Per l'ex parlamentare solo la Chiesa e la Lega conoscono la legge: «I dem fingono di non conoscere le proprie responsabilità mentre nel centrodestra molti mugugni ma nessuno ha votato No. Sul referendum ho qualche dubbio, il vero pericolo per Calderoli&Co sono i ricorsi alla Corte costituzionale»
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«Guardi che Lega e la Chiesa sono gli unici due soggetti che, ovviamente per ragioni diverse, hanno letto la legge». Ne è convinto Nino Foti, presidente della Fondazione Magna Grecia, ex parlamentare, esponente di punta di “Noi Moderati”. Dal suo buen retiro di Scilla l’accorsato politico commenta così lo scontro in atto sull’autonomia differenziata. «La Lega, ovviamente, l’ha scritta e la conosce bene al punto che è riuscita ad imbrigliare l'intera maggioranza sul suo progetto e di conseguenza il Parlamento. Pensi che raramente non si è avuta la possibilità di modificare alla Camera un testo di iniziativa parlamentare, licenziato dal Senato. A mia memoria è accaduto una volta negli anni recenti con la riforma del lavoro varata dalla Fornero con il Governo Monti. All’epoca il presidente del Consiglio disse che non ci sarebbe stato il tempo per apportare modifiche perché Bruxelles chiedeva all’Italia di fare i “compiti a casa” e farli in tempi stretti pena il disastro per il Paese. Qui non c’era nessun problema di tempi eppure tutto è stato fatto in una notte».
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E la Chiesa?
«La Chiesa ha studiato bene la riforma, al contrario di quello che dice il Governatore del Veneto, Zaia, che lo dice sapendo di mentire. Le preoccupazioni sulla tenuta sociale del Paese sono reali».
Ma secondo lei non l’ha letta nemmeno Forza Italia?
«A giudicare da quello che dice Antonio Tajani devo dedurre di no».
Cioè?
«Lui continua a dire che dobbiamo prima individuare e finanziare i Lep, evidentemente non si è accorto del grande inganno o del trucchetto contenuto nell’articolo 4 della legge 86/2024. Nel primo comma si scrive che per avviare i trasferimenti di funzioni bisogna attendere i Lep; nel secondo comma, però, scrive che per tutte le altre materie non rientranti nel comma 1 ovvero quelle per cui non sono necessari i Lep possono essere subito avviati i trasferimenti. Non stiamo parlando di materie banali, sono quelle elencate nel terzo comma dell’art. 117 della Costituzione fra cui la previdenza integrativa che racchiude davvero una montagna di soldi, la Protezione civile, strade e autostrade. Non è un caso se già il Veneto ha inviato al Governo la richiesta per il trasferimento di dodici materie e la Lombardia per otto. Tajani se n’è accorto solo quando qualcuno gli ha detto che fra queste c’era anche il commercio estero che da quando è ministro Di Maio è passato di competenza alla Farnesina. Allora ha detto che ventuno politiche commerciali diverse erano pericolose visto il peso che ha l’export sul Pil italiano. Se n’è accorto un po’ tardi, insomma».
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C'è chi se n’è accorto per tempo, mi pare il Pd che sembra aver trovato cemento intorno alla questione…
«Le posso dire la verità?»
Prego…
«Qui siamo davvero al festival dell’ipocrisia. Il dato è che tutta questa storia si è resa possibile perché nel 2001 il Pd per una manciata di voti ha approvato la riforma del titolo V della Costituzione ovvero ha modificato la Costituzione in particolare gli art.116 e 117 per fare un favore alla Lega, nella speranza che abbandonasse Berlusconi. Per cui oggi trovo curioso leggere alcune interviste come quella di Bassanini che all’epoca non era un cittadino qualunque, ma Ministro della Funzione Pubblica che critica l’autonomia differenziata che il suo Governo ha voluto».
Il Pd dice che l’autonomia che avevano in testa era molto diversa da questa…
«Altra ipocrisia perchè sin da allora si capiva la trazione nordista di questa vicenda visto che a chiedere il trasferimento di funzioni, già possibile prima della legge di oggi, erano state Lombardia, Veneto e l’Emilia Romagna di cui la Schlein era vicepresidente con il Governo Gentiloni nel 2018 a soli 4 giorni dalle elezioni.».
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Ora però il Pd raccoglie le firme per il referendum. Ha letto l’intervista di Calderoli? Dice che spaccherà il Paese…
«Calderoli è furbo come ha dimostrato con l’intervista in cui ha ridicolizzato le intemperanze dei suoi alleati derubricandoli a temporali estivi che spariranno presto. Ma di una cosa ha paura Calderoli e non è il referendum su cui il quorum è abbastanza complicato da raggiungere. Non solo ma è anche in discussione l’ammissibilità del referendum visto che la legge si chiama “Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Si tratta quindi di norma di rango costituzionale che potrebbe non essere soggetta a referendum. Allora il vero pericolo è il ricorso alla Corte Costituzionale che stanno presentando le Regioni. La Consulta potrebbe cassare la legge o considerarla legittima. È chiaro che nel primo caso le conseguenze per il Governo non saranno poche, il Governo cadrà su questa vicenda. Ecco perché la Meloni adesso sta tirando il freno a mano».
Può farlo?
«Certo. Non ci sono limiti temporali nelle trattative. Il Governo può rispondere con tutta calma alle richieste delle Regioni. Poi concluse le trattative si deve passare al dibattito parlamentare, anche se non vincolante giuridicamente. Insomma melina se ne può fare».
Vedremo che farà la deputazione calabrese...
«Per il momento quella leghista è rimasta in assoluto silenzio perché, considerati i meccanismi della legge elettorale, non possono permettersi il dissenso. Gli altri del centrodestra hanno fatto finta di presentare ordini del giorno che lasciano il tempo che trovano. Nessuno ha avuto il coraggio di votare No, anzi o si sono assentati al momento del voto o si sono fatti mettere in missione. Anche qui servirebbe più protagonismo e meno ipocrisia».