Non c’è Pontida senza polemica. E non solo per l’ultima sortita militante che vorrebbe la cessione di Lampedusa all’Africa con trasferimento coatto dei lampedusani in Sicilia. Ma soprattutto perché, quando si tratta del Carroccio, la commistione di simboli, in particolare con quello regionale, puntualmente avviene senza alcuna connessione logica.

D’altra parte sarebbe facile domandarsi che ci azzecca il simbolo istituzionale della Regione Calabria in un raduno di partito. Siamo sicuri che se lo starà chiedendo anche il presidente Roberto Occhiuto, che era tornato a respirare a pieni polmoni un clima di distensione e compattezza all’interno della maggioranza che lo sostiene.

Le foto circolate in rete nelle ultime ore d’altra parte non possono essere equivocate. La Lega Calabria ha portato con sé, nel suo caratteristico stand costellato di peperoncini, prodotti tipici e finanche le frittole di maiale – neanche fosse una fiera campionaria – la bandiera e i simboli istituzionali della Regione.

Nella foto, propagandata con un entusiastico “vince il gruppo”, tra decine di maglie verdi Padania, risaltano diverse bandiere, inconfondibili, su cui campeggia la scritta Calabria. E poi, in formato bandiera, i quattro simboli che rappresentano la nostra Regione: il pino laricio, il capitello dorico, la croce bizantina e la croce potenziata.

Difficile scorgere altre delegazioni regionali, soprattutto del Sud, che hanno portato a Pontida i loghi istituzionali di provenienza. Ci sono i 4 mori sardi, e il Leone di San Marco. Due simboli quasi iconici. Ma non sembra che agli altri gruppi regionali leghisti sia saltato in mente di mischiare il simbolo istituzionale della Regione con quello del partito. Anche perché a ben vedere, nelle foto, tra pecorini, sott’oli e maccheroni, non sventola mai una bandiera con la scritta Lega Calabria, che magari ci sarà pur stata a Pontida, ma che comunque non si vede mai.

Un vizietto, quello leghista, di associare il simbolo del partito al logo istituzionale della Regione che fa tornare alla memoria la polemica che infuriò nell’aprile del 2020, quando Nino Spirlì, all’epoca sulla cresta dell’onda leghista calabrese, inaugurò una campagna promozionale regionale di prodotti tipici locali proprio abbinandoci il simbolo della Lega.

Certo all’epoca la polemica fu alimentata dal dubbio, sorto tra i più, che quella campagna fosse pagata coi soldi dei calabresi. Oggi, forse, è più una questione di opportunità e se vogliamo di garbo istituzionale.