In qualunque modo la si pensi, bisogna ammettere che Salvini ha segnato un punto pesante. La decisione di non autorizzare l’approdo in un porto italiano della nave Ong con 629 migranti a bordo, gli ha consentito di incrementare enormemente il suo consenso, a tutto discapito dei grillini che sono quasi rimasti a guardare, nonostante la decisione di rifiutare l’autorizzazione sia stata assunta congiuntamente con il ministro cinquestelle ai Trasporti, Danilo Toninelli, l’unico che, in mancanza di particolari motivi di ordine pubblico, poteva negare l’attracco.

 

Eppure Salvini è sembrato solo in questo braccio di ferro con l’Europa e con l’Onu, che pure aveva cercato di sollecitare il via libera italiano. Se non sapessimo che il presidente del Consiglio è un professore di nome Giuseppe Conte, marcato stretto dall’ex Gf Rocco Casalino, il primo ministro italiano sembrerebbe essere proprio lui, il Matteo di destra.

 

Un brutto risveglio per il ministro del lavoro Luigi Di Maio, che avrebbe potuto giocare un ruolo di primo piano venendo in Calabria quando è stato ucciso un sindacalista nero dei braccianti neri della Piana, schiavizzati e costretti a vivere in condizioni probabilmente pure peggiori di quelle che hanno lasciato nei loro paesi d’origine. Venendo qui giù, Giggino avrebbe potuto confrontarsi con un problema vero e non semplicemente teorizzato nelle slide della Casaleggio Associati.

 

Magari avrebbe potuto spiegare ai calabresi e all’Italia che questo schifo non è più ammissibile e che il campo profughi di San Ferdinando - perché questo è - va raso al suolo, che la solidarietà e lo schiavismo sono concetti inconciliabili. Avrebbe potuto fare da contrappeso alle pulsioni xenofobe che ormai animano anche il suo elettorato, magari convincendoci che un contratto di governo siglato da due forze politiche quasi agli antipodi poteva essere davvero una buona idea perché capace di arginare gli estremismi da una parte e dall’altra.

 

Invece, il leader cinquestelle è rimasto a Roma, lasciando che fosse il presidente della Camera, Roberto Fico, a mostrare la faccia dello Stato in quell’inferno di sudore e sangue, senza che dalla sua bocca, a causa del ruolo super partes che riveste, uscisse una sola parola per descrivere un futuro diverso. Inutile, dunque, lamentarsi, come pare stia facendo in queste ore, che Salvini li sta fagocitando. Nella bocca del lupo ci ha messo tutta la testa. Che sia aspettava? Una leccatina di incoraggiamento?

 

Salvini invece ha morso e non ha mollato la presa sino a quando la Spagna non ha deciso di mostrare più “umanità” degli italiani, autorizzando l’Aquarius a raggiungere il porto di Valencia con il suo carico di disperazione. Quella stessa Spagna che è l’unico paese europeo che confina via terra (già proprio così, “via terra”) con un paese africano, grazie alle due città autonome di Ceuta e Melilla, enclave spagnole in Marocco, circondate da una barriera inespugnabile fatta di pareti altissime, fossati, filo spinato e vigilanza armata. Una sorta di muro messicano alla Trump, solo che qui esiste già e secondo le associazioni umanitarie è teatro di continue violazioni dei diritti umani, come nel 2005 quando decine di migranti furono ammazzati a fucilate mentre cercavano di scavalcare.

 

Quindi andiamoci piano a gonfiare il petto, cari cugini spagnoli, che ne abbiamo salvati e accolti più noi negli ultimi 30 anni che tutto il resto dell’Europa messa insieme, a cominciare da quando la frontiera più esposta era la costa adriatica, con decine di migliaia di albanesi che si riversarono in Italia dopo la caduta del regime comunista nel 1991. Non ci siamo mai tirati indietro e continuiamo a rappresentare un esempio di accoglienza e solidarietà.

 

Ma il sonno della ragione genera mostri. E il sonno dell’Europa sta originando da troppo tempo intolleranza e razzismo. Basta leggere i commenti vomitevoli che spesso si affollano sotto le notizie che riguardano i fatti degli ultimi giorni, come la morte di Sacko Soumaila. La questione sta virando pericolosamente verso un rifiuto etnico che non possiamo consentire se non vogliamo rischiare di rivivere le atrocità del secolo scorso. Quindi ben venga anche la voce grossa infarcita di pregiudizi di un leghista, se serve a far capire che la misura è colma e che da soli non siamo più disposti a sopportare il peso di un problema che è di tutti, non solo il nostro.

Enrico De Girolamo