È diventato un piccolo giallo la rituale conferenza di fine anno della premier Giorgia Meloni. La stessa è stata già rinviata due volte per motivi di salute della presidente del Consiglio anche se qualche giornale fa notare maliziosamente che nel primo rinvio la premier ha comunque trovato il tempo di andare a vedere la recita di Natale della figlia. Così gira con sempre più insistenza la voce che più che uno stato influenzale, quello di cui soffre la Meloni è un capogiro. Uno sbandamento dovuto al difficile momento politico che vive il Governo.

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Tanti i nodi sul tappeto a partire dal famoso emendamento Costa che vuole impedire la pubblicazione, integrale o parziale, delle ordinanze di custodia cautelare. Un provvedimento che gli ha messo contro il sindacato dei giornalisti (la Fnsi ha annunciato che salterà la conferenza qualora dovesse finalmente tenersi) e un pezzo di magistratura. Altro tema caldo è quello della manovra, ma il problema principale riguarda la mancata ratifica del Mes (il meccanismo europeo di stabilità) che le ha provocato problemi non solo con l’Europa, ma soprattutto interni alla maggioranza.

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«Alla vera prima vera prova di leadership Tajani è fuggito a gambe levate», ha detto Calenda. Renzi sottoscrive: «Forza Italia ha fatto una figuraccia. Se ci fosse Silvio Berlusconi sarebbe il primo a restare senza parole».  Due dichiarazioni che la dicono lunga sull'aria che tira dalle parti di Forza Italia che ha dovuto ingoiare la mancata ratifica e soprattutto spiegarla agli alleati di Bruxelles, ovvero il Ppe, a cui Tajani aveva dato rassicurazioni in senso contrario.

Il problema per i forzisti non è di poco conto. Il partito si è trovato spiazzato dalla virata a destra della Meloni che sul Mes ha preferito seguire la linea sovranista di Salvini piuttosto che quella moderata di Tajani. Ora l’attuale leader delle truppe di Silvio si trova in una sorta di imbuto avendo puntato, per le Europee, tutte le sue fiches su una linea centrista atta a togliere terreno alla Lega. Solo che questo assioma è atteso alla prova dei fatti ovvero delle urne e la linea moderata rischia di sbiadirsi per tenere vivo il legame con la Meloni, l’unica che può garantire collegi più o meno sicuri. Così Forza Italia dovrà digerire anche il famoso accordo sui migranti con l’Albania nonostante le perplessità sia dell’Europa sia della stessa Farnesina guidata proprio da Tajani. In quest’ottica la concessione sul superbonus (ieri il Cdm ha annunciato una norma ad hoc una sorta di sanatoria per il 2023, per chi ha superato il 30% dei lavori), sembra poco più che un brodino.

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Per ora i boatos parlano di una certa insoddisfazione della base o almeno del gruppo parlamentare. È notizia di ieri, fra l’altro, che un big del partito come l’europarlamentare Aldo Patricello ha abbandonato Forza Italia. Una decisione sofferta ma inevitabile scrive «alla luce della direzione intrapresa dal partito in merito alla sua riorganizzazione dirigenziale». L’ex governatore del Molise nella sua nota dice che altri suoi amici sono pronti a seguirlo da Teramo a Reggio Calabria. Non sappiamo al momento chi siano. Intanto i rumors danno Patricello in avvicinamento alla Lega. Ipotesi su cui stanno meditando in tanti. Anche in Calabria. A Cosenza, ad esempio, si mormora da tempo di un clamoroso passaggio del consigliere regionale Katya Gentile dai forzisti al Carroccio. Passaggio clamoroso, se confermato, per quello che la famiglia Gentile, forzisti della prima ora, ha rappresentato per il partito in Calabria.

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Insomma Tajani si sta incamminando su un crinale pericoloso se si considera che in febbraio si dovrebbero celebrare i congressi e per la prima volta Forza Italia sarà contendibile e non più organizzata su diktat del Cavaliere.

In questo quadro un ruolo di primo piano dovrebbe averlo Roberto Occhiuto che al momento ricopre il ruolo di vice segretario in coabitazione con la Ronzulli e Schifani. Gli equilibri interni potrebbero cambiare dopo le Europee, ma Occhiuto deve confermare la leadership elettorale della Calabria. Servono voti. Serve confermare la Calabria come uno degli ultimi granai elettorali rimasti agli Azzurri.

Inevitabile quindi che il problema sia individuare il candidato giusto che trascini il partito e lo tiri fuori dall’irrilevanza politica. Il presidente della giunta regionale ha in più occasioni ribadito di non volersi candidare ma di voler terminare la legislatura regionale. Aveva cercato di convincere il suo assessore “forte” ovvero Gianluca Gallo a sacrificarsi, dall’alto delle 21mila preferenze che questi ha ottenuto alle ultime regionali. Lui però ha declinato l’invito sostenendo che preferisce completare il lavoro all’Agricoltura.

Da qualche tempo è saltata fuori la candidatura di Rosaria Succurro, sindaco di San Giovanni in Fiore, presidente della Provincia e presidente dell’Anci. La Succurro è una fedelissima degli Occhiuto da quando Mario, da sindaco, la nominò assessore a Palazzo dei Bruzi. Un sodalizio durato tutti i dieci anni di sindacatura dell’architetto.

L’attuale sindaco di San Giovanni in Fiore da un po’ di tempo ha preallertato i suoi per prepararsi a questa difficile sfida. Certo non ne muore dalla voglia perché il ruolo di europarlamentare è incompatibile sia con quello di sindaco di città superiori ai 15mila abitanti sia con quello di presidente di Provincia. In caso di elezione quindi decadrebbe anche dal ruolo di presidente Anci. Ma lei anche ieri si è detta disponibile in nome dell’obbedienza al partito. In fondo sa che le chance di elezione non sono altissime e che il suo sacrificio attuale le accenderebbe un credito nei confronti degli Occhiuto e del partito.