Sono 17 i franchi tiratori che hanno impallinato Berlusconi. Il leader di Iv fa lo gnorri e molti indizi portano al Movimento che ha sfoderato una tattica da Prima Repubblica aiutando Meloni a marginalizzare Forza Italia. L’azzurro Mario Occhiuto: «Partito a disagio per i veti sui ministri che proponiamo». Centrodestra già finito?
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Pronti, via e la maggioranza di centrodestra si è sbriciolata al Senato come un frollino nel latte caldo. Fratelli di Italia in realtà è riuscita nell'obiettivo di eleggere Ignazio La Russa presidente del Senato, ma solo grazie a 17 franchi tiratori.
Un po’ di calcoli
Il presidente del Senato, a differenza di quello della Camera per la cui elezione è necessaria la maggioranza qualificata, viene eletto con la maggioranza semplice. La soglia di sbarramento, dopo la riduzione del numero di parlamentari, era a 104 voti. Sembrava quindi una passeggiata al buon La Russa raggiungere il quorum, visto che a Palazzo Madama il centrodestra può contare su 115 senatori. Qualcosa però è andato storto. In particolare all'appello mancano 16 dei 18 senatori di Forza Italia. Eccetto Berlusconi e la Casellati, infatti, gli altri Azzurri non hanno risposto alla chiama.
Questo significa che La Russa, che alla fine ha avuto 116 voti è stato votato da 17 franchi tiratori dell'opposizione.
Aperta la caccia ai franchi tiratori
Ma chi è stato a votare per La Russa? E soprattutto perché. Difficile dirlo con esattezza visto che il voto in Senato è a scrutinio segreto. Possiamo però fare delle ipotesi. Diciamo che subito il pensiero è andato al Terzo polo di Renzi e Calenda. L'ex premier però si è subito affrettato a chiamarsi fuori. «Non siamo stati noi, altrimenti lo avremmo rivendicato», ha detto sicuro ai cronisti. Non sappiamo se Renzi abbia detto il vero o meno, ma una cosa è certa. Il Terzo polo può contare su soli 9 senatori, quindi non sono stati loro, o almeno solo loro, visto che all'appello mancano altrettanti voti. Dagli indiziati va escluso anche il Pd, che ha scelto di votare scheda bianca e i numeri sembrano dargli ragione. A questo punto sul banco degli “imputati” resta il M5s che di senatori ne può contare ben 28. E sono stati proprio i grillini a dare un insperato supporto a La Russa, che non sarà certamente gratis.
Tattica parlamentare
Il M5s sembra aver appreso un po' di tattica politica. Appena intuite le difficoltà del centrodestra ci si è buttato a capofitto per farle esplodere. L'idea di Fi era quella di fare saltare la prima votazione per mandare un segnale alla Meloni. Ce lo conferma anche il neo-senatore forzista Mario Occhiuto: «Il gruppo ha deciso di astenersi non per qualche pregiudiziale verso La Russa, persona che ha il nostro pieno consenso come dimostra il voto di Berlusconi, ma per esprimere un certo disagio per alcuni veti che sono stati posti al nostro partito nel corso delle trattative sulla formazione del nuovo governo. Da qui a parlare di una crisi della maggioranza ce ne vuole. Gli italiani hanno scelto che il Paese debba essere governato dal centrodestra e quindi da quell'alleanza sarebbe innaturale prescindere».
Parole che sembrano confermare i retroscena di questa votazione. Le indiscrezioni dicono che Fi voleva "giocare" sui numeri al Senato per continuare poi con più forza la trattativa per il Governo. Il punto è certamente il veto al Ministero per Lucia Ronzulli, ma più in generale Berlusconi è scontento dei Dicasteri che gli verrebbero assegnati; residuali rispetto alla potenza di fuoco che sembra esser riservata alla Lega. È stato a questo punto che si sono inseriti i 5 stelle che, nel segreto dell'urna, hanno votato La Russa ottenendo un doppio capolavoro strategico: spuntare le armi a Forza Italia e fare esplodere le contraddizioni nel centrodestra
Fine di un’alleanza?
È presto per dire se il voto al Senato rappresenti il de profundis dell'alleanza. È vero che l'elezione di La Russa, per come è maturata, dimostra che la Meloni non ha strettamente bisogno dei voti forzisti, attenzione però: un conto è il voto nel segreto dell'urna, un altro è il voto palese politicamente circostanziato. Difficile pensare ad oggi che i 5 stelle facciano da stampella alla maggioranza. Oggi lo hanno fatto solo per i motivi tattici che abbiamo spiegato prima. C'è però un nodo politico evidente nel centrodestra ovvero la connotazione dell'alleanza che è politicamente diversa da quella in cui leader era Berlusconi. Questo era un centrodestra non solo certamente più moderato ma anche caratterizzato da una serie di contrappesi o condizionamenti extrapolitici. Il centrodestra targato Meloni è una compagine invece più caratterizzata politicamente, più identitaria se vogliamo come dimostrano anche alcune apprensioni che vengono da Bruxelles. Su tanti temi, quindi, la divergenza di idee è abbastanza palese e la Meloni come dimostrano queste sue prime mosse, ci pare stia cercando di marginalizzare i forzisti. Lo so desume da un atteggiamento che è rigido verso gli Azzurri e molto più morbido verso la Lega. Non è un caso. La Meloni sa che può ancora erodere consensi al Caroccio mentre ormai Forza Italia sembra un limone spremuto. Allora no alla Ronzulli ministro, no al ministero della Giustizia, solo deleghe minori come la transizione ecologica, turismo e via dicendo. Così il gruppo dirigente di Fratelli d'Italia sa di poter erodere i gruppi parlamentari forzisti e ridurre Berlusconi e i suoi all'irrilevanza politica.