Il “Decreto Calabria” sulla sanità «anche per come convertito presenta profili di lesività in pregiudizio della sfera di attribuzioni legislative, finanziarie e amministrative della Regione». E' quanto scrive la Giunta regionale nella delibera con la quale, lo scorso 22 luglio, ha deciso di proporre ricorso alla Corte costituzionale contro la legge 60/2019 che ha convertito il “Decreto Calabria” sulla sanità approvato dal governo a fine aprile: lo stesso decreto governativo era già stato impugnato dalla Regione nel mese di maggio. Secondo la Giunta presieduta dal governatore Mario Oliverio «molte delle modifiche apportate in sede di conversione» in legge del decreto sulla sanità calabrese «non modificano sostanzialmente le norme del decreto, con conseguente trasferimento delle questioni già poste sulle norme oggetti di conversione». In particolare, la Giunta regionale sostiene che gli articoli 1,2,3,4,5,6,8,9,14 e 15 della legge 60, “dando come presupposta l’esistenza di un Piano di rientro, violano gli articoli 5, 117, 120 e 121 della Costituzione, in quanto il Piano di rientro della Regione Calabria, prorogato da ultimo con Dca 119/16, è scaduto il 31 dicembre 2018” e «quindi l’intervento statale, assunto in materia di legislazione concorrente, è privo di presupposto legittimante» e violano «il principio di leale collaborazione».

 

 

La Regione, inoltre, contesta anche l’articolo 6 della legge 60/2019 di conversione del “Decreto Calabria”, relativo agli acquisti di beni e servizi, demandati a organi non regionali, perché - si riporta nel ricorso alla Corte Costituzionale - questa norma «sostanzialmente abroga l’articolo 1 comma 1 della legge regionale 26/2007 (che istituisce la Stazione unica appaltante regionale), emanata dalla Regione in esercizio della propria competenza legislativa concorrente» e viola «il principio di leale collaborazione nella parte in cui, senza previa intesa in sede di Conferenza Stato Regioni, provvede in materia di gestione delle risorse ex articolo 20 legge 67/88, e destina risorse senza idonea copertura». A parere della Regione, inoltre, alcuni articoli della legge sulla sanità calabrese violano anche l’articolo 81 della Costituzione sul principio dell’equilibrio tra entrate e spese, «garantendo una copertura incerta al decreto», e violano gli articoli 97 e 119 della Costituzione «nella parte in cui sottraggono alla disponibilità della Regione i fondi di cui al decreto legge 135/18». Di conseguenza – evidenzia la Giunta regionale nel ricorso alla Consulta – il “Decreto Calabria” sulla sanità «anche per come convertito presenta profili di lesività in pregiudizio della sfera di attribuzioni legislative, finanziarie e amministrative della Regione Calabria, intervenendo in maniera significativa su materie di preminente interesse della Regione Calabria oggetto di potestà legislativa concorrente».

 

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