Il Partito democratico non riesce a esprimere una linea univoca e identitaria sul tema Giustizia, glissando sui principali fatti di cronaca. E ciclicamente torna di moda la mai risolta “questione morale”
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Va avanti lento pede il viaggio del Pd verso il suo ennesimo congresso di rifondazione. La sensazione però è che questa rinascita non si accompagni ad un vero dibattito sui contenuti. Lo schema sembra essere il solito ovvero tre aspiranti segretari fra i quali i militanti dovranno scegliere e un dibattito abbastanza generico che parla di campi da allargare, classi dirigenti da rinnovare, di recupero della connessione sentimentale con il vecchio popolo dem.
Però in pochi affrontano uno dei nodi principali del nostro Paese ovvero il delicato tema della Giustizia. Il Guardasigilli, Carlo Nordio, ha in mente una riforma abbastanza strutturale del settore. E il Pd? Cosa ne pensa? Cosa è rimasto della vocazione garantista del partito? «Non c’è una questione morale nel Pd. C’è da porre il tema della questione morale nel Pd e nella politica - ha detto Stefano Bonaccini l’altra domenica a Lamezia - Da garantista sono abituato al fatto che i processi si fanno in tribunale e non in piazza o sui giornali. Quello che sta emergendo, se confermato - ha continuato commentando i fatti di Bruxelles - è da voltastomaco e richiede provvedimenti all’altezza. Conosco tanta gente per bene, seria e onesta nel Pd che non può accettare di essere accostata a certi episodi. Guardi io vengo da una famiglia che aveva in Enrico Berlinguer un punto di riferimento per cui è indispensabile porre una questione morale intesa non come presunta superiorità morale, ma come etica dei comportamenti».
Insomma al di là del riferimento, non proprio una posizione garantista. Ed in effetti di garantismo in questa vicenda dai toni ancora oscuri come i fondi neri di Bruxelles non se ne vede molto.
Appena venute fuori le indiscrezioni su un possibile coinvolgimento dell’europarlamentare Andrea Cozzolino nel Quatargate, Enrico Letta ha deciso subito di convocare la commissione garanzia del partito e nel giro di poche ore l’esponente del S&D a Bruxelles è stato sottoposto a duro provvedimento disciplinare perdendo i diritti di voto attivi e passivi nel partito.
Peccato che Cozzolino non risulta, al momento, indagato. «Sono profondamente indignato per le vicende giudiziarie che apprendo dalla stampa e che minano fortemente la credibilità delle istituzioni europee. Personalmente sono del tutto estraneo alle indagini: non sono indagato, non sono stato interrogato, non ho subito perquisizioni né, tantomeno, sono stati apposti sigilli al mio ufficio. Sono pronto a tutelare la mia storia e la mia onorabilità in ogni sede. Inoltre non ho mai incontrato persone vicine ad agenzie o servizi di sicurezza, né tanto meno ho mai perseguito interessi, vantaggi o utilità personali nella mia vita politica», aveva dichiarato lo stesso Cozzolino il 15 dicembre scorso ovvero poche ore prima di subire il provvedimento interno.
Cozzolino sottolineava anche che le delegazioni al Parlamento europeo «non sono parte del processo legislativo e, al contrario delle commissioni, non gestiscono risorse del bilancio Ue e non stipulano accordi internazionali. Abbiamo sempre lavorato con trasparenza per promuovere il dialogo tra le assemblee parlamentari - scriveva in una nota - sono ancora fortemente turbato per il fermo del mio assistente, che ho conosciuto per le sue esperienze lavorative nell'Europarlamento e non ho idea di quale sia il suo coinvolgimento nella vicenda giudiziaria se non quello rivelato dalla stampa. Da parte mia, mi batterò per l'affermazione e la difesa della verità e per fare piena luce su sospetti infondati. Sono a completa disposizione dell'autorità giudiziaria per qualsiasi chiarimento e ripongo la massima fiducia nel lavoro della magistratura del Belgio».
Parole al vento che nessuno nel partito evidentemente ha voluto considerare. Al contrario. Basti pensare che sabato scorso a Cosenza, la Federazione provinciale (di cui è segretario Vittorio Pecoraro già assistente dell’europarlamentare) aveva organizzato un dibattito sull’autonomia differenziata che doveva essere concluso proprio da Cozzolino. L’iniziativa è stata rinviata. Con un post sui social la Federazione ha scritto che “L’Assemblea pubblica “ No all’autonomia differenziata che divide l’Italia”, in origine prevista il 17 dicembre a Cosenza è posticipata a dopo le festività. Nello stesso giorno alcune delegazioni dei circoli della provincia di Cosenza saranno a Roma in Piazza Santi Apostoli, alle ore 15, per partecipare alla manifestazione nazionale del Partito democratico contro la Legge di Bilancio del governo Meloni. Ci vediamo in piazza!”. Peccato che l’iniziativa di Letta era ampiamente prevista per cui la giustificazione sembra poco più di una scusa.
In realtà l’unico a dire qualcosa di sinistra in questa vicenda è stato Franco Roberti, voce autorevole non solo nella sua veste di europarlamentare Pd ma anche di ex magistrato a capo dell’Antimafia. Roberti su questa storia ha infatti molti dubbi e in un'intervista a “La Stampa” ha detto «Le notizie sull’indagine che lo riguardano sono ancora molto vaghe. Si parla di sospetti che questo Giorgi avrebbe maturato nei suoi confronti, ma il sospetto non è niente, è un fatto interno al signor Giorgi. Elementi indiziari a carico di Cozzolino non ne emergono. Se poi si cercano questi elementi nelle sue posizioni politiche, è fondamentale dire una cosa: anche se magari non condivisibili, le sue posizioni politiche sono assolutamente rispettabili».
È stato l’unico Roberti a prendere una posizione così netta. Dal resto del partito solo silenzio. Una situazione che i calabresi conoscono bene. Basti pensare alla vicenda giudiziaria che ha riguardato Mario Oliverio. Anche lì lungi dall’essere garantisti, il gotha del partito ne ha approfittato per eliminare politicamente l’ex presidente della Regione e anche dopo le sue assoluzioni si è registrato il silenzio impenetrabile nel partito. Ma come la pensa il Pd sui temi del garantismo e delle giustizia? Forse il congresso straordinario potrebbe essere l’occasione per discuterne. Al di là dei posizionamenti dei gruppi dirigenti su questo o quel candidato.