Pioggia di denaro in arrivo per i costituendi gruppi politici di Palazzo Campanella. I pentastellati potrebbero essere la prima forza politica regionale che si taglia stipendi ed emolumenti, non cadendo nella tentazione delle regalie di palazzo.
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A queste ultime elezioni regionali il centrosinistra ha compreso che cambiando il numero degli addendi il risultato non cambia. Anzi, la coalizione Pd-M5S e listine annesse e connesse hanno raggiunto 219.389 voti su base regionale, pari al 27,68%, addirittura meno dei 244.761 voti, pari al 30,11% della tragi-epopea politica di Pippo Callipo che al suo seguito aveva praticamente solo il Pd e poco più.
Il Pd lottizza gli incarichi consiliari e la Bruni va nel misto
Ecco che, quindi, i Dem han dato sfoggio di laconico conservatorismo, salvaguardando e soddisfando i soliti equilibri correntizi di eco nazionale (e gli appetiti di Luca Lotti e sodali), auto-attribuendosi il bollino di forza rinnovata praticamente solo tramite della mera sostituzione in lista dell'orlandiano anti-oliveriano Carlo Guccione con l'ex oliveriano a fasi alterne Franco Iacucci e dell’ex callipiano Francesco Pitaro con l’ex elettore di Forza Italia, Ernesto Alecci.
E mentre Amalia Bruni annuncia pubblicamente l'iscrizione al gruppo misto di Palazzo Campanella, giustificandola politicamente (e ricevendo ampio supporto dalla coalizione), c'è a chi non sfugge che se nel Pd il gioco delle caselle degli incarichi consiliari è cosa fatta e non lascia spazio alcuno, il primo consigliere regionale che entra nel misto, ne diviene capogruppo per l'intera legislatura, con annessi privilegi (indennità di carica aggiuntiva di 18mila euro annui, maxi-struttura con autisti e collaboratori vari pari a circa 175mila euro annui). Sul punto, però, da più parti, la situazione la si conosce, ma non se ne parla.
M5S e costi della politica, l’occasione per dare l’esempio
Al netto d questo, possiamo certamente dire che l'unica novità della proclamanda assise regionale sia la presenza del M5S, che su base regionale conferma i voti della precedente tornata regionale “in solitaria”, ma che ora suggella e trasmigra gli accordi nazionali in sede locale, superando la soglia di sbarramento (dimezzata) prevista legislativamente per le liste coalizzate.
Una occasione inedita, foriera di aspettative e grandi esempi da dare sul fronte degli sprechi di palazzo, alla luce delle premesse che da sempre accompagnano le storiche battaglie pentastellate.
Il futuro neo gruppo consiliare sarà composto da un capogruppo e da un membro dell'ufficio di presidenza (pare verrà “concesso” al M5S un segretario questore di minoranza). Complessivamente, questi due incarichi porteranno sulla carta ad introiti rispettivamente di 163.642,32 e 179.469,60 euro annui.
Molto di più del Ministro Luigi Di Maio che da vicepremier italiano ha dichiarato 98.771 euro lordi e di Giuseppe Conte che da Presidente del Consiglio dei ministri ne ha dichiarati 158.474, in riferimento all’anno 2019.
L’ex premier, tra l’altro, quando era in carica si tagliò lo stipendio dichiarando pubblicamente: «Onestà e trasparenza: due parole chiave per il Governo del Cambiamento, due modi di agire attraverso i quali, sin dai primi giorni, abbiamo voluto dare un indirizzo di rottura con gli schemi del passato (...) Perché siamo noi i primi a dover dare il buon esempio».
La disciplina di “partito”
Il regolamento relativo al trattamento economico degli eletti del Movimento 5 Stelle, approvato dal Comitato di Garanzia nazionale lo scorso 11 aprile, prevede espressamente che l’indannità mensile dei consiglieri regionali non potrà superare il tetto di 3.250 euro mensili netti. Indennità che sarà ridotta in base alle assenze in assemblea regionale.
Nel regolamento è specificato, altresì, che il consigliere regionale “Non dovrà percepire, rinunciandovi preventivamente, ulteriori indennità e rimborsi in relazione a ulteriori cariche assunte”. E’ previsto il versamento di una quota pari a 300 euro mensili al Movimento 5 Stelle “per il mantenimento delle piattaforme tecnologiche, scudo della rete e spese generali di funzionamento”.
Sulla carta, quindi, per la prima volta nella storia del regionalismo calabrese ci saranno Consiglieri regionali che si decurteranno l’indennità di carica e rinunceranno alla lauta indennità di funzione e alle gonfiatissime spese di esercizio del mandato (6000 euro mensili).
Il silenzio su portaborse e co.co.co.
Nulla è previsto dal citato regolamento interno del M5S in merito all’annosa questione dei portaborse, autisti e contratti di collaborazione, caso unico (di sprechi) sul piano nazionale. Certo, nessuno si aspetterebbe la nomina o la contrattualizzazione da parte dei pentastellati di fisioterapisti, mamme annoiate, camionisti, baby sitter e portantini vari, ma anche la proposta di legge di iniziativa popolare (cosiddetta “Taglia privilegi”) firmata da oltre 5000 calabresi e promossa dal M5S, sul punto è lacunosa.
Il testo della proposta, depositato nel dicembre 2018 e presentato in conferenza stampa a Palazzo Campanella nel maggio dello stesso anno anche dall’allora consigliere comunale di Mirto Crosia, Davide Tavernise, prevede una diminuzione degli emolumenti dei consiglieri (e delle varie cariche consiliari) e una riduzione del budget di spesa per il personale dei gruppi (ossia, per i co.co.co.): da 42.860,38 euro annui a disposizione di un consigliere, a quasi 20mila. Ridepositarla sarà certamente importante sul piano simbolico, ma difficilmente troverà sponde o feedback dalle altri parti politiche.
Silenzio tombale, invece, sui portaborse e componenti vari delle maxi-strutture che, comprensivi di oneri previdenziali, possono toccare circa 210mila euro annui a Consigliere (per un massimo di ben 11 unità ciascuno tra segretari particolari, collaboratori, autisti e quant’altro).
Se pensiamo che ogni deputato pentastellato ha a disposizione due assistenti parlamentari o poco più, l’unicità di questa mangiatoia di soldi pubblici andrà affrontata dal coordinamento regionale e dal Comitato di Garanzia del M5S, pena il rispetto formale dei regolamenti fin d’ora datesi con, però, la formazione in Consiglio regionale di un monocolore dello spreco unitamente alla partitocrazia tradizionale calabrese.