima tappa di quella che si annuncia come una lotta senza esclusione di colpi si è sostanziata nell’investire della questione la commissione elettorale regionale. Non a caso attivata nella fase precedente alla convocazione del nuovo Consiglio per le eventuali contestazioni a Comito e Fedele, in attesa che a breve venga notificato il ricorso.